Controlli e liti

Credit Suisse: «La lista uscì per errore»

immagine non disponibile

di Alessandro Galimberti

Non ci fu l’opera di alcuna spia né di alcuna talpa nella vicenda della lista dei 13mila evasori italiani scoperti dalla Guardia di finanza nei file di Credit Suisse usciti dai confini svizzeri. A dichiararlo, due anni e nove mesi dopo il blitz “natalizio” delle Fiamme gialle di Milano - che provocò guai a tutti i clienti coinvolti, molti dei quali non furono più ammessi al programma di voluntary disclosure - è stato il responsabile dei servizi di It (information technology) di Credit Suisse, interrogato lunedì pomeriggio dalla procuratrice pubblica di Lugano, Raffaella Rigamonti. Secondo l’alto dirigente della banca furono ben tre le falle nel sistema interno che determinarono l’uscita non autorizzata della lista dei 13mila italiani con patrimoni offshore, uscita negligente ma non dolosa, secondo questo punto di vista. L’evento «non spiegabile» si ripetè, ha detto il capo dell’It all’esito di vari audit interni, nel 2008, nel 2009 e nel 2010. Resta da capire come e perché le liste siano state conservate fuori sede così a lungo, e come la Gdf ci sia arrivata improvvisamente pochi giorni prima dell’avvio del primo programma di voluntary disclosure (che partiva tre settimane più tardi). Per il diritto svizzero la fuga delle liste dei clienti di Credit Suisse configura ben tre ipotesi di reato: violazione del segreto bancario, violazione di segreto commerciale e spionaggio economico, teoricamente un cumulo di pena che può arrivare a sette anni di reclusione. Ad oggi non risultano indagati, a Lugano, ma il problema vero per Credit Suisse è costituito soprattutto dalle decine, forse già centinaia di cause civilistiche avviate dai clienti italiani “pizzicati” dalla Guardia di finanza e che stanno via via ricevendo le contestazioni dell’agenzia delle Entrate per l’evasione offshore. L’ammissione di responsabilità della banca circa la mancata adeguata custodia dei nominativi dei clienti, spiana di fatto la strada ai risarcimenti. Che rischiano di essere anche abbastanza “significativi”, considerato che la mancata adesione alla voluntary 1 (impedita dall’aver ricevuto l’avviso di procedimento, notificato prima dell’avvio del programma di emersione) a centinaia di clienti ha provocato un danno notevole, in alcuni casi vicino al valore delle poste detenute offshore.

A Lugano viene considerato inevitabile, a questo punto, anche l’intervento della Finma (la Consob svizzera) che dovrà valutare eventuali infrazioni amministrative gravi commesse da Credit Suisse nella gestione dei file dei clienti. Tanto per sottolineare, ancora una volta, che il segreto bancario resta pur sempre un “marchio” di fabbrica della Confederazione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©