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Come contestare le fatture senza inversione

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di Giorgio Confente

La domanda

Quali obblighi e quali sanzioni si ravvisano a carico del cessionario/committente che riceve una fattura da un proprio fornitore con applicazione ordinaria dell'Iva, se la prestazione ricade nel regime del reverse charge? Il cessionario ha anche formalmente sollecitato il prestatore/cedente a rivedere la propria posizione, ma senza successo. A quali conseguenze andrebbe incontro il cessionario, e come potrebbe evitarle? - B.M.TERAMO

In caso di omessa applicazione del reverse charge, se il cessionario/committente non è un operatore soggetto a “pro rata”, la sanzione applicabile va da un minimo di 250 a un massimo di 10mila euro (articolo 6, comma 9–bis 1, del Dlgs 471/1997, entrato in vigore il 1° gennaio 2016). L'ufficio non può, in ogni caso, contestare al cliente la detrazione dell'imposta erroneamente esposta in fattura. Per evitare la sanzione, il cliente dovrebbe contestare formalmente la fattura, pagare al fornitore il solo valore imponibile e regolarizzare la fattura ricevuta applicando il reverse charge. A stretto rigore di norma, la procedura di regolarizzazione comporta anche l'invio di una copia della fattura ricevuta, integrata con il metodo del reverse charge, all'ufficio dell'agenzia delle Entrate territorialmente competente, in base al domicilio fiscale o alla sede legale del cessionario/committente. Infatti, secondo l'articolo 6, comma 8, del Dlgs 471/1997, il cliente che ha ricevuto una fattura “irregolare” deve presentare all'agenzia delle Entrate, entro il trentesimo giorno successivo a quello della sua registrazione, un documento integrativo, in duplice esemplare, il quale contenga le indicazioni ordinariamente previste dall'articolo 21 del Dpr 633/1972, che disciplina il contenuto della fattura.

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