I temi di NT+Qui Europa

Operazioni fittizie, è il primo cedente a dover pagare le accise

La Cassazione ha applicato i principi unionali di prevalenza della sostanza sulla forma già stabiliti in ambito Iva

di Giorgio Emanuele Degani

Nel caso in cui un soggetto titolare di deposito fiscale effettui una cessione intermedia fittizia a un altro soggetto solo formalmente titolare di deposito fiscale – ma in realtà privo di concreta organizzazione – l’obbligazione di pagamento dell’imposta sorge in capo al primo cedente in via diretta. E ciò perché l’immissione in consumo dev’essere imputata a questo primo soggetto, a condizione che sapesse dell’irregolarità nella circolazione dei prodotti (o fosse nelle condizioni di poterlo sapere secondo criteri di diligenza professionale). Così la sentenza 13305/2023 della Cassazione che si è pronunciata sulle frodi nelle accise.

In sostanza, i giudici hanno applicato alle accise quanto stabilito nell’ambito dell’Iva in quanto, a fronte dell’inesistenza del cessionario, il primo cedente è obbligato all’imposta se il medesimo sapeva o, secondo criteri di diligenza qualificata, era anche soltanto nelle condizioni di poter sapere di essere coinvolto in irregolarità nella circolazione di prodotti assoggettati ad accisa.

La normativa

L’articolo 2, comma 1, Dlgs 504/1995 (Testo unico accise) dispone che l’accisa è esigibile al momento dell’immissione in consumo, dovendosi considerare come tale anche lo svincolo irregolare di prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo.

Al contempo, il comma 4 della disposizione prevede che il titolare del deposito fiscale dal quale avviene l’immissione in consumo e, in solido, i soggetti che si siano resi garanti del pagamento o i soggetti nei cui confronti si verificano i presupposti per l’esigibilità dell’imposta siano obbligati al pagamento dell’accisa.

Nel caso di cessione intermedia cartolare, ossia fittizia, prima dell’effettiva immissione in consumo, il soggetto titolare del deposito fiscale cede solo formalmente ad altro soggetto titolare di altro deposito fiscale inesistente in quanto privo di concreta organizzazione; da ciò, consegue che quest’ultimo non può fisicamente ricevere la merce e consegnarla ad ulteriori cessionari, sicché l’obbligazione sorge in capo al primo cedente.

Ciò risponde alla necessità di rispettare il principio unionale di prevalenza della sostanza sulla forma, che permette di individuare il soggetto obbligato al pagamento dell’accisa.

I giudici hanno dunque correttamente applicato alle accise i principi unionali e quelli elaborati in tema di frodi Iva dalla giurisprudenza Ue: il contribuente deve dimostrare di essere stato in assoluta buona fede, o di aver tenuto, per non essere coinvolto nel disegno criminoso, la massima diligenza esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto.

Infatti, sono vietate tutte le forme di responsabilità oggettiva che addossano al contribuente le conseguenze negative dell’aver semplicemente intrattenuto dei rapporti commerciali con soggetti fraudolenti.

Sicché, il giudice dovrà valutare attentamente i profili soggettivi in capo al contribuente coinvolto nella frode, al fine di verificare se lo stesso sapeva o doveva sapere della frode posta in essere dagli altri operatori coinvolti nell’operazione commerciale.