Imposte

Avvocati e ingegneri, il Fisco considera l’attività e la forma societaria

immagine non disponibile

L’esercizio della professione forense ha sempre costituito un caso a sé stante nella scelta del modello societario. Già dal 2001, con il Dlgs 96, si era previsto un superamento della forma studio associato ex legge 1815/1939 a favore di un modello societario specifico (società in nome collettivo) legittimamente utilizzabile per esercitare la libera professione.
La forma giuridica ex Dlgs 96/2001 si caratterizzava per il fatto che tutti i soci dovessero presentare la qualifica professionale di avvocato, e ciò valeva anche in caso di subentro degli eredi del socio deceduto. Questo modello è stato sostituito nel 2012 dalla cosiddetta Sta ( legge 247/2012), Società tra avvocati, che presenta analogie con la Stp, nel senso che è ammessa la presenza di soci non avvocati, ma i soci avvocati devono detenere la maggioranza almeno per 2/3 dei diritti di voto e partecipazione al capitale. Inoltre, la forma giuridico-societaria è più flessibile, potendosi scegliere tra la varie possibilità espresse dal Codice civile, quindi dalla società di persone a quella di capitale, compresa la società cooperativa.
Tema delicato oggi è verificare il rapporto tra i due modelli societari, nel senso che si può affermare la sopravvivenza delle società tra avvocati secondo il modello del Dlgs 96/2001 anche dopo l’avvento delle Sta, ma prevale la tesi secondo cui dal primo gennaio 2018 è possibile costituire solo società tra avvocati, di cui alla legge 247/2012 (si veda la Cassazione a Sezioni unite 19282/2018).
Le conseguenze fiscali di tali scelte sono l’aspetto più interessante, e dimostrano un pensiero non sempre coerente da parte delle Entrate. Con riferimento alla società tra avvocati di cui al Dlgs 96/2001, l’Agenzia mette in risalto, nella risposta 118/2003, più l’attività svolta che il contenitore societario: «(...) inducono, invece, a ritenere che il modello societario delineato risulti del tutto peculiare rispetto alla società in nome collettivo, proprio in considerazione della specificità dell’oggetto sociale, per cui, attraverso l’utilizzo del modello societario non viene meno il carattere professionale e personale della prestazione di assistenza legale».
Dunque, il fatto che la società sia in nome collettivo (e quindi fiscalmente appartenente al mondo del reddito d’impresa) non è importante, mentre centrale è l’attività svolta che permette di qualificare il reddito prodotto come reddito da lavoro autonomo.
Al contrario, con la risposta 35/2018, analizzando la tipologia reddituale prodotta dalla società di avvocati di cui alla legge 247/2012, costituita sottoforma di società di persone o di capitali, il contenitore societario diventa rilevante, tanto che si conclude che il reddito prodotto sia necessariamente d’impresa.
Per quanto attiene invece alle società di ingegneria, (le cui fonti normative possono essere individuate nel Dlgs 50/2016 e nel Dm 263/16) , due sono i presupposti in presenza dei quali si realizza la particolare tipologia societaria:
Ola costituzione sotto forma di società di capitali;

Ol’esercizio di attività tipiche dell’ingegnere.

La risposta 56/2006, ancora una volta dà rilievo al contenitore societario più che alla attività svolta, concludendo che il reddito prodotto non può che essere ricondotto alla tipologia del reddito d’impresa. Conseguenza di tale assunto è che il sostituto d’imposta non deve operare alcuna ritenuta d’acconto sulle prestazione eseguite dalla medesima società.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©