Imposte

Semplificazione in Redditi per le società non operative

La disciplina abrogata dal Dl 73/22 riguarda le perdite sistematiche. In attesa della riforma fiscale restano diversi nodi sulle cause di esclusione

L’adempimento dichiarativo per le società di capitali e di persone è il momento in cui, tradizionalmente, questi enti “fanno i conti” con la possibile situazione di non operatività ex articolo 30 della legge 724/1994 e con le sue onerose conseguenze nei vari profili impositivi. È quindi opportuno chiedersi cos’è cambiato rispetto all’anno d’imposta 2021.

La compilazione dei modelli

Sotto l’aspetto compilativo, il prospetto (righi da RS116 a RS125 per il modello Redditi SC; da RS11 a RS20 per il modello Redditi SP) si presenta molto simile a quello dello scorso anno, salvo che per un importante alleggerimento, dovuto all’articolo 9, comma 1, del Dl 73/2022. È infatti intervenuta l’abrogazione, dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022, della disciplina ex articolo 2, commi da 36-decies a 36-duodecies, del Dl 138/2011, in base alla quale erano considerate “di comodo” le società «in perdita sistematica», ossia quelle che, pur superando il test di operatività sui ricavi:

1. risultavano in perdita per 5 periodi d’imposta consecutivi;

2. oppure, in un quinquennio, risultavano in perdita per 4 periodi d’imposta e per il restante periodo d’imposta dichiaravano un reddito inferiore a quello minimo presunto determinato ex articolo 30 della legge 724/94.

Secondo la relazione accompagnatoria al decreto, la disciplina oggi abrogata continuava ad applicarsi ai soggetti che al 31 dicembre 2021 avevano già maturato il quinquennio di perdite fiscali.

Le questioni aperte

Ci sono altre novità da tener presente, sia dal lato interpretativo che da quello delle prospettive delle disposizioni vigenti. Sotto quest’ultimo aspetto, il disegno di legge delega per la riforma fiscale (attualmente all’esame della commissione Finanze della Camera) prevede, all’articolo 9, comma 1, quella che la relazione definisce «una profonda revisione della disciplina delle società non operative, prevedendo criteri specifici, da aggiornarsi periodicamente, che consentano di individuare le società senza impresa, riconducendo così la normativa alla sua ratio originaria di contrastare le società che esercitano un’attività di mero godimento e non un’effettiva attività d’impresa». Con la riforma dovranno essere previste nuove cause di esclusione che tengano conto, tra l’altro, dell’esistenza di un congruo numero di lavoratori dipendenti e dello svolgimento di attività in settori economici oggetto di specifica regolamentazione normativa.

La delega opera un richiamo ai principi elaborati in materia dalla Cassazione e dalla giurisprudenza comunitaria, ed è immediato pensare all’ordinanza della Suprema corte 16091/22 che ha demandato alla Corte di Giustizia Ue la questione pregiudiziale relativa alla compatibilità della normativa interna delle società di comodo nella misura in cui il diritto alla detrazione è negato se tali società non effettuano per tre anni consecutivi operazioni soggette a Iva di importo almeno pari ai ricavi presunti (articolo 30, comma 4, secondo periodo, legge 724/1994). È da tempo, infatti, che a livello dottrinale si dubita della compatibilità di questa disposizione interna con i principi comunitari.

Le vie del contenzioso

Nel frattempo, a livello probatorio in ambito contenzioso, accanto a pronunce di Cassazione ormai consolidate (7590/22 e 772/22) e che non sembrano centrare il nocciolo del problema, si fanno strada alcuni orientamenti (ad esempio, pronunce 1898/22, 13225/22, 30762/22 e 16472/22) più prossimi a quanto affermato dal Comitato scientifico Modulo 24 Accertamento e Riscossione (principio di interpretazione n. 2).

Secondo tale documento, la società deve dare prova di non abusare della persona giuridica e, quindi, di svolgere un’effettiva attività economica (ovvero deve fornire “giustificazione” delle cause di impossibilità a svolgerla). Mentre le oggettive situazioni che hanno impedito il conseguimento dei ricavi e dei valori minimi assumono rilevanza solo nella fase amministrativa dell’(eventuale) interpello rivolto all’amministrazione finanziaria.

I recenti orientamenti

Rinvio alla Corte Ue su possibile perdita del credito Iva
Si chiede alla Corte di Giustizia Ue di valutare la compatibilità con il diritto comunitario della disposizione di cui all’art. 30, comma 4, secondo periodo, della legge 724/1994, che preclude la compensazione “interna” del credito Iva per le società non operative le quali, per tre periodi d’imposta consecutivi, non effettuino operazioni rilevanti ai fini Iva per un importo almeno pari ai ricavi minimi presunti.
Cassazione: ordinanza 16091/2022

La prova contraria in contenzioso
In ambito contenzioso la società deve dare prova di risultare ente che non abusa della persona giuridica e che, quindi, svolge un’effettiva attività economica (ovvero deve fornire “giustificazione” delle cause di impossibilità a svolgerla). Le oggettive situazioni che hanno impedito il conseguimento dei ricavi e dei valori minimi assumono rilevanza, invece, soltanto nella fase amministrativa dell’(eventuale) interpello rivolto all’amministrazione finanziaria.
Principio di interpretazione n. 2 a cura del Comitato scientifico Modulo 24 Accertamento e Riscossione

L’onere della prova per dimostrare l’esistenza di situazioni oggettive
Il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza delle oggettive situazioni, specifiche e indipendenti dalla sua volontà, che abbiano impedito il raggiungimento della soglia di operatività e di reddito minimo presunto.
Cassazione: ordinanze 7590/2022 e 772/2022

Onere della prova in termini economici
In materia di società di comodo, l’impossibilità per situazioni oggettive di conseguire il reddito presunto non va intesa in termini assoluti bensì economici aventi, riguardo alle effettive condizioni di mercato.
Cassazione: ordinanze 30767/2022, 30762/2022, 26912/2022 e 12732/2022

La sussistenza di una effettiva attività imprenditoriale
Il contribuente ha la facoltà di superare la presunzione sulla non operatività della società dimostrando l’insussistenza di elementi patrimoniali valorizzati dall’amministrazione finanziaria ai fini del test di operatività o la sussistenza di un’effettiva attività imprenditoriale, e la presunzione sull’impiego elusivo dello schema societario attraverso la prova di una situazione oggettiva e non imputabile all’interessato che giustifichi la scarsità dei ricavi e del reddito.
Cassazione, ordinanze 26219/2021 e 4946/2021

Non è di comodo la società che dimostra la non fittizietà di quanto dichiarato
Le condizioni oggettive che giustificano il non superamento del test di operatività possono essere rappresentate da quelle situazioni nell’ambito delle quali il contribuente è in grado di dimostrare oggettivamente la non fittizietà di quanto dichiarato, non rendendosi necessaria, dunque, una distinzione tra le cause esterne e libere determinazioni dell’imprenditore stesso.
Cassazione: sentenze 1898/2022 e 13225/2022; ordinanze 30762/2022
e 16472/2022

Classificazione corretta sulla base dei principi contabili
Per il test della società di comodo è necessario che la classificazione delle voci dell’attivo patrimoniale siano ripartite secondo i corretti principi contabili.
Cassazione: ordinanze 2636/2023 e 2785/2021

Contributi pubblici e società di comodo
La situazione di oggettiva impossibilità a raggiungere le soglie di redditività richieste dal test di operatività può essere realizzata non solo nel caso in cui i contributi pubblici siano stati tempestivamente richiesti e riconosciuti, senza che siano stati erogati per causa non imputabile alla società stessa, ma anche se la mancata fruizione del contributo pubblico non sia imputabile all’imprenditore.
Cassazione: sentenza 1127/2023; ordinanze 34232/2021, 24667/2021
e 16697/2021

Di comodo se la prova contraria consiste solo nel dissidio tra soci
Il contribuente non può superare la presunzione relativa di non operatività della società dimostrando solo l’esistenza di un dissidio tra soci che ha dato luogo a un contenzioso.
Cassazione: ordinanza 6459/2023

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