Imposte

Partite Iva in fuga dall’Irpef sulla spinta dell’assegno per i figli

La fine delle detrazioni per i figli dà vantaggio al forfait sopra i 15mila euro

di Giovanni Esposito

L ’assegno unico per i figli e la fine delle detrazioni porteranno sempre più partite Iva a entrare nel regime forfettario. Si può stimare che la fuga nel regime sostitutivo interesserà almeno 300mila partite Iva.

Vediamo di ricostruire il quadro. Per gli esercenti attività d'impresa, arti o professioni, che possiedono alcuni requisiti dimensionali, tra cui ricavi o compensi non superiori a 65mila euro, è previsto un regime agevolato opzionale: infatti sulla determinazione forfettaria del reddito imponibile, al netto dei contributi previdenziali obbligatori, si applica un'unica imposta, nella misura del 15% (5% nei primi cinque anni di attività), sostitutiva di quelle ordinariamente previste (imposte sui redditi, addizionali regionale e comunale, Irap).

Essendo l'incidenza inferiore alla prima aliquota Irpef (23%), appare evidente che molti contribuenti (sulla base dell'analisi statistica delle dichiarazioni fiscali diffuse dall'agenzia delle Entrate è ragionevole stimarli in 900mila), pur avendone i requisiti, permangono nell'alveo della progressività in virtù delle deduzioni e detrazione che abbattono l'imposta effettiva, precluse ai forfettari. Dopo la trasformazione del super/iper ammortamento (nel 2019 ne avevano usufruito 552mila soggetti) in credito d'imposta e la possibilità di monetizzare le detrazioni edilizie ed energetiche con lo sconto in fattura (ovvero cessione del credito) tale scenario è destinato ulteriormente a mutarsi con la scomparsa delle detrazioni Irpef per figli a carico soppiantate dall'assegno unico erogato direttamente dall'Inps.

Considerando l'incidenza statistica delle detrazioni per oneri della sezione I del quadro RP (spese mediche, interessi sui mutui eccetera), la presenza di figli a carico rendeva sempre favorevole la tassazione ordinaria fino a 15mila euro, con frequenti ipotesi di imposte pari a zero. Nel range 15-20mila euro l'Irpef equivaleva (12-16%) alla sostituiva nella sola eventualità di un figlio a carico, per poi prevalere in termini di convenienza in tutti gli altri casi. Tra i 20 e i 30mila euro la tassazione ordinaria comportava un aggravio d'imposta con un solo figlio a carico (con o senza coniuge), risultava indifferente con due figli a carico e nuovamente vantaggiosa con coniuge e tre figli a carico. Oltre i 30mila euro di imponibile, l'aliquota marginale al 38% neutralizzava ogni beneficio Irpef anche delle famiglie più numerose.

In altri termini, con carichi di famiglia la permanenza nel regime agevolato sarebbe risultata in ogni caso inopportuna fino a 20mila euro di ricavi l'anno, per poi essere oggetto di ponderate valutazioni al crescere del reddito in funzione del numero dei familiari a carico e delle altre detrazioni.

Con l'avvento dell'assegno unico è l'Irpef a divenire residuale in termini di opportunità: l'incidenza delle imposte ordinarie è inferiore al 15% solo con coniuge a carico ed entro i 15mila euro. Diversamente risulta svantaggiosa in tutti gli altri casi (l'aggravio oscilla tra i 500 e i 2.600 euro), portando con sé l'effetto collaterale di tanti contribuenti che perdono l'esenzione dalle addizionali locali per effetto di un'imposta netta Irpef non più pari a zero.

Dalla lettura della «composizione familiari a carico in via esclusiva» (analisi statistiche, dipartimento delle Finanze) emerge che dal 2022 almeno 300mila lavoratori autonomi o imprenditori troveranno convenienza ad abbandonare la progressività, cui soggiacerebbero talmente pochi titolati di partita Iva (i percettori di redditi da locazione e capitale sono già migrati nelle imposte sostitutive) che il politicamente corretto lessicale imporrebbe di mutare l'acronimo in IRDIPE (Imposta sul Reddito dei DIpendenti e PEnsionati).

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