I temi di NT+Modulo 24

Fattura elettronica, il protocollo della lettera d’intento blinda la non imponibilità

La corretta valorizzazione dei campi serve ad aiutare l'amministrazione finanziaria nell'attività di controllo e contrasto alle frodi con utilizzo di falso plafond Iva

di Simona Ficola

La dichiarazione d’intento è lo strumento che serve all'esportatore abituale per poter richiedere ai propri fornitori di emettere le fatture per le cessioni di beni ovvero le prestazioni di servizi, senza applicazione dell'imposta.

La dichiarazione di intento permette all’esportatore abituale di utilizzare il plafond disponibile, maturato nei dodici mesi precedenti ovvero nell’anno solare precedente a quello in cui si sta realizzando l’acquisto del bene o del servizio.

La lettera di intento, inoltre, può essere presentata per l’effettuazione di una singola operazione ovvero di più operazioni che saranno realizzate nell’anno solare tra le stesse parti entro un certo periodo di tempo o nei limiti di un ammontare prefissato.

Pertanto, il fornitore che intende effettuare le cessioni senza applicazione dell’imposta, è tenuto dapprima a verificare la correttezza degli adempimenti posti a carico dell’esportatore abituale, ovvero è tenuto al «riscontro telematico» della avvenuta presentazione all’agenzia delle Entrate della dichiarazione di intento da parte dell’esportatore stesso.

L’agenzia delle Entrate, quindi, mette a disposizione dei fornitori e dell’agenzia delle Dogane e dei monopoli la banca dati delle dichiarazioni di intento per dispensare l’esportatore abituale dalla consegna al fornitore, e in dogana di copia cartacea delle dichiarazioni di intento e delle ricevute di presentazione.

Solo dopo aver verificato la regolarità di tale invio, il fornitore può procedere all’emissione della fattura non imponibile, in base all’articolo 8, comma 1, lettera c) del Dpr 633/1972, indicando in fattura gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione di intento rilasciati dall’agenzia delle Entrate.

Quindi il fornitore, per ogni fattura emessa, deve provvedere a scaricare dal proprio cassetto fiscale la lettera d’intento del cessionario, salvarla con l’indicazione della data di scarico della stessa, prelevare da questa il numero di protocollo attribuito dall’agenzia delle Entrate e inserire tale protocollo nella fattura.

L’emissione delle fatture elettroniche

Con particolare riferimento all’emissione delle fatture elettroniche, l’agenzia delle Entrate, con il provvedimento 29339o/2021 ha disciplinato l’emissione delle fatture elettroniche per le operazioni in oggetto. In particolare, con la Faq 14, in risposta a una specifica domanda che chiedeva dove inserire i riferimenti alla dichiarazione d’intento, l’Agenzia rispondeva che l’informazione possa essere inserita utilizzando uno dei campi facoltativi relativi ai dati generali della fattura che le specifiche tecniche lasciano a disposizione dei contribuenti, ad esempio nel campo «Causale» ovvero a livello di singola linea fattura, il blocco «Altri dati gestionali».

Con il provvedimento in questione è stata prevista una nuova disciplina dovuta alle nuove procedure di analisi del rischio e di controllo messe in atto dall’Amministrazione finanziaria, basate su tutte le dichiarazioni d’intento presentate. Grazie a questi controlli, infatti, le dichiarazioni d’intento emesse illegittimamente sono invalidate.

Pertanto, al fine di rendere possibile il controllo da parte dell’ufficio e contrastare le frodi con utilizzo di falso plafond Iva, andando a inibire e invalidare lettere d’intento illegittime emesse da falsi esportatori abituali, è previsto che nella compilazione della fattura elettronica vadano valorizzati i seguenti campi:

•Campo 2.2.1.14 il codice specifico N3.5 «Non imponibili – a seguito di dichiarazioni d’intento».

•Campo 2.2.1.16 l’elemento 2.2.1.16.1 dovrà essere valorizzato con la stringa «Intento» (si vedano le specifiche tecniche, versione 1.7, pagina 54).

•Campo 2.2.1.16.2 , deve essere riportato il protocollo di ricezione della dichiarazione d’intento e il suo progressivo separato dal segno «-» oppure dal segno «/».

•Campo 2.2.1.16.4 deve essere riportata la data della ricevuta telematica rilasciata dall’agenzia delle Entrate e contenente il protocollo della dichiarazione d’intento.

Pertanto, non è più possibile utilizzare il campo per inserire i dati relativi alla dichiarazione di intento.

Questa procedura è stata implementata per dar corso alle modifiche introdotte dall’articolo 1, commi 1079-1083 della legge di Bilancio 2021 che, al fine di contrastare le frodi Iva, ha previsto un meccanismo automatico di blocco delle lettere d’intento nel caso di identificazione di "falsi" esportatori abituali. Infatti, il proliferare di casi di emissione di lettere d’intento ideologicamente false da parte dei cessionari (esportatori abituali) per ottenere l’emissione da parte del fornitore di una fattura senza Iva e il miglioramento della capacità investigativa dell’agenzia delle Entrate hanno consentito di introdurre un meccanismo che inibisce al frodatore di emettere la lettera d’intento falsa ovvero al cessionario di inviare allo Sdi la fattura senza imposta.

A questo risultato si giunge dopo aver modificato la procedura di emissione delle lettere d’intento molteplici volte (l’ultima, appunto, a gennaio dello scorso anno) e dopo aver inibito l’emissione delle predette lettere d’intento in caso di acquisto di benzina e gasolio per autotrazione.

La nuova inibizione di tipo automatico scatta solo dopo che l’analisi del rischio realizzata dall’Agenzia individua le irregolarità commesse dal falso esportatore.

Quello che risulterà problematico è quando il cedente avrà compreso dal blocco della propria fattura di essere in presenza di un falso esportatore . Da questo punto di vista il consiglio è quello di inserire in automatico una serie di controlli che limitino i danni (quali per esempio: l’acquisizione della visura del cliente, l’esame della stessa per quanto riguarda la tipologia dell’attività svolta, da quando questa viene svolta, la capienza dei bilanci e ogni altra informazione utile a determinare l’attività estera del cliente).

Si badi che il cedente o prestatore non ha l’obbligo indefettibile di emettere fattura in regime di non imponibilità Iva, anche se il cessionario o committente ha presentato regolare dichiarazione di intento ed è ancora capiente in termini di plafond disponibile. Infatti, sul tema sia Assonime, con la circolare 20/201, che l’agenzia delle Entrate, con la risposta alla consulenza giuridica 954-6/2018, hanno chiarito che può correttamente accadere che il cedente o prestatore emetta fattura con addebito dell’Iva se, per esempio, l’esportatore abituale presenta la revoca della lettera di intento o, comunque, anche con comportamenti concludenti, manifesti l’intenzione di non avvalersi della spendita del plafond con riferimento ad alcune operazioni. In questo secondo caso la dichiarazione di intento presentata mantiene, comunque, intatta la propria validità.

L’esportatore abituale, quindi, può manifestare al fornitore la volontà di non utilizzare il plafond per alcune operazioni senza revocare del tutto la dichiarazione di intento presentata. Al di fuori di un contesto di frode, in tale ipotesi il comportamento descritto non costituisce una violazione sanzionabile.

L’ interpretazione era già peraltro condivisa sia dalla Cassazione che dalla Corte di giustizia Ue; infatti la prima, con la sentenza del 12 giugno 2002, n. 8362, conformemente a quanto chiarito dalla Cgue nella sentenza del 17 settembre 1997, relativa alla causa C-141/96 e nella sentenza del 19 settembre 2000, relativa alla causa C-454/98, ha precisato che deve essere consentita la regolarizzazione della posizione di colui che, avendo emesso fattura irregolare chiede, in tempo utile, di emendare il proprio errore non creando danno all’Erario. Così nell’ipotesi di ritrattazione della lettera di intento mediante cui veniva richiesta l’emissione di fatture in regime di non imponibilità, ove il dichiarante richieda l’addebito dell’imposta a mezzo di nota di addebito ex articolo 26 Dpr 633/1972, vengono meno i presupposti per l’irrogazione delle sanzioni conseguenti a violazioni degli obblighi di fatturazione.

Lo status di esportatore abituale

Lo strumento del plafond è riconosciuto a coloro che hanno lo "status" di esportatore abituale ovvero coloro che, nell’anno solare precedente (o nei precedenti dodici mesi), hanno realizzato operazioni (senza applicazione dell’Iva) di esportazione, cessioni intracomunitarie o altre a esse assimilate per un ammontare totale superiore al dieci per cento del volume d’affari complessivo determinato ai sensi dell’articolo 20 del Dpr 633/1972.

Pertanto, detti soggetti, possono acquistare e importare beni e servizi senza il pagamento dell’imposta, in ragione dell’ammontare del "plafond", che può essere utilizzato per qualsiasi tipo di acquisto di beni e servizi, a esclusione dei fabbricati e delle aree fabbricabili.

È escluso, altresì, l’utilizzo del plafond per l’acquisto dei beni oggettivamente non detraibili. Per motivi di equità, infatti, non possono essere acquistati senza pagamento di imposta i beni la cui imposta è oggettivamente non detraibile ai sensi dell’articolo 19 del decreto Iva.

Le stesse limitazioni poste per gli acquisiti di beni valgono anche per i contratti di leasing. Pertanto, mentre è possibile rilasciare la dichiarazione d’intento per leasing di beni ammortizzabili, tale facoltà è preclusa per i contratti di leasing aventi per oggetto fabbricati e terreni edificatori, in quanto tali contratti hanno effetti equipollenti all’acquisto.

Può utilizzare il beneficio del plafond per l’importazione e l’acquisto di beni e servizi senza pagamento dell’imposta anche il rappresentante fiscale di un soggetto non residente, nominato ai sensi dell’articolo 17, comma 3 del Dpr 633/1972.Tale disposizione è stata oggetto di interpretazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria, dapprima con la risoluzione 102/1999 e poi con la risoluzione 80/2011 in cui l’Agenzia ha ribadito che un soggetto non stabilito, identificato nel territorio dello Stato, «realizza un’operazione rilevante ai fini dell’Iva i cui corrispettivi [...] danno titolo ad effettuare acquisti senza Iva, quando pone in essere: a.1) esportazioni; ...».

Una diversa interpretazione, attesa la ratio dell’istituto finalizzato a eliminare o quantomeno a ridurre nei confronti dell’esportatore o dell’operatore assimilato il rischio di esposizioni finanziarie derivanti dal sistema proprio di applicazione dell’Iva, determinerebbe un’ingiustificata discriminazione rispetto agli operatori nazionali.

Pertanto, il soggetto estero, identificato nel territorio dello Stato realizza un’operazione rilevante ai fini Iva, i cui corrispettivi, nei termini di cui all’articolo 8, danno titolo a effettuare acquisti senza Iva, quando pone in essere:

1) esportazioni;

2) cessioni intracomunitarie;

3) cessioni di beni e/o prestazioni di servizi interne non imponibili (ex articoli 8 bis e 9) nei confronti di altri soggetti non residenti ovvero privati.

Al contrario, non realizza alcuna operazione rilevante ai fini della maturazione del plafond, atteso che l’imputazione dell’operazione effettuata e la tassazione relativa avvengono in capo, rispettivamente al cessionario ovvero committente residenti, quando pone in essere: 1) cessioni di beni interne nei confronti di soggetti passivi residenti [o ad essi assimilati di cui all’articolo 7-ter, comma 2, lettere b) e c)];

2) prestazioni di servizi interne nei confronti di soggetti passivi residenti [o ad essi assimilati di cui all’articolo 7-ter, comma 2, lettere b) e c)].

Ciò in quanto, in entrambe le ipotesi, secondo quanto disposto dall’articolo17, comma 2 del Dpr 633/1972, la qualifica di debitore d’imposta è assunta dal cessionario ovvero committente soggetto passivo stabilito in Italia, da assolvere mediante applicazione del meccanismo del reverse charge.

Questo articolo fa parte del Modulo24 Iva del Gruppo 24 Ore.

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