Corruzione anche per un parere non vincolante
Anche un “semplice”
Accolto però il ricorso nella parte che metteva in evidenza l’inesistenza dei presupposti per la custodia cautelare in termini di rischi di inquinamento del quadro probatorio.
Quanto alla qualificazione del reato, la sentenza ricorda che la società in questione aveva avanzato una proposta di transazione con l’amministrazione finanziaria per un importo di 2 milioni a fronte di un’esposizione complessiva di 26 milioni formalizzata all’Agenzia delle entrate di Genova: nell’ambito dell’iter procedurale all’Agenzia provinciale spettava l’istruzione con la formulazione di un parere, sia pure non vincolante, mentre la decisone finale restava di competenza dell’Agenzia regionale.
Nell’impugnazione si metteva in evidenza la natura non vincolante dell’atto di competenza del direttore provinciale. Tuttavia la posizione della Cassazione, dopo avere precisato il venire meno dell’imparzialità nella valutazione discrezionale, ricorda che «il delitto di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio può essere integrato anche mediante il rilascio di un parere non vincolante, allorché esso assuma rilevanza decisiva nella concatenazione degli atti che compongono la complessa procedura amministrativa e, quindi, incida sul contenuto dell’atto finale».
La pronuncia conferma poi che la sola prova della dazione di denaro non basta per attestare la gravità degli indizi a carico. La dazione indebita di un’utilità a favore del pubblico ufficiale, dal corruttore al corrotto, deve avere come obiettivo la realizzazione oppure l’avvenuta realizzazione di un atto contrario ai doveri di ufficio.
La sentenza n. 39020/2017 della Cassazione