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Terzo settore, il riconoscimento pubblico può assicurare l’esenzione Iva

Anche le Onlus che operano nel socio sanitario diventeranno Ets. Lo stato soggettivo non garantirà più il regime Iva di favore

di Massimo Piscetta e Gabriele Sepio

Attività di assistenza domiciliare e ambulatoriale a favore di soggetti svantaggiati: come cambia il regime Iva con la piena operatività della riforma del Terzo settore? Il contesto dell’assistenza sociale e socio sanitaria impegna attualmente piu di 46mila enti che assumono varia forma giuridica. Si va dalle cooperative sociali alle fondazioni con qualifica di Onlus che, in questa fase pandemica, hanno fatto fronte all’enorme aumento della domanda di prestazioni socio-assistenziali. Dal punto di vista Iva, ad oggi, tali attività scontano il regime di esenzione previsto dall’articolo 10, comma 1, n. 27 ter del Dpr 633/1972 se rese da enti di diritto pubblico, altri organismi riconosciuti dallo Stato aventi carattere sociale ed Onlus. I beneficiari in tal caso dovranno inquadrarsi nella categoria dei soggetti svantaggiati. Rientrano, quindi, in questo ambito, per espressa indicazione legislativa, anziani ed inabili adulti, tossicodipendenti e malati di Aids, handicappati psicofisici, minori anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo, persone detenute, donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo. Tuttavia, con la riforma il quadro Iva è destinato a cambiare, specie per le Onlus che dovranno fare i conti con i nuovi requisiti previsti per accedere all’esenzione. Come anticipato su queste pagine («Il Sole 24 Ore» del 20 maggio) il riferimento alle Onlus sarà sostituito con quello di «Enti del Terzo settore (Ets) non commerciali». Pertanto, gli enti socio assistenziali, per poter dare continuità al regime di esenzione Iva, dovranno verificare se si inquadrano o meno in tale categoria. Pensiamo, ad esempio, a una fondazione Onlus che svolge attività di assistenza domiciliare o ambulatoriale in favore di tossicodipendenti e che decida di entrare nel nuovo registro del Terzo settore (Runts) iscrivendosi come impresa sociale. In questo caso, in mancanza della qualifica di Ets non commerciale, l’ente dovrà valutare la sussistenza di altri requisiti soggettivi indicati all’articolo 10, scattando diversamente il regime Iva ordinario (con un’aliquota del 22%). La Fondazione potrà qualificarsi come «organismo di diritto pubblico», istituzione sanitaria riconosciuta oppure altro ente avente carattere di assistenza sociale. Requisito quest’ultimo che, in particolare, potrebbe fornire una valida soluzione per gli enti di assistenza tenendo conto che, stando a quanto precisato dalla Cassazione (ordinanza 12491/2019), rientra in tale definizione qualsiasi ente (anche di natura privata) a prescindere da un riconoscimento formale da parte dell’organo pubblico, purché svolga un’attività socialmente rilevante. Una categoria, peraltro, molto ampia se si pensa a quanto ribadito dalla Corte di Giustizia (sentenza 26 maggio 2005, causa C-498/03), secondo cui rientrerebbero nella categoria degli «enti aventi carattere di assistenza sociale» anche quelli che perseguono finalità di lucro. In quest’ottica, dunque, l’ampia definizione fornita dalla giurisprudenza consentirebbe anche alle imprese sociali, oltre che agli enti commerciali, di continuare a beneficiare del regime di esenzione Iva pur perdendo la qualifica di Onlus.

In prospettiva, quindi, ai fini del mantenimento del regime di esenzione potrebbe essere opportuno, per gli enti che svolgono assistenza domiciliare o ambulatoriale, indicare espressamente nel proprio statuto lo svolgimento delle attività di interesse generale che rientrano in questo specifico ambito. Si tratta di quelle indicate all’articolo 5, lettere a) e c) del Cts o in caso di un’impresa sociale quanto previsto dall’articolo 2, lettere a) e c) del Dlgs 112/2017.

LA DISCIPLINA IVA ATTUALE E ALLA LUCE DELLA RIFORMA

Scheda / I requisiti per l'esenzione

Sono tre, di carattere oggettivo e soggettivo. Il primo riguarda il tipo di prestazioni ammesse all'agevolazione. Queste devono essere: (1) connesse all'assistenza resa in comunità e simili; (2) fornite in favore di anziani ed inabili adulti, tossicodipendenti e malati di Aids, handicappati psicofisici, minori anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo, persone detenute, donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo. Sempre sotto il profilo oggettivo, l'esenzione trova applicazione per le prestazioni rientranti nell'alveo di quelle socio-sanitarie/assistenziali ed erogate in regime di assistenza domiciliare e ambulatoriale. Quanto al profilo soggettivo, l'esenzione si applica, al ricorrere di queste condizioni solo quando ad erogarle siano enti di diritto pubblico o altri organismi riconosciuti dallo Stato come aventi carattere sociale, ossia organismi di diritto pubblico, istituzioni sanitarie riconosciute che erogano assistenza pubblica di cui all'articolo 41 della legge 833/1978, enti aventi finalità di assistenza sociale e Onlus.