Controlli e liti

Società agricole fuori dal regime delle comodo

L’ordinanza 7756/2023 della Cassazione: esclusione dal 2012 ma senza efficacia retroattiva

Le società agricole non sono mai di comodo. Tale esclusione si applica a decorrere dal 2012 e non ha efficacia retroattiva. Lo ha deciso l’ordinanza 7756/2023 della Cassazione.

La vicenda

Tema oggetto della controversia era l’assoggettabilità o meno di una società a responsabilità esercente l’attività di produzione di energia solare alla disciplina dele società di comodo. L’annualità oggetto di contestazione era il 2011. In base all’articolo 30 della legge 724/1994, si definiscono «di comodo» le società che non superano il test di operatività, ovvero quelle società i cui ricavi «figurativi» sono superiori rispetto ai ricavi effettivi. I ricavi figurativi sono determinati applicando specifici coefficienti ad alcune poste dell’attivo, ovvero il 2% al valore delle partecipazioni e titoli e relativi crediti, il 6% al valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e il 15% al valore delle altre immobilizzazioni.

Le società possono evitare di essere assoggettate a questa disciplina se ricorrono specifiche cause di esclusione o disapplicazione oppure presentando una apposita istanza di interpello motivando le ragioni oggettive che hanno impedito il conseguimento di adeguati ricavi. Con specifico riferimento alle società che esercitano attività agricole, il provvedimento delle Entrate dell’11 giugno 2012 ha previsto l’automatica disapplicazione della disciplina condizionata, tuttavia, all’esercizio esclusivo dell’attività agricola e alla sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 2 del Dlgs 99/2004, vale a dire oggetto sociale che preveda in via esclusiva l’esercizio di tale attività e indicazione di «società agricola» nella ragione o denominazione sociale.

La disapplicazione

La Commissione tributaria regionale della Calabria (oggi Corte di giustizia tributaria di secondo grado) aveva ritenuto la società agricola non assoggettabile al test di operatività in virtù della causa di disapplicazione prevista dal provvedimento del 2012. L’agenzia delle Entrate, tuttavia, riteneva non vi fosse alcun motivo di estendere l’ipotesi di esclusione agli anni antecedenti al 2012 e quindi anche all’anno 2011 oggetto di contestazione. L’ufficio giustificava la sua tesi richiamando il paragrafo 5 dell’articolo unico del provvedimento delle Entrate il quale prevedeva espressamente la decorrenza delle nuove situazioni oggettive di esclusione a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di adozione del provvedimento stesso.

Pertanto, ai fini della esclusione dalla disciplina per l’anno 2011 non poteva essere fatta valere la causa di esclusione automatica ma avrebbero dovuto essere verificate le oggettive condizione mediante istanza di interpello.

Sulla base di queste motivazioni, la Suprema corte ha cassato con rinvio la sentenza alla Corte di giustizia di secondo grado della Calabria affinché, in diversa composizione, si adegui al principio di diritto secondo cui la causa di esclusione non ha efficacia retroattiva.

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