Via libera definitivo all’intesa Italia-Svizzera sulle tasse dei frontalieri
Il voto unanime dell’assemblea di Palazzo Madama - 120 a favore, nessun contrario - ha chiuso la lunga parabola del Ddl 108-376-B
Il voto unanime dell’assemblea di Palazzo Madama - 120 a favore, nessun contrario - ha chiuso la lunga parabola del Ddl 108-376-B di «Ratifica degli accordi tra Italia e Svizzera su lavoratori frontalieri e doppie imposizioni». Da un punto di vista generale il recepimento sblocca l’uscita della Svizzera dall’ultima - e da tempo un po’ ingenerosa - black list “persone fisiche” (Dm 4 maggio 1999), in base alla quale gli “expat” italiani a Lugano, Ginevra e dintorni vengono ancor oggi considerati evasori fiscali fino a prova contraria (da fornire).
Ma l’impatto dell’Accordo sarà invece molto più evidente per i lavoratori frontalieri - non solo i 73mila italiani in Svizzera, anche i 1.900 svizzeri in Italia, in base al nuovo principio di reciprocità - e per la gestione dei fondi a cavallo del confine. Premesso che poco o nulla cambia per chi a oggi è già frontaliero, e continuerà a valersi della (migliore) tassazione svizzera e della franchigia zero-tax dei primi 7.500 euro - la nuova ripartizione tributaria riguarderà i subentranti lavoratori di confine. Questi a partire dal 2024, e sempre che risiedano nella fascia dei 20 chilometri di confine prevista dagli accordi del 1974, si vedranno applicare le imposte svizzere entro il limite dell’80% di quanto là dovuto, il resto delle imposte sui redditi le pagheranno in Italia al netto di quanto già versato (divieto di doppie imposizioni). Per i nuovi frontalieri si amplia la franchigia zero-tax a 10mila euro, con la deducibilità dal reddito complessivo dei contributi previdenziali per i prepensionamenti di categoria dei frontalieri, e l’esenzione degli assegni familiari erogati dagli enti di previdenza svizzeri.
Per i frontalieri che risiederanno fuori dalla fascia di 20 chilometri di confine - e quindi fuori dalla lista dei comuni “agevolati” negli accordi del 1974 - sarà invece applicabile il regime generale di tassazione italiano, con la franchigia a 7.500 euro oltre al credito d’imposta. Tra gli effetti migliorativi del negoziato, anche il calcolo della Naspi nei primi tre mesi secondo standard svizzeri (il 70% dell’ultimo stipendio). Quanto allo smart working dei frontalieri - altro aspetto regolatorio atteso da Berna - il regime transitorio (che peraltro scadrà a fine giugno) prevede che a fini fiscali si considerino effettuati in Svizzera i giorni di lavoro svolti a casa, fino a un massimo però del 40% del tempo previsto dal contratto.
L’impatto sulla fiscalità generale prevede a regime (cioè a piena sostituzione dei vecchi frontalieri con i nuovi, nel 2045) un maggior gettito di 323,7 milioni di euro parte dei quali - fino a 221 milioni - confluirà nel «Fondo per lo sviluppo economico, il potenziamento delle infrastrutture e il sostegno dei salari nelle zone di confine italo-elvetiche». Del tutto inedita quest’ultima parte relativa al livellamento salariale verso l’alto, tesa a evitare la desertificazione di aziende e terziario da questa parte del confine.
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