Controlli e liti

Sul conto cointestato non c’è sequestro totalitario

La sentenza 25427/2020 della Cassazione: va provata la riconducibilità delle somme alla persona indagata

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di Giovanni Negri

Va superato l’orientamento che permette di sequestrare l’intero importo di un conto corrente cointestato all’indagato e a persona estranea al reato. Questa la conclusione della Corte di cassazione, che in questo modo di discosta da suoi precedenti, con la sentenza 25427/2020 della sesta sezione penale, depositata l’8 settembre. La Corte ha così accolto il ricorso, contro l’ordinanza di sequestro finalizzato alla confisca, presentato dalla difesa di una dottoressa indagata per i reati di peculato, truffa aggravata ai danni dello Stato, abuso d’ufficio e false attestazioni. Parte della misura cautelare era stata effettuata su un conto intestato alla dottoressa e al suo ex marito, del tutto estraneo al reato.

La sentenza ricorda che in precedenza è stata la stessa Cassazione ad avvalorare una lettura delle norme favore a un estremo allargamento del perimetro della misura cautelare, sino a comprendere l’intero importo di un conto cointestato, senza dare alcuna rilevanza a presunzioni o vincoli disposti dal Codice civile sui rapporti tra creditore e debitore, lasciando poi al terzo estraneo di dimostrare di essere l’esclusivo titolare delle somme e quindi l’illegittimità della misura stessa.

Ora però la Cassazione mette in evidenza che a dovere essere accertata non è la materiale disponibilità da parte dell’indagato del denaro versato sul conto corrente cointestato, «quanto piuttosto il fatto che il denaro sia causalmente riconducibile allo stesso indagato, provenga cioè da questi, perché solo ciò consente di affermare, in ragione della sua fungibilità, che quel bene sia profitto o prezzo del reato».

L’analisi cioè deve essere spostata al momento precedente la costituzione della comunione sul denaro; in caso contrario verrebbe ammessa, in maniera generalizzata, la possibilità del sequestro finalizzato alla confisca diretta del prezzo o profitto del reato anche di beni che possono essere di proprietà di soggetti diversi dall’indagato. La comproprietà del denaro che si realizza successivamente al versamento di questo sul conto corrente cointestato con un soggetto “terzo estraneo”, chiarisce la sentenza, non rende cioè irrilevante l’accertamento della provenienza del denaro su quel conto.

Il sequestro totalitario finalizzato alla confisca diretta del denaro in giacenza sul conto corrente cointestato può allora essere disposta non sulla base di presunzione ma di una verifica, anche solo indiziaria, che il conto stesso è alimentato solo da somme dell’indagato. In mancanza di questa verifica, la misura cautelare può essere eseguita solo sulle somme direttamente riconducibili all’indagato.

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