Controlli e liti

È possibile ricorrere contro il no all’autotutela ma per interesse generale

L’ordinanza 7318 della Cassazione ricorda che l’annullamento di un atto è un’azione discrezionale da parte dell’ufficio

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

È inammissibile il ricorso contro il diniego di autotutela se non spiega gli interessi di carattere generale che avrebbero dovuto condurre all’annullamento di un provvedimento. Non è sufficiente infatti la sussistenza di pregiudizi individuali del contribuente, poiché il potere di autotutela è discrezionale dell’amministrazione e possibile solo in presenza di un interesse di rilevanza generale. A confermare questo rigoroso orientamento è la Cassazione con l’ordinanza 7318/2022 depositata il 7 marzo.

La richiesta

Una società chiedeva, in autotutela, l’applicazione della sanzione più mite (pari al 10%) in conseguenza della modifica normativa in materia di indicazione di costi black list. L’ufficio opponeva diniego rilevando che la pretesa impositiva era divenuto definitiva per mancata impugnazione. Tale rigetto veniva così impugnato eccependo l’illegittimità delle sanzioni irrogate in conseguenza della modifica normativa da applicarsi retroattivamente. Entrambi i giudici di merito rigettavano il ricorso perché riferito ad atto definitivo. La società ricorreva così in Cassazione lamentando un’errata applicazione della norma sull’autotutela.

L’elenco degli atti

I giudici di legittimità, confermando la decisione di merito, hanno innanzitutto ricordato che l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nel decreto sul processo tributario (articolo 19 del Dlgs 546/92) è suscettibile di interpretazione estensiva. Va infatti riconosciuta al contribuente la possibilità di ricorrere, nei termini di legge, contro tutti gli atti adottati dall’ente impositore idonei ad incidere sul rapporto tributario. Tale diritto, peraltro, deve essere riconosciuto anche avverso i provvedimenti di diniego o comunque emessi in sede di autotutela e ancorché l’originario provvedimento sia già divenuto definitivo.

La discrezionalità

La Cassazione ha tuttavia precisato che l’annullamento in autotutela è discrezionale dell’Ufficio e non costituisce un mezzo di tutela del contribuente. Occorre infatti che sussista l’interesse pubblico alla rimozione dell’atto che potrebbe anche essere convergente con quello del contribuente. Nella valutazione ha rilevanza la stabilità dei rapporti giuridici di diritto pubblico.

Secondo la Suprema corte quindi, il sindacato sull’atto di diniego dell’amministrazione di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di interesse generale. Quindi contro il diniego dell’Ufficio di annullare in autotutela non può essere proposta impugnazione per contestare la fondatezza della pretesa tributaria.

Le ragioni dell’interesse

Nel caso specifico, la società aveva censurato il provvedimento di diniego perché l’Ufficio non aveva adeguato le sanzioni rispetto alla modifica normativa. Tuttavia, la contribuente avrebbe dovuto spiegare nei propri atti perché l’annullamento del provvedimento era di interesse generale non limitandosi, come sarebbe avvenuto secondo la sentenza, a censure legate al pregiudizio individuale.

Resta, tuttavia, da comprendere quali possano essere, in concreto, le ipotesi in cui sussista l’interesse generale dell’amministrazione rispetto alla richiesta di annullamento del contribuente per un caso specifico.

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