Controlli e liti

Confisca allargata, faro della GdF sulle società a ristretta base azionaria

La circolare delle Fiamme gialle ai reparti sulle modifiche del Dl 124/2019. L’adesione alla cooperative compliance dei grandi soggetti può contribuire alla non punibilità

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

In presenza di reati tributari, la confisca per sproporzione e il preventivo sequestro sarà valutato più di frequente nei confronti delle aziende a ristretta base azionaria. Inoltre, non nelle imprese di maggiori dimensioni l’adesione al regime di cooperative compliance può contribuire alla non punibilità della società. Sono queste alcune indicazioni contenute nella circolare 216816/2020 della GdF relativa alle modifiche introdotte dal Dl 124/2019 al regime penale tributario.

A proposito del nuovo istituto del sequestro/confisca allargata la circolare ne suggerisce un utilizzo nelle ipotesi di violazioni commesse in forma continuativa o professionale (ad esempio fatturazioni inesistenti per più periodi di imposta) rispetto a singoli reati relative a un’annualità.

In sostanza, poiché questo tipo di confisca deve colpire in buona sostanza un arricchimento illecito protrattosi con condotte delittuose perpetrate negli anni, è più opportuno indirizzarlo verso casi di violazioni penali tributarie ripetute e continuative.

Inoltre, il nuovo istituto, secondo le indicazioni del documento di prassi, potrà trovare più concreta applicazione nei confronti delle società a ristretta base azionaria. Infatti è più probabile in questi casi, che l’autore del reato (in genere il rappresentante legale) abbia posto in essere l’illecito fiscale nel proprio interesse, essendo anche il proprietario dell’impresa. Ciò a differenza di società ad elevata base partecipativa dove spesso l’organo ammnistrativo è estraneo alla proprietà dell’azienda e, quindi, il responsabile dell’illecito penale di fatto non trae alcun beneficio (fiscale) dall’evasione.

Il documento esamina poi la rilevanza esimente dell’eventuale adesione da parte delle società al regime di cooperative compliance (Dlgs 128/2015) rispetto alla responsabilità delle società (Dlgs 231/2001). In sostanza l’introduzione della responsabilità delle persone giuridiche anche per taluni reati tributari comporta, in via generale, l’estensione a tali illeciti del sistema preventivo previsto dal Dlgs 231/2001. È necessaria, quindi, una specifica previsione (o la predisposizione) dei modelli organizzativi con mappatura delle attività sensibili, protocolli, obblighi informativi verso l’organismo di vigilanza, ecc.

Può tuttavia verificarsi che la società abbia aderito per finalità fiscali al regime di adempimento cooperativo (c.d. cooperative compliance) del Dlgs 128/2015.

Per l’acceso a tale regime l’interessato deve aver adottato un sistema di controllo del rischio fiscale.

La circolare pertanto valuta se l’adozione di tale sistema possa in qualche modo contribuire o addirittura a integrare comunque l’esimente prevista dal Dlgs 231/2001 in assenza evidentemente di modello organizzativo.

Secondo la circolare, in sintesi, poiché l’adempimento collaborativo ha finalità differenti rispetto al sistema preventivo di cui al Dlgs 231/2001, gli adempimenti conseguenti non sono sovrapponibili e occorrerà valutare caso per caso l’eventuale sussistenza dell’esimente in presenza dei solo obblighi previsti dal Dlgs 128/2015.

Tali condivisibili conclusioni sono tuttavia abbastanza irrilevanti ai fini operativi, per almeno due ragioni.

Innanzitutto, da quanto si apprende dal sito dell’agenzia delle Entrate (che riporta l’elenco nominativo delle imprese che hanno aderito al particolare regime), attualmente le società interessate (in tutta Italia) sono solo 41. In secondo luogo, non si considera che queste 41 società (in molti casi a partecipazione pubblica) e le altre che vi aderiranno hanno certamente già adottato il sistema preventivo previsto dal Dlgs 231/2001. E, con altrettanta certezza, estenderanno (ove già non l’abbiano fatto) tali adempimenti ai nuovi reati fonte di natura tributaria, non potendo avere dei modelli organizzativi non aggiornati. Ne consegue che l’ipotesi della società, che abbia aderito alla cooperative compliance, senza aver adottato i modelli organizzativi, resterà pressoché scolastica.


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