Imposte

Avviamenti e marchi: dubbi e alert su ammortamenti e minusvalenze

Il termine di 50 anni obbliga a rifare la pianificazione di rivalutazione/riallineamento

È diventata legge dello Stato la criticata - e per certi versi iniqua - previsione che modifica la deducibilità delle quote di ammortamento relative a marchi (rivalutati o riallineati) e avviamento (riallineato) fruendo nel 2020 dell’imposta sostitutiva del 3% di cui all’articolo 110 del Dl 104/20. E così dopo aver pianificato l’operazione di rivalutazione o riallineamento, ipotizzando la deducibilità del maggior valore in base alle residue annualità del processo di ammortamento ex articolo 103 del Tuir (18 anni complessivi), le imprese si trovano a fare i conti con una modifica che travolge la pianificazione, subendo una notevole dilatazione del processo di ammortamento che passa a 50 anni.

Primi effetti, destinatari e beni

Una prima osservazione non può essere elusa e cioè che al di là di ogni altra considerazione vi sarà da gestire un doppio binario civilistico/fiscale, posto che è impensabile impostare nel bilancio un processo di ammortamento che presenti una durata così lunga.

Venendo alle considerazioni tecniche sui commi da 622 a 624 dell’articolo 1 legge di Bilancio 2022 (legge 234/2021) vanno fatte due precisazioni, la prima sul fronte soggettivo l’altra su quello oggettivo. In primo luogo sono interessati all’allungamento dell’ammortamento del maggior valore rivalutato solo i soggetti che hanno operato in base all’articolo 110 del Dl 104/20 che risulta l’unica norma modificata dalla legge di Bilancio 2022. Ciò significa che le imprese alberghiere e termali che hanno rivalutato marchi fruendo dell’articolo 6 bis del Dl 23/20 (rivalutazione gratuita) non subiscono affatto l’allungamento a 50 anni, nemmeno se la rivalutazione fosse eseguita nell’esercizio 2021, ipotesi prevista dal citato articolo 6 bis. Inoltre non è chiaro se l’allungamento si applichi anche ai soggetti che in regime di contabilità semplificata hanno rivalutato i marchi d’impresa.

In secondo luogo i beni immateriali interessati sono i marchi (rivalutati o riallineati) e l’avviamento (riallineato) non altri beni, posto che la norma fa riferimento alle immobilizzazioni che in base all’articolo 103 del Tuir presentano un periodo ammortamento ordinario di 18 anni. Ciò significa che altri beni immateriali rivalutati con imposta sostitutiva del 3%, e che presentano un periodo di ammortamento molto più breve (ad esempio i brevetti il cui ammortamento è deducibile anche al 50% del costo per annualità) non sono interessati dalla penalizzazione, il che appare strano poiché la norma è esplicitamente diretta a temperare l’erosione erariale provocata da una rivalutazione eseguita a basso costo di imposta sostitutiva.

Ambiti operativi e criticità

Il meccanismo applicativo del comma 622 opera in tre ambiti:

la deducibilità dell’ammortamento in capo al soggetto che ha rivalutato/riallineato;

la deducibilità dell’eventuale minusvalenza in sede di trasferimento o perdita del bene immateriale;

la deducibilità dell’ammortamento in capo all’ eventuale acquirente del bene immateriale rivalutato dal cedente.

Il secondo ambito presenta un passaggio criptico che dovrà essere interpretato poiché nell’attuale comma 8 ter dell’articolo 110 Dl 104/20 (cosi come modificato dalla legge di Bilancio 2022) si afferma letteralmente che sono deducibili (benchè nell’arco temporale di 50 anni) le minusvalenze sia in caso di cessione a titolo oneroso ed eliminazione dal processo produttivo (ipotesi di minusvalenze realizzate) sia in caso di assegnazione ai soci o destinazione a finalità estranee all’esercizio di impresa o al consumo personale (ipotesi di minusvalenze non realizzate). Ora è noto che le minusvalenze non realizzate non sono in alcun modo deducibili ex articolo 101, comma 1 del Tuir, e pertanto sembrerebbe strano che esse lo diventino in forza di una norma che intendeva limitare l’impatto sull’imponibile di questi componenti negativi.

Il terzo ambito presenta molte criticità non esaminate nella norma, laddove impone all’acquirente di considerare le scelte di colui che ha ceduto il marchio al fine di eseguire correttamente il proprio ammortamento del bene acquisito. Ma la disposizione non prevede alcuna regola che disciplini il trasferimento delle informazioni sulla rivalutazione dal cedente all’acquirente e quindi ci si chiede come agire se il primo (legittimamente dal suo punto di vista) non fornisce all’acquirente le informazioni in merito al maggior valore rivalutato e alla entità della minusvalenza realizzata.

Vie d’uscita costose

Le due vie di uscita al comma 622 sono il versamento di un conguaglio di imposta sostitutiva o la revoca della disciplina fiscale della rivalutazione, ma entrambe presentano notevoli controindicazioni: basti pensare, nel secondo caso, che a fronte del rimborso della sostitutiva del 3% verranno comunque vanificate le spese professionali sostenute per determinare il valore di mercato del marchio.

LE DUE ALTERNATIVE

1 Conguaglio dell’ imposta sostitutiva

Per conservare l’ammortamento ordinario sul bene rivalutato è possibile aggiungere alla sostitutiva del 3% la differenza prevista dall’articolo 176 comma 2 ter del Tuir cioè, nell’ipotesi di beni non superiori a 5 milioni euro, un ulteriore 9%. Il conguaglio deve avvenire in due rate da versare entro il saldo del modello redditi 2022 e il saldo di quello 2023. Pare ovvio aggiungere che va depurato dal versamento del conguaglio non l’imposta sostitutiva dovuta per la rivalutazione ma solo quella versata se , come prevedibile, si è versato solo la prima rata della stessa. Va segnalato che a fronte del medesimo costo di sostitutiva previsto per operazioni aggregative, nel caso della rivalutazione “conguagliata” vi è la differenza non trascurabile della formazione di una riserva in sospensione di imposta.

2 La revoca della rivalutazione

Il comma 624 della legge di Bilancio 2022, a fronte della penalizzazione promulgata. permette di revocare la scelta per l’efficacia fiscale della rivalutazione, con conseguente rimborso della imposta sostitutiva versata, o compensazione della medesima. Tutto ciò sarà regolato dal un provvedimento dell’agenzia delle Entrate che stabilirà anche la scadenza di tale scelta. È chiaro che con la revoca viene meno lo stato di sospensione di imposta del saldo attivo (con necessità di stanziare le imposte differite) e, nel caso in cui la comunicazione avvenga dopo la chiusura dell’esercizio 2021, dovrà essere gestita la deduzione della quota d’ammortamento sul valore rivalutato già stanziata nel 2021 stesso.

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