Imposte

Agevolazione «impatriati» ai manager non residenti

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di Antonio Longo e Antonio Tomassini

Regime degli impatriati esteso anche ai manager che già svolgono una attività lavorativa in Italia non ancora ivi fiscalmente residenti. Questo uno dei chiarimenti della circolare n. 17/E dell’agenzia delle Entrate pubblicata ieri riguardante, tra gli altri, controesodati e impatriati.

Gli impatriati sono lavoratori dipendenti, autonomi, manager, lavoratori ad alta specializzazione e laureati che, in possesso di specifici requisiti, trasferiscono la residenza fiscale dall’estero in Italia per intraprendere un’attività lavorativa. Per questi soggetti, l’articolo 16 del decreto legislativo 147/2015 aveva previsto un particolare regime agevolativo. A decorrere dal 2016, verificandosi le condizioni richieste, il reddito prodotto in Italia dai dipendenti concorre(va) alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 70% del suo ammontare. Dallo scorso 1° gennaio, in virtù delle modifiche introdotte dalla legge di Bilancio 2017, l’agevolazione è stata potenziata, passando dal 70 al 50% ed estendendosi anche ai redditi di lavoro autonomo.

Più in dettaglio, trovando la norma di favore applicazione a decorrere dal 2016, l’Agenzia chiarisce che beneficiari dell’agevolazione possono essere i soggetti che abbiano acquisito la residenza fiscale in Italia a partire da questo periodo d’imposta (salva la possibilità per i cosiddetti «controesodati», beneficiari della legge 238/2010, il cui regime andrà ad esaurirsi nel 2017, di accedervi su opzione entro lo scorso 2 maggio).

Tra gli aspetti di maggiore rilievo, viene chiarito che può beneficiare del regime di imponibilità ridotta chi trasferisce la residenza in Italia anche prima di iniziare l’attività lavorativa, a condizione che sia ravvisabile un collegamento tra i due eventi; collegamento di cui, riteniamo, si possa dare prova nell’ambito di una specifica istanza di interpello.

Viene inoltre chiarito che il regime speciale è applicabile anche ai manager che già svolgono un’attività lavorativa nel territorio dello Stato perché, ad esempio, distaccati in Italia da un’altra società del gruppo, senza essere tuttavia iscritti all’anagrafe della popolazione residente e senza aver trasferito in Italia la dimora abituale o il centro principale dei propri interessi; le agevolazioni in questo caso si applicherebbero a partire dal periodo d’imposta in cui questi soggetti acquisiscono la residenza fiscale in Italia (anche se successivo a quello in cui hanno cominciato a svolgere l’attività lavorativa).

Al contrario, secondo l’Agenzia, il beneficio non spetta ai soggetti che rientrano in Italia dopo essere stati distaccati all’estero e aver acquisito la residenza estera per il periodo di permanenza richiesto dalla norma. Ciò in quanto il loro rientro in Italia avverrebbe in esecuzione delle clausole del preesistente contratto di lavoro, ponendosi in sostanziale continuità con la precedente posizione di lavoratori residenti in Italia.

I chiarimenti dell’Agenzia arrivano in un momento “caldo” per queste categorie di soggetti. Sono infatti attualmente in discussione alla commissione Bilancio alla Camera due emendamenti alla manovrina fiscale volti a consolidare e migliorare le norme che agevolano il ritorno in Italia.

Se approvati, questi emendamenti, da un lato, consentirebbero una riduzione ulteriore (dall’attuale 50 al 30%) del reddito prodotto in Italia rilevante ai fini della formazione del reddito complessivo mentre, dall’altro lato, eviterebbero l’effetto penalizzante del conguaglio eventualmente dovuto per il 2016 a seguito del passaggio dal regime della legge 238/2010 (riferito ai controesodati) a quello del decreto legislativo 147/2015 (riferito agli impatriati).

Agenzia delle Entrate, circolare 17/E/2017

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