Brevetti e licenze, la chance della rivalutazione distinta
Anche per l’esercizio 2016 le aziende si ritroveranno con l’opzione di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa con effetto contabile e fiscale alla data del 31 dicembre 2016 (articolo 1, commi 556 e seguenti, della legge di Bilancio, 232/2015).
L’opzione si rivela particolarmente interessante riguardo ai beni immateriali, che tra l’altro possono essere oggetto di distinte rivalutazioni, al contrario dei beni materiali che invece devono essere presi in considerazione per classi omogenee. Possono essere quindi rivalutati, in linea generale, quei beni immateriali che siano presenti e nel possesso aziendale al 31 dicembre 2015 ed ancora nella disponibilità al 31 dicembre 2016. Vi rientrano anche i beni immateriali che siano stati integralmente ammortizzati.
Vedi i cinque step per la rivalutazione
Si discute quindi sulla possibilità di rivalutare quegli intangibili che non siano mai stato oggetto di iscrizione patrimoniale. Pur in assenza di una esplicita presa di posizione da parte dell’Agenzia, la stessa si è espressa favorevolmente alla rivalutazione degli intangibili solo spesati e non capitalizzati ovvero di quegli intangibili sui quali siano state sostenute comunque delle spese.
Tre sono gli interventi che fanno propendere per tale situazione:
• sia l’articolo 2, comma 2, del Dm 162/2001, sia la circolare ministeriale 207/2000 al punto 1.2.1 affermano che i beni immateriali possono essere rivalutati nel caso in cui siano ancora tutelati giuridicamente (sia al 31 dicembre 2015 sia al 31 dicembre 2016), a prescindere dal fatto che i suddetti beni siano completamente ammortizzati;
• in una “vetusta” ma quanto mai attuale risoluzione ministeriale (la 9/611 del 10 agosto 1991) si riconosce la possibilità di avvalersi della tassazione frazionata (articolo 86, comma 4, Tuir) nel caso in cui l’intangibile sia stato spesato a conto economico tempo addietro (il caso riguardava un marchio di proprietà della società ma mai iscritto fra le attività poiché transitato solo a conto economico);
• la norma prevede la possibilità di rivalutare anche i beni di valore inferiore a 516,46 euro che transitano solo a conto economico e non a stato patrimoniale con l’evidente “necessità” di includere anche i beni immateriali per non creare una disparità di trattamento fiscale fra le due fattispecie.
I soggetti interessati
Sono interessati alla rivalutazione degli intangibili tutte le imprese a prescindere dall’impianto contabile adottato. Vi rientrano quindi sia le imprese individuali, sia le società di persone e le società di capitali, ivi comprese le società tra professionisti.
I beni immateriali
La norma permette di effettuare la rivalutazione dei seguenti beni immateriali:
• brevetti;
• diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno;
• licenze;
• marchi;
• know how;
• diritti assimilabili a quelli precedenti.
Una delle criticità maggiori consiste nell’identificazione e nella perimetrazione del concetto di know how che, come previsto dalla norma, può essere oggetto di rivalutazione.
Sulla questione della perimetrazione è necessario, tuttavia, premettere che spesso sia la prassi sia la giurisprudenza pongono estrema attenzione sulla necessità di distinguere in modo adeguato il concetto di avviamento da quello di know how. Nel caso di specie, infatti, mentre l’avviamento non è rivalutabile, il know how lo è.
Dubbi esistono invece rispetto alla possibilità di rivalutare le voci inserite nelle classe «Altre Immobilizzazioni» (si pensi a un software personalizzato così classificato dall’Oic 24). Discorso diverso per le «Immobilizzazioni in corso» che possono rientrare fra quelle agevolabili, purché siano relative a intangibili classificabili, una volta terminati, fra quelli rivalutabili (circolare 13/E del 4 giugno 2014 - paragrafo 1).
Spese di ricerca e sviluppo
Viceversa, non possono essere oggetto dell’agevolazione in questione tutti quegli investimenti che sono stati oggetto di capitalizzazione all’interno della voce generica degli oneri pluriennali. In particolare, non vi rientrano né i costi di impianto e ampliamento né tanto meno quelli classificabili fra i costi di sviluppo. Questi ultimi sulla base del nuovo principio contabile sono rimasti iscrivibili a differenza delle spese di ricerca, che non sono più capitalizzabili.
Rivalutazione ai fini civilistici
Ai fini civilistici, la rivalutazione deve avvenire avendo cura di rispettare le seguenti disposizioni (Oic 24):
• il limite massimo di valore rivalutabile non può eccedere il valore recuperabile;
• per «valore recuperabile» deve intendersi il maggiore fra il valore d’uso e il suo fair value. Rispetto a quanto poc’anzi affermato, ai fini operativi interviene l’Oic 9 che concerne e disciplina proprio il valore recuperabile. In particolare concentra la propria attenzione sul concetto di valore d’uso dove lo stesso è inteso quale risultato dell’attualizzazione dei flussi finanziari netti (e quindi un reddito economico – si veda il paper dell’Oiv sul Patent box) scaturenti da quell’asset. L’arco temporale di questa attualizzazione non deve superare il quinquennio.
Vedi i cinque step per la rivalutazione