Imposte

Boom del forfettario tra i professionisti e i consulenti d’impresa

Nel 2022 ha aderito oltre il 70% delle partite Iva singole nell'Ict e nei servizi alle aziende. Opzioni più che raddoppiate rispetto al 2016. La delega indica la flat tax come obiettivo

L’eccezione diventa la regola. Il regime forfettario è stato scelto dal 66% dei professionisti nelle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2022. E da oltre il 70% degli autonomi nel campo dei servizi informatici, dei servizi alle imprese, dello sport e dell’intrattenimento. In generale, quasi metà dei 3,7 milioni di titolari di partita Iva individuale (il 48,5%) ha optato per la flat tax. E la percentuale è destinata a salire ancora nelle dichiarazioni reddituali successive, visto che la manovra per il 2023 ha elevato da 65mila a 85mila euro la soglia massima di ricavi o compensi che permette di entrare (o restare) nel regime agevolato. Con le nuove aperture di partita Iva, si può stimare che gli aderenti oggi siano già arrivati a 2-2,1 milioni.

I NUMERI

Gli aumenti alle soglie

Nato con la manovra finanziaria per il 2015 come sistema semplificato per le piccole attività, il forfait ha praticamente raggiunto la diffusione della tassazione ordinaria. Nelle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2016 la flat tax delle partite Iva – unita al regime dei vecchi minimi – era stata usata solo dal 19,1% dei professionisti e degli autonomi. Ma all’epoca aveva soglie di ricavi differenziate a seconda del codice Ateco e variabili da 15mila a 40mila euro (oltre ad altri vincoli più stringenti sul costo dei beni strumentali e i compensi ai collaboratori).

In questa progressione, un primo salto è avvenuto nel 2016, con un ritocco delle soglie, poi seguito da un balzo maggiore nel 2019, quando il limite di ricavi o compensi è stato uniformato per tutte le categorie e innalzato a 65mila euro. Un incremento che si è fatto sentire soprattutto per le attività più distanti da tale livello: tra i settori più “popolosi”, manifattura, costruzioni e commercio hanno più che triplicato il tasso di adesioni.

I rischi del successo

Quando si discuteva di riforma fiscale sotto il Governo Draghi, alcune forze politiche si erano spinte a ipotizzare la chiusura del regime forfettario. La riforma avviata dalla maggioranza di centrodestra, al contrario, non solo fa salvo il forfait, ma nel disegno di legge delega (Ac 1034) indica la flat tax come forma di tassazione generale da raggiungere gradualmente nel corso della legislatura. Un primo tassello è già entrato in vigore lo scorso 1° gennaio con la flat tax incrementale del 15% sugli aumenti di reddito realizzati nel 2023 dai titolari di partita Iva che non applicano il regime forfettario.

È chiaro, però, che nel passaggio a un’imposta piatta “per tutti” bisognerà fare i conti con il successo di un regime agevolato ormai di massa, che ha abituato i beneficiari a calcolare il reddito con i coefficienti di redditività (senza sottrarre i costi in via analitica), pagando il 15% – o addirittura il 5% per le nuove attività – anziché l’Irpef e le addizionali, e fatturando senza applicare l’Iva (con tutto ciò che ne consegue anche a livello di concorrenza sui prezzi). Sono sempre le statistiche delle Finanze a indicare che quasi 2 milioni di autonomi su 3,7 non hanno presentato la dichiarazione Iva nel 2022, per lo più grazie al forfait.

Il fatto che il regime sia riservato alle attività individuali può indurre le imprese al “nanismo” e gli studi associati a dividersi, così che i singoli professionisti possano fruire del forfait. Gli effetti distorsivi sono stati anche evidenziati dalla Banca d’Italia nella recente relazione annuale 2022: le imprese individuali che hanno dichiarato un fatturato appena sotto la soglia d’accesso sono state di circa il 40% superiori a quelle che si sarebbero osservate senza il regime agevolato nel periodo 2005-19. In altri termini, «le imprese appena sotto la soglia hanno avuto tassi di crescita del fatturato in media significativamente inferiori alle altre», lasciando ipotizzare – in alcuni Comuni e settori di attività – diffusi fenomeni di sottodichiarazione dei ricavi. Un altro elemento da analizzare nella lunga marcia verso la flat tax per tutti.

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