Controlli e liti

«Dac6» in stand-by: servirà un monitoraggio retroattivo

Al ralenti il recepimento della direttiva anti-evasione 2018/822

L’emergenza Covid-19 rallenta i lavori di recepimento della cosiddetta Dac6 (la direttiva del Consiglio 2018/822 del 25 maggio 2018) che impone agli intermediari la segnalazione di pratiche a rischio evasione fiscale. Eppure si tratta di un provvedimento urgente.

La Dac6 è finalizzata a fornire alle amministrazioni fiscali dei Paesi membri un migliore strumento per l’attività di controllo volta alla prevenzione dell’evasione e dell’elusione internazionale.

La direttiva doveva essere recepita entro il 31 dicembre scorso ed entrare in vigore il 1° luglio 2020. La trasmissione al Parlamento dello schema di decreto di recepimento è avvenuta lo scorso 31 gennaio. I lavori parlamentari si sono tuttavia interrotti con l’emergenza Covid-19. Successivamente è intervenuto il disegno di legge depositato dal Governo il 19 marzo che, pur disponendo la proroga di tre mesi per tutti i decreti legislativi il cui termine cade tra il 1° febbraio e il 31 agosto 2020, prevede l’impegno ad adottare i decreti i cui termini sono già scaduti (come è nel caso del decreto di recepimento della Dac6 ) «non appena possibile».

Al di là delle incertezze sulla data di recepimento, lo schema di decreto lascia inoltre aperti una serie di dubbi interpretativi sui quali vale la pena riflettere anche guardando alle esperienze dei Paesi più avanti di noi, come Germania e Francia.

L’obbligo di comunicazione

Una delle questioni più rilevanti è che la direttiva e lo schema di decreto di recepimento impongono entro il 31 agosto un obbligo di comunicazione retroattiva all’agenzia delle Entrate di tutte le operazioni rilevanti (cosiddetti meccanismi transfrontalieri) per i quali almeno la prima fase sia stata attuata nell’(ampio) arco temporale tra il 25 giugno 2018 e il 1° luglio 2020 (backfill phase). A cinque mesi dalla scadenza, in assenza di un testo normativo definitivo e dei necessari chiarimenti operativi, l’operazione di mappatura di queste operazioni rappresenta uno sforzo non indifferente.

La definizione di meccanismo transfrontaliero comprende uno «schema, accordo o progetto» che riguardi l’Italia e uno o più Paesi esteri e veda la partecipazione di soggetti che assumano la qualifica di «intermediari» e «contribuenti».

La definizione di intermediario comprende:

- chi elabora, commercializza, organizza, mette a disposizione oppure ne gestisce in autonomia l’attuazione del meccanismo (promoter);

- chi, con riferimento a una delle medesime fasi, si limita a fornire, anche indirettamente, attività di assistenza e consulenza (service provider).

Gli obblighi di comunicazione all’Agenzia sono posti in via principale in capo all’intermediario. Se l’intermediario non adempie (o non vi sono intermediari coinvolti), l’obbligo è posto in via sussidiaria in capo allo stesso contribuente. È tale chi attua o chi si vede mettere a disposizione (senza ancora attuarlo) il meccanismo transfrontaliero.

Posto quindi che gli obblighi di comunicazione presuppongono una corretta comprensione di chi può essere considerato intermediario e chi contribuente, è chiaro che i dubbi interpretativi in questo senso incidono direttamente sull’adempimento dell’obbligo. Per tale motivo, in questa fase destano particolare interesse tra gli operatori le linee guida diffuse dalle amministrazioni finanziarie degli altri Paesi comunitari tra cui recentemente, quelle pubblicate in bozza dalle autorità tedesche e francesi (riportate nella scheda più in basso).

L’oggetto della comunicazione

Non tutti i meccanismi transfrontalieri devono essere segnalati, ma soltanto quelli in cui sia ravvisabile almeno uno degli elementi distintivi inclusi (hallmarks) in allegato allo schema di decreto.

Questi sono suddivisi in cinque categorie e rappresentano meri “indicatori” di rischio. Ne consegue che la sussistenza di uno o più indicatori non dovrebbe essere utilizzata dagli organi accertatori come presunzione di comportamenti illeciti.

Un elemento di criticità è costituito dal fatto che solo per le prime due categorie è richiesto che uno dei principali vantaggi dell’operazione transfrontaliera sia di natura fiscale.

Sul punto non è chiara l’identità del soggetto beneficiario del vantaggio. Il problema si pone nel contesto di meccanismi che coinvolgono gruppi multinazionali. Si pensi all’eventualità di una operazione che veda coinvolto un contribuente italiano al quale tuttavia non sia riservato alcun vantaggio fiscale, vantaggio diretto invece a un’altra entità del gruppo. Andrebbe chiarito se tale circostanza sia idonea a esonerare dall’obbligo di comunicazione il contribuente italiano oppure se sia preferibile un approccio volto ad apprezzare il vantaggio fiscale conseguito a livello “consolidato”. È interessante notare che in questo ultimo senso sono orientale le linee guida francesi secondo le quali appunto il criterio del vantaggio «viene analizzato a livello globale».

SCHEDA: Le indicazioni del fisco francese

1. LE LINEE GUIDA FRANCESI
Il Governo francese ha diffuso – per consultazione pubblicafino al 30 aprile – le linee guida relative alla normativa Dac6. Il meccanismo da comunicare «riguarda in particolare la creazione, l'attribuzione, l'acquisizione o il trasferimento del reddito stesso o della proprietà o diritto in base al quale il reddito è dovuto».

2. IL TEST DEL VANTAGGIO
Secondo le linee guida «il criterio del vantaggio principale viene analizzato a livello globale. […] un regime transfrontaliero [che] presenta un vantaggio fiscale principale […] dovrà essere analizzato nel suo insieme, tenendo conto degli effetti negli Stati dell'Unione europea e al di fuori dell'Unione europea».

3. INTERMEDIARI ESCLUSI
Non di qualificano come intermediari:
(A) Revisore dei conti che venga a conoscenza del meccanismo dopo la sua attuazione;
(B) intermediario che fornisce assistenza per il rimborso di una ritenuta alla fonte;
(C) consulente incaricato di valutare la rilevanza di un accordo ai fini dell'obbligo di comunicazione previsto dalla Dac6.

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