Controlli e liti

Senza il glifo non è provata l’emissione dell’atto

Per la Ctp Napoli 3546 è l’ufficio a dover dimostrare l’avvenuta emissione entro fine 2020 attraverso il contrassegno elettronico

di Rosanna Acierno

Per gli atti impositivi in scadenza al 31 dicembre 2020 e notificati entro il 28 febbraio 2022 in forza della proroga concessa dalla normativa emergenziale, è l’ufficio delle Entrate a dover dimostrare, a pena di nullità, che la relativa emissione sia avvenuta entro fine 2020.
Sono queste le principali conclusioni cui è giunta la sezione n. 6 della Ctp di Napoli, con la sentenza n. 3546 depositata il 2 marzo 2022 (presidente Soviero, relatore Pugliese).
La pronuncia trae origine dalla impugnazione da parte di un contribuente di un avviso di accertamento ai fini Irpef, Irap e Iva relativo all’anno di imposta 2015 e, dunque, in scadenza al 31 dicembre 2020 ma notificato dall’ufficio delle Entrate via pec in data 18 maggio 2021, in base a quanto stabilito dall’articolo 157 del Dl n. 34/2020 (decreto Rilancio).
In particolare, in sede di ricorso introduttivo, il contribuente, oltre a eccepire nel merito l’illegittimità dell’atto, sollevava in via pregiudiziale l’eccezione di violazione dell’articolo 157 in quanto nell’atto di accertamento impugnato non era stata riportata né la data di emissione, né tantomeno era stato indicato alcun contrassegno elettronico (il cosiddetto glifo, costituito essenzialmente da un QR-Code) che consentisse di verificare direttamente tramite collegamento alla rete internet la conformità della copia analogica all’originale digitale conservato presso gli archivi informatici dell’agenzia delle Entrate.
Si ricorda, infatti, che in base alla citata norma, tutti i termini decadenziali di notifica relativi a qualsiasi atto avente valore accertativo in scadenza dall’8 marzo 2020 al 31 dicembre 2020 sono stati prorogati al 28 febbraio 2022 sempreché la relativa emissione (e, quindi, la sottoscrizione dell’atto ad opera del funzionario competente) fosse avvenuta entro il 31 dicembre 2020, pena la nullità dell'atto stesso.
Costituitosi in giudizio, l’ufficio, lungi dal produrre l’originale dell’atto impositivo in formato digitale, si limitava ad asserire che dalla pec trasmessa e dai file allegati il ricorrente poteva acquisire le informazioni sulla protocollazione dell’atto impositivo notificato e, conseguentemente, il rispetto del termine di emissione dell’atto come previsto dal decreto Rilancio.
Tuttavia, nel ritenere insufficienti le giustificazioni addotte dall’ufficio e nell’accogliere, dunque, il ricorso del contribuente, i giudici napoletani hanno innanzitutto ricordato come, secondo quanto precisato anche dalla stessa Agenzia con la circolare n. 25/E del 2020, il pieno rispetto del termine di emissione degli atti in scadenza a fine 2020 può essere provato attraverso il glifo.
Pertanto, ai fini della prova circa il rispetto del termine decadenziale di emissione, l’ufficio avrebbe dovuto produrre l’originale dell’atto impositivo in formato digitale, riportante il glifo, firmato dal responsabile o da un suo delegato e registrato in uscita nel sistema gestionale delle Entrate.Invero, non avendo l’ufficio prodotto, nel caso di specie, l’originale, l’atto è nullo, essendo peraltro i documenti allegati alla pec privi dell’attestazione di conformità e come tali inidonei ad attestare il rispetto del termine di emissione.

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