Imposte

Forfettari, nell’uscita dal regime l’Iva segue le fatture incassate

Chi supera i 100mila euro in corso d’anno deve abbandonare subito il forfait

Doppia soglia da monitorare per i soggetti in regime forfettario. Se i ricavi o compensi superano 85mila euro ma non 100mila, il contribuente deve abbandonare il regime dall’anno successivo; lo splafonamento dei 100mila euro comporta invece l’uscita istantanea. In quest’ultimo caso, il reddito dell’anno è assoggettato a tassazione ordinaria e si deve cominciare ad applicare l’Iva dall’operazione “incriminata”.

Tra fatturato e incassato

L’articolo 1, comma 54, della legge di Bilancio 2023 contiene due disposizioni apparentemente semplici (innalzamento della soglia di ricavi/compensi a 85mila euro e immediata fuoriuscita dal regime al superamento dei 100mila euro) che, complice la non necessaria coincidenza tra fatturato e incassato, potrebbero comportare qualche complicazione di carattere interpretativo e pratico.

La prima questione sulla quale è bene fare chiarezza è la modalità di computo del “fatturato”. I componenti positivi vanno determinati – visto il riferimento «all’ammontare dei ricavi e dei compensi percepiti» operato dall’articolo 1, comma 64, della legge 190/2014 – in base al criterio di cassa (in senso conforme anche la prassi, tra cui la circolare 10/E/2016).

Considerato che la cessazione del regime si verifica nell’anno in corso se «i ricavi o i compensi percepiti» superano i 100mila euro, sia per ragioni di coerenza lessicale che logica, non paiono esservi dubbi sul fatto che la verifica vada condotta avendo a riferimento le somme incassate.

Seguendo tale impostazione, la variabile da monitorare è quindi l’incassato dell’anno, e non il mero fatturato. Resta inteso che vanno considerate anche le somme incassate a fronte di fatture emesse in precedenti periodi in cui già si operava nel regime.

La gestione dell’Iva

Se si verifica il superamento dei 100mila euro in corso d’anno, il regime cessa “istantaneamente” e sull’intero reddito si applica la tassazione ordinaria. Per quanto riguarda l’Iva, è invece previsto che questa sia dovuta «a partire dalle operazioni effettuate che comportano il superamento» del limite. Questo dovrebbe significare che sin dall’operazione che comporta il superamento della soglia vada applicata l’imposta, senza scomporre artificiosamente il corrispettivo in due parti: senza Iva fino al raggiungimento dei 100mila e con Iva per il residuo.

Al contrario, qualora la stessa operazione sia legittimamente “frazionata”, come nel caso di emissione di fattura in acconto e a saldo, ciascuna delle due fatture seguirà il regime applicabile ratione temporis. Una conferma ufficiale sarebbe comunque opportuna.

L’addebito «postumo»

Emissione della fattura e relativo incasso, in ogni caso, non vanno sempre di pari passo. Per esempio, Tizio potrebbe emettere tre fatture da 40mila euro ciascuna a gennaio, maggio e settembre. Ipotizziamo che la prima e la terza siano immediatamente incassate. Fino a quel momento non è stata superata la soglia dei 100mila e, pertanto, tutte le operazioni certificate non sono state (correttamente) assoggettate a Iva.

Se a novembre viene incassata anche la fattura di maggio, allora si verifica la fuoriuscita “immediata” dal regime e si deve applicare l’imposta a partire dall’operazione che comporta il superamento della soglia. Lato Iva, ciò che si è verificato prima della fuoriuscita resta invece “cristallizzato”.

Sembrerebbe quindi che, mentre le fatture di gennaio e settembre restano soggette alle regole del forfait, quella di maggio debba essere “corretta” al fine di assoggettarla al relativo regime Iva ordinario (imponibilità, non imponibilità o esenzione), procedendo – a seconda dei casi – con emissione di nota di variazione di sola imposta o emissione di nota di credito e riemissione del documento corretto.

Nell’ipotesi di operazioni imponibili, le cose si complicano ulteriormente considerando che, quanto meno in alcune situazioni, non sarebbe possibile “caricare” l’imposta sul prezzo originario (sentenza Corte di giustizia Ue nelle cause riunite C-249/12 e C-250/12), con necessità di procedere allo scorporo e la conseguente perdita di marginalità. Una soluzione potrebbe essere, ove possibile, quella di prevedere contrattualmente l’addebito “postumo” dell’Iva in caso d’incassi che determinano il superamento della soglia.

I CASI RISOLTI

La situazione

Fatture senza imposta
Nel 2023 Mario Rossi emette fatture per 120mila euro. Nello stesso anno incassa 83mila euro, di cui 80mila a fronte di fatture del 2023 e 3mila di fatture del 2022. Le fatture del 2023 sono emesse senza applicazione dell’Iva.
È corretto?
La soluzione
Sì, è corretto perché (dando per scontata la corretta applicazione del regime per il 2023) nell’anno non intervengono incassi superiori a 100mila euro. Peraltro, visto che gli incassi 2023 sono pari a 83mila, il regime può essere applicato anche nel 2024.

La situazione

Fatture e incassi «incrociati»
Mario Bianchi emette a inizio anno 2023 tre fatture da 40mila euro. La prima e la terza sono state incassate immediatamente, la seconda a novembre. Il regime cessa già nel 2023? La seconda fattura va corretta applicando l’Iva? E la terza, che è successiva?
La soluzione

La prima e la terza fattura conservano il regime originario. L’Iva andrebbe invece applicata sulla seconda fattura perché in relazione a questa avviene il superamento della soglia. La correzione può avvenire con emissione di nota di variazione per la sola imposta.

La situazione
Merci acquistate in forfait
Carlo Verdi, commerciante, supera i 100mila euro di ricavi nel corso dell’anno. Al momento del superamento detiene merci acquistate in costanza di regime forfettario, per le quali non ha detratto l’Iva. È possibile recuperare tale imposta?
La soluzione

Sì, è possibile recuperare l’Iva sulle merci acquistate in costanza del regime forfettario, operando la rettifica della detrazione in dichiarazione (articolo 19-bis2, comma 3, Dpr 633/1972). La rettifica è possibile anche per i beni ammortizzabili.

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