Controlli e liti

Liti fiscali, per facilitare il nuovo corso arretrato in cassazione al taglio di un terzo

Entro il 15 aprile sarà depositato il disegno di legge per la riforma della giustizia tributaria

Il nuovo processo fiscale, con il giudice per concorso, rimane in gestione al ministero dell’Economia e non passa - come volevano i professionisti - a Palazzo Chigi, com’è per la giustizia amministrativa. Un ulteriore tassello della riforma della giustizia fiscale si delinea.Ma la partita principale si apre adesso. Ci sono due priorità per la task force nominata per scrivere la riforma: l’attuazione di un periodo transitorio, che possa traghettare la fase di merito dall’attuale giudice onorario part-time a uno professionale e a tempo pieno; l’istituzione di una definizione agevolata credibile per smaltire le pendenze della Cassazione: si vuole tagliare di un terzo l’arretrato di 47.364 cause, per favorire la riduzione dei tempi di durata del processo del 40% in tre anni.

La task force ha i giorni contati: entro il 15 aprile dovrebbe depositare una bozza del Ddl da portare prima in Consiglio dei ministri e poi in Parlamento.

Allo stato il contenzioso tributario può contare su 2.700 giudici onorari che svolgono la funzione in modo non esclusivo. Di questi, circa 1.400 sono magistrati togati che prestano servizio principale in altre giurisdizioni, il resto sono professionisti, che mantengono anche un’attività privata, e pensionati. Numeri destinati a scendere, stando almeno alla relazione della prima Commissione di riforma, quella presieduta dal professor Giacinto della Cananea. Secondo le stime con un giudice a impegno esclusivo l’esigenza di organico si fermerebbe a 500-600 unità. Un obiettivo che, tuttavia, si potrebbe raggiungere solo nel lungo periodo, considerati i tempi tecnici e i costi per la formazione di una nuova classe di magistrati. Per questo la task force ministeriale sta valutando attentamente come definire la fase transitoria.

Il passaggio dal vecchio al nuovo dovrebbe essere assicurato dagli stessi 2.700 giudici onorari oggi in servizio. Dovrebbe essere escluso, infatti, che i 1.400 giudici professionali siano chiamati da subito a prendere una decisione, se passare definitivamente nella giurisdizione tributaria, abbandonando quella di provenienza. Il rischio, infatti, sarebbe un diffuso forfait, visto che difficilmente un pubblico ministero lascerebbe una Procura o un giudice un Tar o una sezione di Cassazione. Il risultato sarebbe un calo del numero delle definizioni. E questo sarebbe un problema per la fase di transizione.

Ad oggi il contenzioso di Ctp e Ctr vanta performance di smaltimento che non trovano eguali nelle altre giurisdizioni, anche se non pochi ritengono che celerità non equivalga a qualità dei giudicati. Secondo i dati 2021 del Mef, su 120.511 liti pervenute sono state definite 193.293, ciò vuol dire che gli attuali giudici onorari tributari sono riusciti a decidere anche 72.782 procedimenti arretrati.

Ma la partita fondamentale riguarda la Cassazione. La Corte è da tempo intasata. Stando ai recenti calcoli ci sono 47.364 arretrati sulle complessive 111.241 pendenze di tutto il Civile. Certo va dato atto ai consiglieri della sezione tributaria di aver dato un forte impulso allo smaltimento. Basti considerare che nel 2021 sono state definite 15.500 cause (del valore di 9,3 miliardi di euro) rispetto alle 9.141 del 2020 e alle 11.461 del 2019. Eppure, la coperta è comunque corta. Per questo la task force ministeriale sta mettendo a punto un nuovo piano di definizione agevolata, profondamente diverso dal precedente previsto dal Dl 119/2018. Si valuta di farne uno tutto dedicato alla Cassazione, con una proposta che riguarderà le cause sotto una determinata soglia di valore. In questo caso l’obiettivo è di tagliare di un terzo l’arretrato con la conseguente contrazione dei tempi del 40% in tre anni. Un modo, dunque, per dare attuazione ai principi contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, che indica il giudizio fiscale come un «settore cruciale per l’impatto che può avere sulla fiducia degli operatori economici, anche nella prospettiva degli investimenti esteri».

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