Adempimenti

Cessione dei terreni, l’edificabilità cerca confini più precisi

di Giorgio Gavelli e Gian Paolo Tosoni

Il terreno che viene trasferito è da qualificarsi edificabile o ancora agricolo? Nonostante il legislatore abbia cercato, più di dieci anni fa, di omogeneizzare il concetto di area edificabile nell’ambito dei vari tributi interessati, il contenzioso è ancora abbastanza frequente, soprattutto per le situazioni “di confine”.

La definizione

L’articolo 36, comma 2, del Dl 223/2006 stabilisce che ai fini dell’imposta sui redditi, dell’Iva, dell’Ici (ora Imu) e dell’imposta di registro «un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo». Con tale disposizione, ritenuta a effetto retroattivo – a dire il vero un po’ forzatamente – sia dalla giurisprudenza (Corte costituzionale, ordinanza 41/2008 e Cassazione, Sezioni unite, 25506/2006) che dalla prassi (circolare 28/E/06), il legislatore intendeva mettere la parola fine al contenzioso relativo al momento a partire dal quale un’area possa essere definita come edificabile.

Le norme specifiche, infatti, non contengono una definizione precisa e utilizzano espressioni molto ampie (articolo 2, comma 1, Dlgs. 504/1992 per Ici/Imu) o ambigue (si pensi all’avverbio «suscettibili di utilizzazione edificatoria» di cui all’articolo 67 Tuir). L’attenzione, quindi, è stata posta sullo strumento urbanistico e sullo stato della procedura.

Risolto questo problema, tuttavia, ne sono emersi altri. Tralasciando l’oramai storico filone di contenzioso riguardante la cessione del fabbricato oggetto di demolizione e ricostruzione da parte dell’acquirente (su cui si veda Il Sole 24 Ore del 17 ottobre 2016), due questioni assai delicate riguardano:

il concetto di “edificabilità di fatto”, ricavabile, al di fuori degli strumenti urbanistici, da elementi indicativi concreti;

la (limitata) edificabilità consentita, a condizioni ben precise, anche nell’ambito delle aree agricole.

L’edificabilità di fatto

Il primo concetto valorizza una vocazione edificatoria dell’area, una potenzialità non riflessa da una previsione programmatica, ma ricavabile dall’esistenza di taluni fatti indice, come la vicinanza al centro abitato, lo sviluppo edilizio raggiunto dalle zone adiacenti, l’esistenza di servizi pubblici essenziali, la presenza di opere di urbanizzazione primaria, il collegamento con i centri urbani, e così via.

L’esame attento della giurisprudenza, tuttavia, consente di concludere che ciò riguarda esclusivamente situazioni che, abusivamente, si pongono al di là della pianificazione urbanistica. In sostanza, si è costruito dove non si poteva, ma questo, sotto l’aspetto tributario, non impedisce che si abbandoni la disciplina dell’area agricola per applicare quella dell’area edificabile o edificata.

Le modifiche «strumentali»

Ancora più delicato è il secondo concetto, secondo cui sarebbe edificabile il terreno sul quale lo strumento urbanistico vigente consenta, a qualunque titolo e per qualunque scopo, di edificare, compresa una potenzialità meramente strumentale alla destinazione agricola.

Questo principio, spesso fatto proprio dai Comuni in ambito Imu – anche per effetto di una definizione più ampia di area edificabile emergente dalla disciplina specifica di questo tributo – è stato però ridimensionato dalla recente sentenza 17 maggio 2017 n. 12324 della Corte di cassazione. Secondo tale pronuncia, infatti, un terreno in «zona agricola semplice» non può essere considerato edificabile.

In realtà, a parere di chi scrive, la potenzialità edificatoria strumentale all’attività agricola non può trasformare l’area in edificabile, anche perché, così ragionando, non sussisterebbe più alcuno spazio per le aree agricole. La possibilità di realizzare un fienile, una stalla, di allargare la casa colonica, non costituisce espressione di una potenzialità edificatoria tout court, ma, più semplicemente, delinea la possibilità di utilizzare meglio il terreno per lo scopo a cui è vocato, senza alterarne la natura.

Anche in questo caso, quindi, gli arresti giurisprudenziali che sembrano orientare diversamente, vanno riferite a situazioni limite (si veda la sentenza Cassazione 27096/2016), che non rappresentano certo l’ordinarietà concreta.

Vedi il grafico: Le indicazioni dei giudici

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