Cedolare affitti contestata se l’inquilino è un’impresa: il rebus alla prova della delega
Nuove pronunce favorevoli ai contribuenti, ma il contenzioso resta elevato. Locatori senza certezze da più di 12 anni in attesa della Cassazione o di una norma
La delega fiscale cita la cedolare secca per gli immobili a uso diverso, ma non si occupa di una questione che da più di dieci anni fa litigare Fisco e contribuenti: il caso in cui un’abitazione è affittata a un’impresa (vedi lo Speciale sulla delega fiscale).
Fin dal 2011, le Entrate sostengono che il locatore non può applicare la cedolare se l’inquilino è un’impresa, un autonomo o un professionista, neppure se l’affitto è stipulato a fini abitativi (foresteria, abitazione data in uso gratuito a dipendenti o collaboratori e così via). Molti contribuenti – probabilmente la maggioranza – in questi casi rinunciano ad applicare la tassa piatta e restano in tassazione ordinaria, pagando spesso più del doppio di imposte (tra registro, bollo, Irpef e addizionali). Qualcuno, invece, opta comunque per la cedolare. Poi, una volta ricevuto un avviso di accertamento per il mancato versamento dell’imposta di registro, inizia il contenzioso.
Per ora non si hanno notizie di pronunce della Cassazione.
In mancanza di una parola definitiva della Suprema corte, i giudici di merito hanno dato finora indicazioni diverse: spesso a favore del contribuente (da ultimo la Cgt Lombardia 2258 del 17 luglio scorso; si veda l’articolo «Cedolare secca anche per conduttori imprese»), ma anche a favore delle Entrate (tra le altre la Ctr Veneto 562/7/202, si veda l’articolo «Un altro ok dei giudici alla cedolare quando l’inquilino è una società»).
Gli argomenti pro e contro
L’argomento delle Entrate si basa sulla norma istitutiva della cedolare secca (in particolare il comma 6 dell’articolo 3 del Dlgs 23/2011), che esclude l’applicazione delle norme sulla cedolare «alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa, o di arti e professioni». La locazione, dicono le Entrate, sarebbe “effettuata” anche dall’inquilino imprenditore.
Secondo la difesa dei contribuenti – fatta propria praticamente da tutte le pronunce favorevoli ai locatori – la legge, semplicemente, non prevede alcun requisito soggettivo in capo al conduttore; perciò la restrizione del campo applicativo della tassa piatta è contra legem.
Un’altra argomentazione utilizzata dal Fisco si basa sul fatto che il decreto casa del 2014 (Dl 47/2014) ha esteso il perimetro applicativo della cedolare – a certe condizioni – ai contratti stipulati nei confronti di cooperative edilizie o enti senza scopo di lucro. Secondo le Entrate, «la circostanza che il legislatore abbia individuato in maniera puntuale le ipotesi in cui è possibile estendere l’ambito applicativo della cedolare secca, definendo le condizioni, esclude che detta estensione possa essere effettuata in via interpretativa» (circolare 12/E/2016, par. 3.2).
È una tesi, peraltro, già bocciata da diverse pronunce. Tra le tante, la sentenza 257 del 9 agosto 2022 della Ctr dell’Umbria spiega che la norma aggiunta nel 2014 «ha una finalità ben diversa dalla disciplina originariamente dettata in tema di cedolare secca, essendo rivolta a favorire la disponibilità di alloggi a favore degli studenti universitari» e perciò «introduce una fattispecie straordinaria che amplia il perimetro del favor fiscale originariamente riconosciuto dalla legge istitutiva della cedolare secca e che non può certamente essere utilizzata, all’incontrario e paradossalmente, per ridurre l’ambito di applicazione della prima».
La scelta del locatore e la registrazione
Il risultato è che, a più di 12 anni dall’introduzione della cedolare secca, chi ha l’occasione di affittare una casa a una società resta di fronte al dilemma: seguire le indicazioni delle Entrate (e pagare quasi sempre più imposte) o rischiare un contenzioso dall’esito comunque incerto?
La scelta dipende dalla situazione personale del contribuente, dalla sua propensione al rischio, ma anche dall’ammontare del canone in gioco. In alcuni casi, tra l’altro, risulta che siano state le stesse imprese in veste di conduttore a condizionare la stipula del contratto all’applicazione della tassazione ordinaria, per evitare di trovarsi coinvolte in una lite con il Fisco sul pagamento dell’imposta di registro (ovviamente, per la quota parte riferita all’inquilino).
Un aspetto pratico, ma non banale, è come optare per la cedolare se il conduttore è un imprenditore. La registrazione telematica tramite il modello RLI non consente di procedere, perché si verifica un errore bloccante. E ciò impone di ricorrere a vari espedienti:
• una prima via è quella di tentare la registrazione cartacea, consegnando all’ufficio il modello RLI compilato con i dati del conduttore-impresa (e, se del caso, facendo leva sul diritto del cittadino di presentare qualsiasi modello) oppure trasmettendolo per raccomandata o via Pec;
• un’altra soluzione è procedere con la registrazione iniziale del contratto – telematica o presso l’ufficio – restando in tassazione ordinaria e poi trasmettere per raccomandata o via Pec il modello RLI con adempimento successivo per passare in cedolare secca dalla seconda annualità contrattuale. È una via più sicura rispetto alla prima, perché evita al locatore il rischio di vedersi contestata l’omessa registrazione del contratto, anche se chiaramente impone di pagare la tassazione ordinaria per il primo anno;
• una terza strada è quella di registrare il contratto sempre con tassazione ordinaria e poi fare immediatamente istanza di rimborso, sulla base del fatto che RLI impedisce la registrazione del contratto con impresa conduttrice: a quel punto, di fronte all’ovvio diniego di rimborso, è il contribuente ad avviare la lite.
Le analogie con il 55% sui fabbricati strumentali
Vista in prospettiva, tutta la vicenda ricorda quella della possibilità di applicare l’ecobonus (all’epoca al 55%) agli immobili strumentali delle imprese, a lungo negata dalle Entrate e poi risolta da alcune pronunce della Cassazione dopo oltre dieci anni di contenzioso tra Fisco e contribuenti. È stata una storia lunga, e alla fine molti contribuenti si sono visti dare ragione quando ormai avevano perso le agevolazioni e/o era troppo tardi per chiederle a rimborso.
Di certo, l’attuazione della delega fiscale potrebbe offrire l’occasione ideale per chiudere questo capitolo della tassa piatta, e non solo per occuparsi della futura cedolare sugli immobili a uso diverso (vedi l’articolo «Cedolare secca sui negozi: spunta l’aliquota al 15% per i piccoli centri»).