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Extra-profitti del fotovoltaico da versare al Gse in attesa della sentenza definitiva sulla delibera Arera

Il Tar Lombardia ha bocciato la delibera Arera 266/2022 perché il meccanismo approvato non consente l’emersione dell’effettivo utile inframarginale percepito dagli operatori interessati

L’articolo 15-bis del Dl 4/2022 individua il meccanismo “extraprofitti” per gli impianti fotovoltaici ma non detta la regolazione: questa spetta all’autorità Arera che ha il compito di attuare la norma garantendo l’attrazione al meccanismo dei soli utili maturati in eccesso per effetto di fattori esterni all’impresa e non, invece, dei ricavi. Questa la motivazione con cui il Tar della Lombardia, lo scorso novembre, ha accolto le ragioni dei contribuenti annullando la delibera Arera 266/2022.

Il meccanismo introdotto dal Dl 4/2022 si fonda sul raffronto tra i prezzi di mercato praticati dai produttori per la cessione dell’energia elettrica e un prezzo “di riferimento”, puntualmente indicato per ciascuna zona di mercato, nell’allegato I-bis al decreto. Se il prezzo di riferimento è inferiore al prezzo di mercato, il produttore deve corrispondere l’eventuale eccedenza. I commi 2 e 6 dell’articolo 15-bis demandano le modalità di attuazione del predetto meccanismo di compensazione ad Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente) la quale ha provveduto con la delibera del 21 giugno 2022 n. 266. La delibera è stata però impugnata innanzi al Tar che la ha annullata con motivazioni ora note.

La posizione del Tar Lombardia

I giudici amministrativi affrontano la questione partendo dal quadro normativo euro-unitario di riferimento, ciò al fine di procedere ad una lettura della norma coerente sia con il dato letterale, sia con il contesto sistematico di riferimento.

In particolare, i giudici ricordano che l’articolo 122, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (Tfue) consente al Consiglio, su proposta della Commissione, di adottare misure straordinarie di natura solidaristica per fronteggiare gravi difficoltà nell’approvvigionamento dei prodotti del settore energetico. Tali misure sono state adottate con il regolamento del Consiglio del 6 ottobre 2022 n. 2022/1854/UE. In particolare, al fine di attenuare gli effetti dell’aumento dei prezzi dell’energia è stato introdotto un tetto massimo ai ricavi di mercato, ottenuti dai produttori dalla vendita di energia elettrica, pari a 180 euro per MWh.

Agli Stati membri è stata poi concessa la facoltà di ridurre ulteriormente il predetto tetto massimo purché tale riduzione fosse proporzionata e non discriminatoria, non compromettesse i segnali di investimento, assicurasse la copertura degli investimenti e dei costi di esercizio, non generasse distorsioni incidendo sulla formazione dei prezzi all’ingrosso dell’energia elettrica e fosse compatibile con il diritto dell’Unione. In sostanza, gli interventi sugli extraprofitti devono, da un lato, avere ad oggetto gli utili realizzati e non i ricavi, dall’altro, garantire comunque la copertura dei costi di investimento e dei costi di gestione. Questo principio, secondo i giudici, non è stato rispettato nella delibera impugnata. L’autorità avrebbe, infatti, dovuto individuare una modalità di applicazione del meccanismo tale da consentire l’emersione dell’effettivo utile inframarginale percepito dagli operatori interessati e, quindi, la restituzione, da parte dei produttori di energia fotovoltaica solo degli extraprofitti e non, come accade con il meccanismo approvato, dei ricavi. Ne consegue, secondo i giudici, che la delibera impugnata è viziata sul piano istruttorio e motivazionale, perché ha omesso, in modo irragionevole, di individuare sul piano tecnico e di valorizzare sul piano della disciplina regolatoria tutti i fattori che conducono a definire le partite economiche funzionali all’emersione dell'utile inframarginale effettivamente realizzato dagli operatori interessati dalla misura. Da qui l'annullamento.

L’intervento del Consiglio di Stato

La sentenza del Tar Lombardia è stata impugnata e, pertanto, occorrerà attendere la discussione nel merito. Nel frattempo, però, il Consiglio di Stato ha però reso noto di aver sospeso l’esecutività del dispositivo ritenendo che i proventi derivanti dall’applicazione del meccanismo devono essere versati dal Gse all’entrata del bilancio dello Stato per restare acquisiti all’erario e, pertanto, la decisione è stata basata sull’esigenza di tutelare l’interesse pubblico a recuperare le somme dovute.