Adempimenti

Accollo del debito altrui senza più compensazioni (ma niente effetti sul passato)

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di Luca De Stefani

L’accollante di un debito tributario altrui non può più pagarlo, tramite la compensazione in F24. La novità è contenuta nella risoluzione 140/E/2017 di ieri che ha fatto salve, comunque, le compensazioni effettuate fino al 14 novembre 2017.

Secondo l’articolo 1273 del Codice civile, con l’accollo l’accollante assume negozialmente l’obbligo di estinguere un debito del debitore originario. L’adesione del creditore a questo accordo, comporta la liberazione del debitore originario solo se ciò costituisce condizione espressa della stipulazione o se il creditore dichiara espressamente di liberarlo. In caso contrario, il debitore originario «rimane obbligato in solido col terzo».

In ambito tributario, lo Statuto del contribuente prevede che l’accollo del debito d’imposta altrui sia possibile, ma che lo stesso sia ammesso senza la liberazione del contribuente originario (articolo 8, comma 2, della legge 212/2000). L’accollante tributario non assumere la posizione del contribuente o del soggetto passivo dell’originario rapporto tributario, ma diventa obbligato (o coobbligato) in forza dell’accollo. L’Amministrazione finanziaria, ad esempio, non può esercitare nei confronti degli accollanti «i propri poteri di accertamento e di esazione, che possono essere esercitati solo nei confronti di chi sia tenuto per legge a soddisfare il credito fiscale» (Cassazione 28162/2008).

Secondo la risoluzione 140/E/2017, però, dopo l’accollo di un debito tributario altrui, l’accollante non può estinguere il debito oggetto dell’accollo, utilizzando in compensazione crediti vantati dallo stesso nei confronti dell’Erario. L’istituto della compensazione in F24, infatti, può essere applicato «solo per i debiti (e i contrapposti crediti) in essere tra i medesimi soggetti e non tra soggetti diversi».

Considerando le «obiettive condizioni di incertezza» su queste tematiche, comunque, secondo l’agenzia delle Entrate non è punibile chi ha effettuato queste compensazione fino a martedì 14 novembre 2017. Anzi, i pagamenti dei debiti accollati, effettuati tramite compensazione, prima del 15 novembre 2017, sono «da considerarsi validi e non sanzionabili» se sono stati spesi crediti esistenti e utilizzabili. In caso contrario (crediti inesistenti o non utilizzabili), invece, l’imposta (nella sostanza “non versata”) dovrà essere recuperata in capo all’accollato.

Dal 15 novembre 2017 in poi, invece, i pagamenti, tramite compensazione, di debiti accollati (anche se relativi a contratti di accollo precedenti) non possono essere considerati validi e sono sanzionati. In particolare, l’accollato (soggetto passivo del rapporto tributario e debitore originario) dovrà pagare l’imposta non versata e i relativi interessi, oltre che la classica sanzione per l’omesso pagamento, pari al 30% dell’importo non versato. Invece, l’accollante, che ha utilizzo un suo credito d’imposta in compensazione del debito accollato, dovrà pagare la sanzione:
•del 30% del credito utilizzato, se questo è effettivamente esistente (una volta recuperata l’imposta in capo all’accollato, il credito dell’accollante tornerà utilizzabile secondo le regole ordinarie);
•ovvero dal 100% al 200% del credito utilizzato, se questo è inesistente.

Agenzia delle Entrate, risoluzione 140/E/2017

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