Ace, un’applicazione retroattiva che complica i calcoli degli acconti
L’intervento sull’Ace contenuto nella manovrina di primavera, fa tornare in auge il vecchio vizio del legislatore di aggirare il divieto di retroattività delle disposizioni tributarie, prevedendo una anticipata applicazione delle nuove norme nel calcolo degli acconti dell’esercizio in corso. Applicazione anticipata che, oltre al danno finanziario immediato per i contribuenti, potrebbe generare la beffa di future sanzioni per gli inevitabili errori causati dai complicatissimi calcoli “virtuali”. Il Dl 50 del 2017 sostituisce, nella quantificazione della base Ace, il precedente metodo incrementale “temporalmente illimitato” con un criterio basato sui soli incrementi patrimoniali dell’ultimo quinquennio.
L’intervento, prevalentemente dettato dalla ricerca di gettito, presenta anche alcuni effetti (moderatamente) positivi, generando un premio maggiore per le imprese neocostituite (che potranno sfruttare interamente, per 5 anni, l’apporto iniziale dei soci), e per quelle che hanno costanti politiche di patrimonializzazione, rispetto alle società che hanno eseguito ingenti capitalizzazioni nel periodo successivo all’introduzione dell’Ace (2011 e 2012) senza poi realizzare nuovi incrementi negli anni seguenti.
L’aspetto più fastidioso della norma, che come detto ripropone un vizio antico del nostro legislatore fiscale, è però quello legato all’impatto anticipato sul calcolo degli acconti. Per le società di capitali, è infatti previsto che l’acconto Ires 2017 (fine giugno e novembre) dovrà essere ricalcolato considerando una sorta di applicazione retroattiva della disposizione. Le imprese dovranno cioè “fingere” che il meccanismo di calcolo quinquennale fosse già in vigore nel 2016 e quantificare la base Ace virtuale che in tal caso si sarebbe inserita nel modello redditi 2017. In pratica si dovranno togliere dal conteggio “reale” (quello usato per il saldo Ires 2016) i movimenti patrimoniali in aumento e in diminuzione del 2011 (utile 2010 a riserva, e conferimenti in denaro dei soci, ma anche rimborsi di capitale e distribuzione di riserve eseguiti in tale anno) dato che il periodo quinquennale, con riferimento al 2016, avrebbe compreso gli esercizi dal 2012 al 2016. Si procederà poi a determinare la deduzione virtuale Ace (al 4,75%, coefficiente valido per il 2016 e che non si ritocca neppure nel ricalcolo virtuale), e così l’imponibile Ires 2016 virtuale e infine l’Ires virtuale per giungere all’acconto ricalcolato, questo da versare realmente.
Un conteggio che, oltre che comportare una retroattività di fatto della norma (con buona pace dello statuto del contribuente), genererà errori diffusi, non essendo supportato dai software dichiarativi e neppure, ad oggi, da una qualsiasi istruzione ufficiale.
Con una perla finale, data dal fatto che, in teoria, il ricalcolo potrebbe anche abbassare l’acconto da versare. Se infatti, nell’anno 2011, si sono distribuite più riserve di quanto siano stati gli incrementi, la base Ace virtuale 2012-2016 finisce per essere più elevata di quella reale 2011-2016. E, visto che la legge prevede in generale l’obbligo di rideterminazione, senza cioè stabilirlo solo in caso di aumento, la norma potrebbe avere l’incredibile effetto di far diminuire i versamenti di giugno e novembre.
La manovra correttiva - Dl 50/2017