Controlli e liti

Alle Sezioni unite la decadenza sugli oneri pluriennali

La questione del termine del potere di accertamento sugli ammortamenti

di Laura Ambrosi

Saranno le Sezioni unite a decidere sulla decadenza del potere di accertamento in riferimento agli oneri pluriennali come gli ammortamenti. A rimettere la questione è l’ordinanza n. 10701 del 5 giugno 2020.

La vicenda trae origine dalla contestazione dell’agenzia delle Entrate della quota di un nono di una svalutazione registrata a bilancio anni prima. La contribuente, impugnando l’atto, eccepiva tra i diversi motivi anche l’intervenuta decadenza del potere di accertamento. Entrambi i giudici di merito confermavano l’illegittimità della pretesa. L’Agenzia ricorreva così in Cassazione.

I giudici di legittimità hanno innanzitutto richiamato i principi affermati da alcune recenti sentenze in materia (Cassazione 9993/2018 e 2899/2019) che hanno escluso il potere di rettifica della quota pluriennale, contestando nel merito il costo sostenuto, oltre i termini ordinari di decadenza decorrenti dall’anno di iscrizione a bilancio. Nel 2008, la Suprema Corte (sentenza 12880/2008) aveva altresì ritenuto che l’Ufficio potesse emettere un accertamento anche in assenza di un’immediata pretesa impositiva, al fine di regolarizzare comportamenti errati con conseguenze in esercizi successivi.

Tuttavia, con l’ordinanza di rimessione i giudici di legittimità hanno ora ritenuto che una simile interpretazione non sia convincente.

Innanzitutto, è stato evidenziato che i principi affermati dalla Corte costituzionale (sentenza 280/2005) secondo cui non è possibile lasciare il contribuente assoggettato all’azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato, fossero riferiti solo alla notifica della cartella di pagamento e non alla decadenza in generale.

Inoltre, le norme dell’ordinamento impongono già un obbligo di conservazione dei documenti per un periodo di molto superiore agli ordinari termini di decadenza, con la conseguenza che non sussisterebbe alcuna lesione del diritto di difesa. La diversa interpretazione proposta dalla Cassazione desta perplessità.

Si pensi all’ammortamento di un immobile, per il quale sono ordinariamente previsti 33 anni o per l’avviamento per il quale si contano 18 anni. L’Ufficio potrebbe contestare l’indeducibilità della quota per difetto di inerenza e quindi chiedere conto dell’acquisto a suo tempo eseguito, fino al 38° o al 23° anno (considerando cinque anni per la decadenza).

Così come per le detrazioni sulle ristrutturazioni di fabbricati, per le quali è prevista una ripartizione del credito di imposta in dieci anni dall’esercizio di sostenimento.

Si tratta di ipotesi per le quali, se fosse fondata la nuova tesi della Cassazione, risulterebbe svilita la garanzia voluta dal legislatore con l’istituto della decadenza.

Peraltro, sembrerebbe violato il principio ripetutamente affermato dalla Consulta secondo cui «va dall’interprete ricercata soltanto una ricostruzione del sistema che non lasci il contribuente esposto, senza limiti temporali, all’azione esecutiva del fisco, in quanto ciò non è consentito dall’art. 24 Cost.» (tra tutte sentenza 107/2003 e ordinanze 352/2004, 247/2011).

Va da sé che se le Sezioni Unite confermassero una simile interpretazione occorrerà seriamente riflettere sulla legittimità costituzionale della norma.

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