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Immobili, le difficoltà finanziarie del venditore non negano la detrazione Iva all’acquirente

La Corte di giustizia Ue nella causa causa C-227/21 si è pronunciata a tutela del diritto alla detrazione e della neutralità dell’imposta, al di fuori delle ipotesi di frode

di Anna Abagnale e Benedetto Santacroce

Nell’ambito della vendita di un bene immobile tra soggetti passivi, l’amministrazione non può negare all’acquirente il diritto di detrarre l’Iva assolta a monte per il solo fatto che questi sapeva o avrebbe dovuto sapere che il venditore si trovava in difficoltà finanziarie, oppure in uno stato di insolvenza, e che tale circostanza poteva comportare la conseguenza che il venditore medesimo non avrebbe versato l’Iva all’erario.

L'assenza di frode

La Corte di giustizia, con la sentenza del 15 settembre scorso (causa C-227/21) si è pronunciata a tutela del diritto alla detrazione e della neutralità dell’imposta, al di fuori delle ipotesi di frode (si veda il precedente articolo «Neutralità Iva: il diritto alla detrazione può essere negato solo in caso di frode o abuso»). La pronuncia ha un particolare interesse nel contesto nazionale perché alcune pronunce della giurisprudenza e alcuni provvedimenti dell’amministrazione finanziaria (sia in sede di accertamento sia nella predisposizione del modello dichiarativo) sembrano aver dimenticato alcuni principi in materia di detrazione dell’imposta ora puntualmente ripresi dalla Corte.

Il caso riguarda una società lituana a cui l’amministrazione tributaria ha recuperato l’Iva detratta in riferimento all’acquisto di un bene immobile soggetto a procedura esecutiva, considerando che l’acquirente sapeva, ovvero avrebbe dovuto sapere, che il venditore non avrebbe versato all’erario l’Iva generata da tale operazione, trovandosi quest’ultimo in stato di insolvenza.

La questione arrivava in Corte di giustizia in quanto, adito il giudice nazionale, questi si interrogava sulla legittimità di tale prassi ovvero della sua compatibilità rispetto alle norme della direttiva Iva.

È questa l’occasione, per la Corte, di ribadire alcuni importanti principi in tema del diritto alla detrazione:

• innanzitutto, che è irrilevante, ai fini del diritto del soggetto passivo di detrarre l’Iva pagata a monte, stabilire se il fornitore abbia versato, o meno, l’Iva dovuta all’erario. Subordinare il diritto alla detrazione all’effettivo previo pagamento dell’imposta comporterebbe per l’acquirente un’imposizione economica cui non è tenuto;

• in secondo luogo, che tale diritto può essere negato dalle autorità nazionali, che devono fornirne prova, solamente ove sia dimostrato che le parti abbiano agito fraudolentemente o abusivamente (concetti questi che vanno però declinati rispetto alla specifica imposta e nel solco dell’interpretazione data dalla stessa Corte di giustizia).

Ciò detto, in riferimento al caso specifico, i giudici europei non ritengono che commetta una frode in materia Iva il soggetto passivo, debitore giudiziario, che versi in difficoltà finanziarie e venda (con vendita al pubblico incanto disciplinata dalla legge), uno dei suoi beni per estinguere i propri debiti e poi, dopo aver dichiarato l’Iva dovuta a tale titolo, non sia in grado di versarla a causa delle difficoltà economiche in cui versa. Di conseguenza, a maggior ragione, non è possibile addebitare all’acquirente del bene il fatto che egli sapeva o avrebbe dovuto sapere che, acquistando il bene e detraendo la relativa imposta, partecipava ad una frode fiscale.

In riferimento a tale fattispecie, non sono ravvisabili, poi, neppure i profili dell’abuso del diritto per due motivi: da un lato, non si può ritenere che, realizzando una transazione commerciale con un soggetto in difficoltà finanziarie, l’acquirente di tale bene commetta un abuso del diritto; dall’altro lato, l’acquisto, da parte di un creditore, a seguito di un’asta infruttuosa, di un bene immobile sul quale egli disponeva di una tale garanzia, è motivato non già dall’ottenimento di un vantaggio fiscale, bensì dalla sua volontà di recuperare il suo credito nei confronti del debitore in stato di insolvenza.

L’illegittimità del recupero

Alla luce di tali principi, dunque, non può dirsi legittimi il recupero operato dall’amministrazione finanziaria dell’Iva detratta sull’acquisto dell’immobile. Ciò in quanto, nel caso specifico, manca sia la frode sia l’abuso del diritto.

Tali principi hanno senza dubbio un impatto nel nostro ordinamento.Si ricorderà la pronuncia dei giudici di merito (sentenza 4586/2021 della Ctp di Milano – si veda «Il Sole 24 Ore» del 17 gennaio 2022) nella quale, in presenza di un’operazione di compravendita effettiva, era stato confermato il recupero delle Entrate dell’Iva detratta dal cessionario per un importo pari all’imposta non versata dal cedente. Ciò in quanto, secondo i giudici di legittimità, pur trattandosi di un’operazione effettiva (sia dal punto di vista oggettivo sia soggettivo) le parti avrebbero operato all’interno di un disegno di frode. Nello specifico, la fattura per la cessione di un’area edificabile emessa dal cedente Alfa veniva pagata con bonifici dal cessionario Beta; tali bonifici erano prontamente rigirati ai soci della società Alfa i quali a loro volta finanziavano la società Beta. Acquisita la certezza dell’omesso versamento dell’Iva da parte di Alfa che non trovava il danaro per versare l’Iva riscossa da Beta, ma lo trovava per versarlo ai propri soci, i giudici rilevano il comune intento frodatorio ai fini dell’Iva e di conseguenza disconoscono la detrazione in capo all’acquirente.

Verosimilmente (come già evidenziato su queste stesse pagine in riferimento alla sentenza della commissione tributaria lombarda), una valutazione della stessa fattispecie alla luce dei principi della recente pronuncia europea potrebbe portare a conclusioni diverse. D’altronde, già con la nota sentenza Italmoda (causa C-131/13), la Corte di giustizia aveva fissato il principio per cui il diritto alla detrazione può scaturire solo in caso di accertamento dell’esistenza di una frode o della effettuazione di operazioni abusive. Il diniego non può avere una funzione sanzionatoria, ma derivare dalla mancanza dei presupposti che sono alla base dell’applicazione dell’imposta. Tali principi, ribaditi dalla sentenza C-227/21, restano attuali e rappresentano la garanzia della neutralità dell’Iva contro eventuali recuperi infondati.

Questo articolo fa parte del Modulo24 Iva del Gruppo 24 Ore.

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