Imposte

Flat tax incrementale, va confermata l’applicazione per gli anni d’imposta (e non di dichiarazione)

La bozza di circolare delle Entrate considera le annualità 2020-22 per il calcolo del maggior reddito, ma un passaggio della legge cita le annualità di denuncia reddituale

di Gianluca Dan

Anno d’imposta o anno di dichiarazione? Tutto l’impianto della flat tax incrementale è costruito pensando all’anno d’imposta, e così è stata intesa dai commentatori finora. Un passaggio della norma istitutiva, però, potrebbero far pensare all’anno di dichiarazione. Ragione per cui sarebbe utile che su questo punto intervenisse – a scanso di equivoci – la circolare definitiva, dopo che le Entrate hanno pubblicato la bozza che rimarrà in consultazione fino al 15 giugno.

La bozza chiarisce molti dubbi dei contribuenti che aspirano ad applicare la flat tax al 15% su una base imponibile in corso di formazione durante l’anno 2023 che non potrà essere superiore a 40.000 euro (prevista dall’articolo 1, commi da 55 a 57, della legge 29 dicembre 2022, n. 197), ma non prende posizione in modo esplicito su questo punto.

Letteralmente la norma istitutiva stabilisce che «i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, diversi da quelli che applicano il regime forfettario… possono applicare, in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito… un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e relative addizionali, calcolata con l’aliquota del 15 per cento su una base imponibile… pari alla differenza tra il reddito d’impresa e di lavoro autonomo determinato nel 2023 e il reddito d’impresa e di lavoro autonomo d’importo più elevato dichiarato negli anni dal 2020 al 2022, decurtata di un importo pari al 5 per cento di quest’ultimo ammontare».

L’Agenzia nell’ultima parte della circolare propone due esempi di calcolo con i quali chiarisce le modalità di applicazione della franchigia del 5%, da calcolare sul reddito più elevato del triennio e non sulla differenza tra il reddito determinato nel 2023 e il maggiore dei redditi del triennio.

La circolare però sembra non considerare il dato letterale del comma 55 citato, nella parte in cui chiede che il confronto tra il reddito determinato nel 2023 avvenga con il reddito – d’impresa e di lavoro autonomo – d’importo più elevato “dichiarato” negli anni dal 2020 al 2022. In altri termini, fermandoci al dato letterale della norma, potremmo affermare che nell’anno 2020 si dichiara il reddito dell’anno 2019, nell’anno 2021 quello del 2020 e nell’anno 2022 quello del 2021 (ed è proprio per questo che i modelli Redditi assumono la denominazione dell’anno in cui si dichiara il reddito ma con riferimento all’anno precedente, per cui il modello Redditi PF/2023 viene utilizzato per dichiarare i redditi del 2022).

La relazione tecnica e le note di lettura della legge di Bilancio per il 2023 non risolvono il dubbio definitivamente. Sarebbe quindi utile che la versione finale della circolare confermasse questo aspetto perché considerare i redditi determinati nelle annualità dal 2020 al 2022 potrebbe dare risultati completamente differenti dal considerare quelli degli anni 2019 al 2021, dato che il 2019 era un’annualità non intaccata dagli effetti negativi del Covid e dalle tensioni geopolitiche, dall’aumento del prezzo dell’energia, degli alimentari e delle materie prime nonché dell’andamento dei tassi di interesse manifestatisi dal 2020 al 2022.

Peraltro, fare riferimento al reddito “dichiarato” dal 2020 al 2022 (cioè agli anni d’imposta dal 2019 al 2021) escluderebbe dal triennio di confronto l’annualità 2022, posto che non vi è dubbio che la flat tax si applicherà sull’eventuale incremento di reddito conseguito nel 2023. Ed è evidente che tale esclusione sarebbe illogica.

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