Imposte

«Carried interest», in bilico l’utilizzo delle ritenute estere

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di Francesco Avella

I benefici fiscali derivanti dalle nuove norme in materia di carried interest (introdotti con l’articolo 60 del Dl 50/2017, convertito con modificazioni dalla legge 96/2017) rischiano di essere vanificati senza un adeguato coordinamento con la disciplina sul credito per le imposte estere (articolo 165 del Tuir).

Il meccanismo

L’assimilazione del carried interest a redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria, che intende dare accesso al regime di imposizione sostitutiva tipicamente applicabile a tali redditi (26%), potrebbe limitare lo scomputo delle imposte estere, comportando un carico fiscale complessivo ben superiore per i manager.

In dettaglio, l’assimilazione del carried interest a redditi di capitale potrebbe condurre a due scenari.

Utili da partecipazione. Il carried interest potrebbe essere qualificato come utili da partecipazioni (non qualificate), laddove la remunerazione sia totalmente indeducibile nello Stato di residenza dell’emittente. Per tali redditi non spetta il credito per le imposte estere (articolo 18 del Tuir) e, al più, spetta il cosiddetto “netto frontiera” che ammette soltanto di dedurre dalla base imponibile le imposte estere (articolo 27, comma 4-bis, del Tuir). In questo caso la tassazione subita all’estero andrebbe ad aggiungersi al 26% dovuto in Italia, con la sola lieve attenuazione derivante dal “netto frontiera”.

Altro reddito di capitale. Laddove la remunerazione sia deducibile nello Stato di residenza dell’emittente, il carried interest potrebbe essere qualificato come altro reddito di capitale idealmente soggetto ad imposizione sostitutiva del 26 per cento. In tal caso, il credito per le imposte estere spetta soltanto in caso di opzione per la tassazione ordinaria (articolo 18 del Tuir). Per beneficiare del credito d’imposta sarebbe necessario assoggettare il reddito ad aliquota Irpef marginale (si ipotizzi il 43%) e la tassazione subita in Italia, pur scomputando detto credito, potrebbe eccedere persino quel 26% che sarebbe stato pagato senza richiedere il credito d’imposta, con un carico fiscale complessivo facilmente superiore.

Infine, l’assimilazione del carried interest a redditi diversi di natura finanziaria, assoggettati ad imposta sostitutiva (articolo 5 del Dlgs 461/97), precluderebbe ugualmente il credito per imposte estere, con analoghe conseguenze penalizzanti.

Le tutele

Queste limitazioni sembrano, però, superabili facendo leva sulla ratio della norma di dare accesso all’imposizione sostitutiva al 26% come carico fiscale complessivo.

Le limitazioni, inoltre, sembrano superabili in tutti i casi in cui è applicabile una convenzione contro le doppie imposizioni che non precluda il diritto al credito per le imposte estere in caso di imposizione sostitutiva. Non sembrano preclusive, in tal senso, quelle convenzioni che prevedono che il credito non spetti «ove l’elemento di reddito è assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta su richiesta del beneficiario del reddito», posto che il regime di imposizione sostitutiva applicabile ai redditi di capitale e ai redditi diversi di natura finanziaria non è richiesto dal contribuente, ma è fisiologico (nel caso degli utili da partecipazione e dei redditi diversi è persino l’unico disponibile).

A sostegno della necessità di garantire un carico fiscale complessivo del 26%, rileva anche l’opportunità di non restringere la libera circolazione dei lavoratori e dei capitali, in linea con i principi ispiratori del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue).

Per casi analoghi, la Corte di giustizia ha adottato un approccio restrittivo (causa C-513/04 e cause riunite C-436/08 e C-437/08), ma ciò non toglie che negare lo scomputo delle imposte estere penalizzerebbe i manager che ricevono carried interest esteri rispetto a quelli che ricevono carried interest italiani.

I modelli di dichiarazione

Infine, all’atto pratico, per ottenere lo scomputo delle imposte estere dalla sostitutiva del 26%, sarebbe necessario un adeguamento dei modelli di dichiarazione dei redditi a partire da quelli riguardanti il periodo d’imposta 2017. I quadri RM ed RT, infatti, al momento non consentono lo scomputo dall’imposta sostitutiva.

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