Imposte

Cessione del credito: competenza fiscale basata sul contratto

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di Stefano Mazzocchi

Nell’ambito di una cessione del credito, ai fini della maturazione e imputazione della plusvalenza, la competenza fiscale e contabile dev’essere determinata dal periodo d’imposta in cui si perfeziona il contratto. Il momento in cui il cessionario incassa il corrispettivo dal debitore è, quindi, irrilevante. Il principio è stato affermato dalla Ctr Lombardia con la sentenza 1796/14/2017 (presidente Marini, relatore Trinca Colonel), depositata lo scorso 21 aprile.

La questione sottoposta all’esame dei giudici meneghini prendeva le mosse da un avviso di accertamento con il quale l’agenzia delle Entrate recuperava a tassazione, ai fini Ires, una plusvalenza derivante dalla cessione di crediti, a suo dire non rilevata dalla società cedente (in violazione dell’articolo 86 del Tuir).

La pretesa erariale si fondava sulla presunzione che questa plusvalenza fosse da considerarsi certa e definitiva nel 2006 e, quindi, dovesse concorrere necessariamente a formare il reddito d’impresa proprio in quel periodo d’imposta.

Per la società, invece, tutte le operazioni da cui sarebbero derivate le plusvalenze in esame, sarebbero state compiute fuori dal periodo d’imposta 2006: in particolare, nell’esercizio precedente, nel corso del quale si perfezionò il contratto di cessione.

I giudici di primo grado davano ragione all’amministrazione, disattendendo così le lamentele della società.

La pronuncia di primo grado, però, viene sovvertita in appello. La Ctr Lombardia, fermo restando che di plusvalenza tassabile si stesse trattando, approda a una diversa conclusione per quanto attiene l’individuazione dell’ambito temporale dell’operazione.

In effetti, spiega la commissione regionale, è da considerarsi del tutto irrilevante la circostanza che il cessionario del credito avesse terminato la riscossione dal debitore il 1° aprile 2006, poiché nella fattispecie le cessioni erano avvenute nel 2005 con la clausola pro soluto (cioè senza azione di regresso).

La pronuncia fa chiarezza su un aspetto che sino ad oggi non aveva mai registrato prese di posizione così nette. I principi elaborati dai giudici lombardi collegano il trattamento tributario di un negozio tipico – quale è appunto la cessione di credito, disciplinata dal codice civile – al principio di competenza, consacrato dall’articolo 109 del Tuir.

Infatti rappresenta un principio generale del nostro ordinamento tributario la regola secondo la quale i proventi concorrono alla determinazione del reddito dell’esercizio di competenza. Nel caso in esame, quindi, i giudici hanno ravvisato la sussistenza dei due requisiti chiave prescritti dalla normativa, ai fini dell’applicazione del principio di competenza:
• la «certezza»;
• la «determinabilità oggettiva» del singolo componente reddituale.

Verifica, questa, che – come insegnato dalla giurisprudenza, anche di legittimità – va condotta sulla base delle circostanze concrete che caratterizzano la singola fattispecie.

Nell’ambito di una cessione di crediti, quindi, la certezza e la determinabilità del componente reddituale dovrà necessariamente discendere dalla lettura del relativo contratto. Questo orientamento rafforza il nuovo orientamento legislativo in cui la sostanza degli effetti economici e civilistici rilevano più che la forma “tributaria” nelle fattispecie d’impresa.

Ctr Lombardia 1796/14/2017

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