I temi di NT+Modulo 24

Correzione degli errori contabili in cerca di punti fermi sulla rilevanza fiscale

Resta da chiarire se sono dovute le sanzioni su un ricavo registrato in ritardo che genera una sopravvenienza attiva e se la norma introdotta con il Dl 73/22 si applica anche agli errori rilevanti

di Giorgio Gavelli e Fabio Giommoni

La correzione degli errori contabili assume piena rilevanza fiscale, in virtù del principio di derivazione rafforzata, nell’esercizio in cui viene effettuata in conformità ai principi contabili adottati (Oic oppure Ias/Ifrs).

È questo l’effetto della disposizione contenuta nell’articolo 8, comma 1, lettera b), Dl 73/2022 (decreto Semplificazioni fiscali) che ha introdotto il seguente nuovo periodo nel comma 1, articolo 83 del Tuir: «I criteri di imputazione temporale di cui al terzo periodo valgono ai fini fiscali anche in relazione alle poste contabilizzate a seguito del processo di correzione degli errori contabili. La disposizione di cui al quarto periodo non si applica ai componenti negativi di reddito per i quali è scaduto il termine per la presentazione della dichiarazione integrativa di cui all’articolo 2, comma 8, del decreto del presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.». Effetto chiarito anche dalla relazione illustrativa al Dl 73/2022.

Il principio Oic 29 del dicembre 2016, emanato a seguito della riforma del bilancio d’esercizio di cui al Dlgs 139/2015, ha introdotto la disciplina per la rilevazione degli errori contabili per i soggetti che redigono il bilancio in base al Codice civile e ai principi contabili nazionali. Tale disciplina risulta sostanzialmente in linea con quella già prevista dallo Ias 8 nell’ambito dei principi contabili internazionali.

Secondo l’Oic 29 (paragrafo 44), l’“errore” consiste nell’impropria o mancata applicazione di un principio contabile se, al momento in cui viene commesso, le informazioni e i dati necessari per la sua corretta applicazione sono invece disponibili; possono verificarsi errori contabili a causa di errori matematici, di erronee interpretazioni di fatti, di negligenza nel raccogliere le informazioni e i dati disponibili per un corretto trattamento contabile.

Sempre secondo l’Oic 29 (paragrafo 47), la correzione deve avvenire nel bilancio dell’esercizio nel corso del quale l’errore stesso viene individuato e, nel contempo, sono disponibili le informazioni e i dati per il suo corretto trattamento, ma le modalità di correzione variano a seconda della tipologia dell’errore commesso in esercizi precedenti:

se l’errore è “rilevante”, gli effetti della correzione sono imputati sul saldo d’apertura del patrimonio netto dell’esercizio in cui si individua l’errore. Solitamente la rettifica viene rilevata negli utili portati a nuovo, ma vi sono casi in cui potrebbero essere più appropriate altre componenti del patrimonio netto;

se l’errore è “non rilevante”, gli effetti sono contabilizzati nel conto economico dell’esercizio in cui si individua l’errore. Tale contabilizzazione non avviene più nell’“area straordinaria” in quanto questa è stata eliminata dagli schemi del conto economico civilistico dallo stesso Dlgs 139/2015.

Un errore è rilevante (Oic 29, paragrafo 46) se può individualmente, o insieme ad altri errori, influenzare le decisioni economiche che gli utilizzatori assumono in base al bilancio. La rilevanza di un errore dipende dalla dimensione e dalla natura dell’errore stesso ed è valutata a seconda delle circostanze.

Le correzzioni pre Dl Semplificazioni fiscali

La disposizione in commento è assolutamente innovativa in quanto in precedenza si riteneva che le sopravvenienze attive e passive derivanti dalla correzione degli errori contabili non potessero concorrere a formare il reddito nell’esercizio in cui erano imputate in bilancio, in quantosi tratta di componenti del reddito di impresa “fuori competenza” , per cui per far assumere rilievo fiscale alla correzione dell’errore contabile era necessario presentare una dichiarazione integrativa in modo da rettificare il periodo di imposta precedente in cui il costo o ricavo doveva essere contabilizzato.

Il tema della rilevanza fiscale degli errori contabili si era riproposto all’indomani dell’introduzione del principio di derivazione rafforzata anche per i soggetti Oic (diversi dalle micro-imprese) ad opera dell’articolo 13-bis del Dl 244/2016; principio che era già applicato dai soggetti Ias adopter dal 2008.

In base alla derivazione rafforzata valgono, anche in deroga alle disposizioni del Tuir in materia di reddito di impresa, i criteri di “qualificazione”, “imputazione temporale” e “classificazione” in bilancio previsti dai principi contabili adottati dall’impresa (Oic o Ias/Ifrs).

Proprio in virtù di detto principio taluna dottrina aveva ritenuto che gli errori contabili potevano concorrere a formare il reddito nell’esercizio in cui sono imputati in bilancio, ma l’agenzia delle Entrate si era già espressa in senso negativo, con la circolare 31/E/2013, relativamente ai soggetti Ias adopter. Detto documento di prassi aveva chiarito che i componenti di reddito rilevati a seguito di errori di competenza non possono assumere rilievo nell’esercizio in cui avviene la correzione. Ciò sia nel caso in cui dalla correzione emerge una sopravvenienza passiva (articolo 101 del Tuir), che nel caso di sopravvenienza attiva (articolo 88 del Tuir). La sopravvenienza passiva non era quindi deducibile nell’esercizio in cui è contabilizzata, così come non era imponibile l’eventuale sopravvenienza attiva.

In altre parole, secondo l’agenzia delle Entrate, la correzione nei bilanci successivi (effettuata ai sensi dello Ias 8 o dell’Oic 29) evidenzierebbe un mero errore di competenza, senza rappresentare una diversa qualificazione, imputazione temporale o classificazione di bilancio idonea ad assumere riconoscimento fiscale.

Pertanto, per dedurre un costo derivante da un errore contabile (ovvero non imputato nell’esercizio di competenza) si doveva necessariamente presentare una dichiarazione integrativa “a favore” (articolo 2, commi 8 e 8-bis del Dpr 322/98) rettificando il reddito imponibile dell’esercizio in cui l’errore era stato commesso.

Per quanto riguarda, invece, i componenti positivi non correttamente imputati nell’esercizio di competenza, sempre che i termini per l’accertamento non fossero ancora scaduti, si poteva presentare una dichiarazione integrativa “a sfavore”, incrementando il reddito dell’esercizio cui era stato commesso l’errore, ricorrendo altresì al ravvedimento operoso per sanare l’omesso versamento della maggiore imposta derivante dalla correzione.

Queste conclusioni, sebbene indicate dalla prassi ministeriale per i soggetti Ias adopter, si ritenevano applicabili anche alle imprese Oic adopter, anche perché confermate dalle istruzioni alle dichiarazioni dei redditi modello 2018 per il 2017. Inoltre, l’opinione dell’Agenzia emergeva anche dalla risposta ad interpello 279/2021 in tema di agevolazione Ace, in cui veniva ripreso un passaggio della Relazione ministeriale al decreto 3 agosto 2017.

La nuova rilevanza fiscale della correzione degli errori contabili: i dubbi applicativi

Con le modifiche al comma 1, articolo 83 del Tuir da parte dell’articolo 8, comma 1, lettera b), Dl 73/2022, la rilevanza fiscale degli errori contabili viene affermata in via normativa.

Ai sensi del successivo comma 2 , articolo 8, Dl 73/2022, la modifica in esame si applica a partire dal periodo d’imposta in corso al 22 giugno 2022 (data di entrata in vigore del decreto legge) e dunque dall’anno 2022 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare.

Per tali soggetti “solari”, quindi, la nuova rilevanza fiscale dovrebbe trovare applicazione in relazione agli errori corretti nel bilancio 2022, seppure relativi a componenti di reddito di competenza di precedenti esercizi, e non a partire dagli errori commessi con riferimento al bilancio 2022 e che saranno corretti negli esercizi successivi. Tuttavia, già su questo punto, si attendono conferme ufficiali.

Vi sono, inoltre, diversi altri dubbi applicativi.

La prima questione riguarda il caso in cui la correzione dell’errore contabile comporti l’iscrizione in bilancio di una sopravvenienza attiva riconducibile a un ricavo che era di competenza di esercizi precedenti ma, proprio a causa della commissione dell’errore, non è stato iscritto nell’esercizio di competenza, bensì in quello in cui è avvenuta la correzione dell’errore (si pensi, ad esempio, ad una fattura da emettere non contabilizzata nell’esercizio di competenza).

Fermo restando che tale sopravvenienza attiva concorrerà a formare il reddito dell’esercizio in cui è corretto l’errore, ci si chiede se sono dovute anche le sanzioni fiscali e gli interessi per il ritardo con il quale il ricavo in esame ha concorso a formare il reddito di impresa rispetto alla sua effettiva competenza.

La risposta dovrebbe essere negativa in quanto a seguito della correzione dell’errore contabile, secondo i principi contabili di riferimento, il ricavo in oggetto, in virtù del principio di derivazione rafforzata, assume una nuova e definitiva competenza temporale proprio nell’esercizio in cui è corretto l’errore, per cui non si verifica la fattispecie della infedele dichiarazione e conseguentemente non sono imputabili sanzioni ed interessi.

In sostanza, la correzione, purché effettuata in base ai corretti principi contabili, vale anche ai fini fiscali, sanandosi così l’errore pregresso e non essendo più necessario presentare la dichiarazione integrativa per rettificare il periodo di imposta precedente in cui l’errore è stato commesso; ciò in deroga al criterio di competenza fiscale sancito dall’articolo 109, comma 1 del Tuir.

Questo, ovviamente, purché non intervengano, prima dell’approvazione del bilancio in cui avviene la correzione, accertamenti da parte dell’amministrazione finanziaria in riferimento all’esercizio in cui il ricavo doveva concorrere alla formazione del reddito di impresa, perché in tal caso si ritiene che la correzione non possa più avere effetto ai fini fiscali.

Analoga esemplificazione potrebbe essere operata con riferimento all’errata imputazione di costi, ad esempio intervenuta per errore precedentemente al corretto periodo di competenza.

Sul punto, stante l’attuale situazione di ambiguità, è opportuno mantenere un comportamento prudente.

La seconda questione riguarda la tipologia di correzione che può assumere rilevanza fiscale ai sensi del nuovo comma 1, articolo 83 del Tuir, nel senso che, sebbene ciò non sia esplicitamente previsto dal disposto normativo, è da ritenersi che la norma si riferisca tanto al caso di correzione di errori “non rilevanti” (con imputazione della correzione a conto economico) che nel caso di errori “rilevanti” (con imputazione della correzione a patrimonio netto).

In particolare, per l’errore rilevante – la cui correzione, come detto in precedenza, impatta direttamente nel patrimonio netto - il relativo effetto concorrerebbe alla formazione del reddito in virtù del corollario del principio di derivazione rafforzata, sancito dall’articolo 1, comma 1, lettera a), del Dm 3 agosto 2017, in base al quale per i componenti imputati direttamente a patrimonio la rilevanza fiscale è stabilita secondo le disposizioni applicabili ai componenti imputati al conto economico aventi la medesima natura.

Certamente si deve trattare di un errore contabile che rientra nella definizione prevista dai principi contabili di riferimento, ovvero Oic 29 e Ias 8, per cui correzioni di bilancio che non derivano dall’applicazione dei predetti principi contabili (ad esempio, variazioni di stime o adozione di diversi criteri contabili) non possono assumere rilevanza fiscale ai sensi della norma in commento, così come non rientrano nella disciplina in oggetto gli errori derivanti dalla mera applicazione delle norme fiscali, che non discendono da un errore contabile.

Una terza questione riguarda l’ambito soggettivo della norma, la quale, facendo riferimento ai «criteri di imputazione temporale di cui al terzo periodo» del comma 1, articolo 83, Tuir, può riguardare unicamente i soggetti che applicano la derivazione rafforzata, ovvero le società Ias/Ifrs e Oic adopter diverse dalle micro imprese (che non redigano il bilancio in forma ordinaria).

Pertanto, non dovrebbe valere per i soggetti in regime di derivazione “ordinaria”, ovvero le micro imprese che non hanno optato per la redazione del bilancio ordinario , le quali dovrebbero continuare ad applicare i principi affermati dalla circolare 31/E/2013 che prevedono la rilevanza delle componenti oggetto di correzione nell’esercizio di competenza fiscale e non in quello in cui interviene la correzione.

Come già evidenziato da molti commentatori, proprio nell’ottica di “semplificazione” perseguita dalla norma si sarebbe potuto superare una rigida applicazione del principio di derivazione rafforzata e assicurare la rilevanza fiscale della correzione degli errori nell’esercizio in cui questa viene effettuata in conformità ai principi contabili anche per le micro imprese, evitando loro l’onere di presentare una dichiarazione integrativa.

Dovrebbero essere (per analoghe ragioni) considerate all’esterno del perimetro applicativo della nuova disposizione anche le società di persone e le imprese individuali.

Sempre per quanto riguarda l’ambito applicativo della norma si era posto un dubbio ai fini dell’Irap in quanto tale tributo non era menzionato dall’articolo 8 del Dl Semplificazioni fiscali nella sua versione originaria.

A tale mancanza ha posto rimedio la legge di conversione (legge 4 agosto 2022, n. 122) che ha aggiunto un nuovo comma 1-bis all’articolo 8 del Dl 73/2022, il quale conferma la rilevanza del processo di correzione degli errori contabili anche ai fini Irap, con decorrenza a partire dal medesimo periodo d’imposta in corso al 22 giugno 2022.

Di complessa interpretazione è anche l’ulteriore previsione del comma 1, articolo 83, Tuir in base alla quale non possono rilevare fiscalmente le sopravvenienze passive da correzione di errore contabile relative a periodi di imposta per i quali non è più possibile presentare la dichiarazione integrativa.

In sostanza, si stabilisce che attraverso la procedura di correzione degli errori contabili non è comunque possibile dedurre componenti negativi di reddito che sarebbero stati di competenza di periodi d’imposta per i quali sono già spirati i termini di decadenza dell’attività di accertamento (termini entro i quali, per ragioni di reciprocità tra Fisco e contribuente, è appunto possibile presentare la dichiarazione integrativa).

In base al tenore letterale della norma, tale limitazione non varrebbe per i componenti positivi di reddito i quali, se rilevati in bilancio a seguito di correzione di errori contabili, sono comunque tassati, anche se sarebbero stati di competenza di periodi di imposta non più accertabili.

Ne conseguirebbe, pertanto, una significativa asimmetria tra Erario e contribuente, che non pare giustificabile sulla base di considerazioni logico-sistematiche, mentre la pregressa procedura sostenuta dalla circolare 31/E/2013 era perfettamente neutrale, dato che i componenti rilevati a seguito della correzione di errori contabili non assumevano rilevanza fiscale sia nel caso si trattasse di costi che di ricavi.

Nella nuova disciplina introdotta dal Dl Semplificazioni fiscali tale neutralità pare applicarsi solo per i periodi ancora oggetto di accertamento, mentre per i componenti che sarebbero stati di competenza di esercizi precedenti si assiste alla tassazione dei ricavi e alla indeducibilità dei costi.

Una interpretazione ufficiale – ancora mancante – potrebbe riportare la disposizione su binari logico-sistematici più coerenti.


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