Controlli e liti

Cartelle, spazio alla sanatoria liti quando è il primo atto notificato

Definizione agevolata per il ruolo da liquidazione automatizzata delle imposte. La cartella deve essere stata impugnata per vizi propri o per il merito della pretesa

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

La cartella derivante dalla liquidazione della dichiarazione quale primo atto impositivo notificato al contribuente rientra nella definizione delle liti pendenti solo se impugnata per vizi propri o per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva. A fornire questo importante principio sono le Sezioni Unite con la sentenza 18298 depositata il 25 giugno.

La pronuncia dovrebbe porre fine alla lunga querelle tra contribuenti e amministrazione finanziaria la quale ha sempre negato la possibilità di definizione delle liti relativa a cartelle emesse a seguito della liquidazione delle dichiarazioniL’intervento dell’alto consesso era stato sollecitato dalla Sezione tributaria della Suprema corte con l’ordinanza 1913/2021 (si veda l’articolo).

La questione affrontata – trattando una vicenda particolarmente diffusa in vigenza dell’ultima definizione (Dl 119/2018) – è stata molto dibattuta in occasione delle varie normative che hanno consentito negli anni la definizione delle liti pendenti.

In estrema sintesi, il contribuente in presenza di contenziosi relativi a cartelle ex articolo 36-bis del Dpr 600/73, ha aderito alla definizione della lite ritenendole atti impositivi.

Gli uffici hanno invece sempre escluso la definizione rilevando che non si è in presenza di atto impositivo, ma meramente liquidatorio poiché si limita a pretendere le imposte già indicate dal contribuente.

A seguito di tali rigetti si sono generati numerosi contenziosi, che hanno determinato tre differenti orientamenti della Suprema corte.

Il primo (Cassazione 20058/2020, 27271/2019) più favorevole al contribuente ritiene «atto impositivo» qualunque atto fiscale non preceduto da altro provvedimento. La relativa controversia è poi definibile se tale atto sia impugnato o impugnabile per vizi di merito, anche se non aumenta le imposte dichiarate e anche se l’errore, da cui eventualmente origina l’impugnazione, non sia allegato nel ricorso introduttivo.

Il secondo (Cassazione 26522/2020, 18397/2020) decisamente più restrittivo, afferma che la cartella ex articolo 36-bis Dpr 600/73 non può essere considerata atto impositivo, in quanto si tratta di una pretesa che deriva da una mera liquidazione dei tributi indicati in dichiarazione e senza alcuna discrezionalità dell’Amministrazione

Per il terzo orientamento (mediano rispetto agli altri due) la controversia può rientrare nella definizione della lite solo se la cartella costituisce primo atto impositivo e vi sia controversia effettiva, sulla legittimità, sotto qualsiasi profilo della pretesa, tranne che su aspetti relativi a errori di calcolo.

Le Sezioni Unite hanno sostanzialmente aderito al primo orientamento affermando che la controversia avverso una cartella di pagamento conseguente al controllo automatizzato ex articolo 36-bis Dpr 600/73, è definibile in forma agevolata se sia il primo atto col quale la pretesa è stata comunicata al contribuente e come tale impugnabile non solo per vizi propri ma anche per motivi attinenti al merito.

Ciò anche in coerenza con il principio di emendabilità in sede contenziosa della dichiarazione dei redditi quale dichiarazione di scienza.

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