I temi di NT+Modulo 24

Iva, la rivalsa post accertamento non è retroattiva

L’ordinanza 8372/2023 della Cassazione: stop all’applicazione per l’accertamento divenuto definitivo prima della entrata in vigore della modifica normativa del 2012

di Matteo Dellapina

Nel ritenere l’irretroattività del comma 7, articolo 60, Dpr 633/1972 – come modificato dall’articolo 93, Dl 1/2012 –in quanto norma non avente carattere procedimentale, l’ordinanza 8372/2023 della Cassazione ne ha sancito l’inapplicabilità all’accertamento divenuto definitivo prima della entrata in vigore della modifica normativa, anche nel caso in cui il contribuente abbia versato delle somme a titolo di Iva in adempimento dell’accordo di adesione.

Il caso esaminato

La vicenda prende avvio da una verifica fiscale, effettuata dall’agenzia delle Entrate nei confronti di una società, da cui scaturiva un avviso di accertamento con il quale veniva contestato l’omesso versamento dell’Iva per acquisti in esenzione di imposta in assenza dei requisiti di esportatore abituale.

A seguito della definizione positiva dell’accertamento con adesione, la contribuente versava il dovuto all’erario. Dopo il pagamento, la società presentava istanza di rimborso Iva ritenendo di avere diritto, in base al principio di neutralità, alla restituzione dell’Iva versata sugli acquisti, a seguito dell’atto di adesione, in alternativa alla detrazione, nella specie, non avvenuta. Ma l’Ufficio negava il rimborso vista l’inderogabilità del meccanismo di detrazione, previsto dall’articolo 19, comma 1, Dpr 633/1972 e per impossibilità di computare in detrazione l’imposta corrisposta in occasione della definizione positiva dell’accertamento con adesione.

Avverso tale diniego di rimborso, la contribuente proponeva ricorso dinnanzi alla Ctp che lo rigettava in quanto l’errore della contribuente non era emendabile siccome era intervenuto un accertamento con adesione che bloccava la possibilità di ridiscutere le poste in oggetto dell’accertamento medesimo. Anche la Ctr, adita dalla società, rigettava l’appello, confermando la decisione di prime cure.

Nel dettaglio, il giudice di secondo grado ha osservato che:

1. La circolare 35/E/2013 dell’agenzia delle Entrate ha analizzato l’articolo 60, 7°comma, Dpr 633/1972, nella versione post novella di cui all’articolo 93 del Dl 1/2012 (in base al quale il cessionario o committente può esercitare il diritto alla detrazione al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa), ritenendo che tale novità si applicasse agli accertamenti divenuti definitivi dopo la sua entrata in vigore (24 gennaio 2012), atteso che, trattandosi di materia non procedimentale, la disposizione, in assenza di una diversa previsione normativa, non aveva valenza retroattiva, trovando il limite dei cosiddetti rapporti esauriti;

2. in particolare, l’articolo 60 (modificato dall’articolo 93 del Dl 1/2012) non era applicabile al caso in esame, siccome il rapporto risultava definito nel marzo 2008 in seguito al versamento spontaneo del dovuto da parte della contribuente mentre il diritto alla detrazione Iva non era stato esercitato con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto era sorto.

Il ricorso in Cassazione

La società ricorreva così in Cassazione, sulla scorta di quattro motivi. I giudici di legittimità, vagliato il ricorso, lo rigettavano e sancivano il seguente principio di diritto: «L’articolo 60, comma 7, del Dpr 633/1972 come novellato dall’articolo 93 del Dl 1 del 24 gennaio 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 del 24 marzo 2012, ha una portata non retroattiva trattandosi di disposizione che non rivestendo carattere procedimentale incontra, a tutela delle superiori esigenze di certezza del diritto, il limite dei rapporti esauriti».

Il profondo restyling del comma 7, articolo 60, Dpr 633/1972 è merito dell’articolo 93 del Dl 1/2012, norma resasi necessaria in seguito alla chiusura della procedura d’infrazione 2011/4081 avviata contro l’Italia dalla Commissione europea a causa della preclusione prevista dal precedente comma 7, ritenuta non conforme ai principi comunitari di neutralità e proporzionalità dell’imposta sul valore aggiunto. Infatti, prima della modifica normativa, era precluso al cedente/prestatore il diritto di rivalersi, nei confronti dei cessionari di beni o committenti di servizi, dell’imposta o maggiore imposta pagata in conseguenza d’accertamento o rettifica. Il divieto era stato giustificato, oltre che da intenti sanzionatori, da valutazioni pratiche in ordine all’inopportunità di una riapertura dei rapporti contrattuali allo scopo di recuperare, a posteriori, l’imposta non addebitata al momento di effettuazione dell’operazione.

L’esercizio della rivalsa

Grazie alla nuova disposizione in vigore dagli inizi del 2012, il contribuente potrà esercitare la rivalsa dopo aver effettivamente pagato all’erario l’imposta accertata, le sanzioni e gli interessi. È inoltre previsto che l’esercizio della detrazione da parte del cessionario o committente risulti subordinato, in deroga ai principi ordinari, all’avvenuto pagamento dell’imposta addebitatagli in via di rivalsa dal cedente o prestatore. In tal modo è scongiurato l’ingiusto arricchimento che il cessionario o committente conseguirebbe se detraesse l’imposta senza provvedere al suo effettivo pagamento.

Leggi la versione integrale di questo articolo sul Modulo24 Iva del Gruppo 24 Ore.

Leggi gli altri articoli degli autori del Comitato scientifico e scopri i dettagli di Modulo24