Controlli e liti

Anche i reati fiscali transnazionali nella 231

di Antonio Iorio

Il decreto legislativo sulla lotta contro le frodi lesive degli interessi finanziari dell’Unione, approvato in via preliminare il 23 gennaio dal Consiglio dei ministri, interviene anche sulla disciplina dei reati tributari (si veda il Sole 24 Ore di ieri) e sull’ampliamento del “catalogo” degli illeciti da cui scaturisce la responsabilità delle società a norma del Dlgs 231/2001. In sintesi, limitatamente a questi aspetti, il decreto:

introduce la punibilità anche delle ipotesi di delitto tentato (e non solo consumato) per i reati di dichiarazione infedele, omessa presentazione e indebita compensazione, che presentano l’elemento della transnazionalità, se l’imposta Iva evasa non è inferiore a 10 milioni di euro;

amplia il catalogo dei reati tributari per i quali è considerata responsabile anche la società (ai sensi del Dlgs 231/2001) includendovi i predetti delitti dichiarativi e di indebita compensazione (sempre in presenza dell’elemento della transnazionalità e di evasione Iva non inferiore a 10 milioni di euro);

estende la responsabilità delle società anche ai delitti di frode nelle pubbliche forniture, alla frode in agricoltura e al contrabbando, modulando la sanzione a seconda che il reato ecceda o meno la soglia di 100.000 euro;

include tra i delitti contro la pubblica amministrazione di cui possono rispondere le società anche il peculato e l’abuso d’ufficio.

In merito all’estensione della responsabilità delle società anche ad altri reati tributari, rispetto a quelli già inclusi recentemente dal Dl 124/2019 convertito nella legge 157/2019, si ritiene che l’intervento normativo non sia particolarmente equilibrato. Infatti, vengono ora previste le seguenti nuove sanzioni (se i relativi delitti sono commessi anche nel territorio di altro Stato Ue e con un’evasione Iva non inferiore ai 10 milioni di euro):

fino a 300 quote per la dichiarazione infedele;

fino a 400 quote per l’omessa dichiarazione e per l’indebita compensazione Iva.

Con il Dl 124/2019 per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di false fatture per un imponibile non inferiore a 100mila euro è stata prevista invece prevista una sanzione a carico della società fino a 500 quote (fino a 774.500 euro). Per imponibili inferiori ai 100mila euro la sanzione è fino a 400 quote (fino a euro 619.600).

Ne consegue che:

se una società inserisce in dichiarazione false fatture per un imponibile di 1.000 euro (Iva evasa pari a 220 euro) la pena edittale è fino a 400 quote cioè fino a 619.600 euro;

se il falso imponibile è di 100.000 euro (Iva evasa pari a 22.000 euro) la pena edittale è fino a 500 quote (fino a 774.500 euro);

se infine omette di fatturare 100 milioni di euro (con evasione Iva di ben 22 milioni) la sanzione edittale – ferma restando l’applicazione delle aggravanti – è fino a 300 quote cioè fino a 464.700 euro, ben inferiore rispetto alle precedenti, nonostante l’evasione Iva sia più alta.

Sarebbe allora auspicabile una più coerente previsione di tali sanzioni edittali, evitando di demandare al giudice un soggettivo bilanciamento nell’irrogazione della pena che difficilmente riuscirà a tenere in debito conto tutte queste circostanze.

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