Contabilità

Dal lease back ai debiti «vince» la regola contabile

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di Paolo Meneghetti

L’imminente chiusura del bilancio 2017 pone il consueto problema del calcolo della fiscalità che va eseguito considerando, per le società di capitali diverse dalle microimprese, la tematica della derivazione rafforzata. Il concetto di derivazione rafforzata può essere riassunto nel principio secondo cui con riferimento ai criteri di classificazione, quantificazione e imputazione temporale prevalgono le regole contabili rispetto alle disposizioni del Tuir. Questo assunto generale poi va riempito di contenuti concreti e a questo fine sono di rilevante aiuto le disposizioni contenute nel Dm emanato il 3 agosto 2017, oltre alle risposte fornite nel recente Telefisco 2018.

Partiamo dai casi in cui si applica la derivazione rafforzata.

VEDI IL GRAFICO: Gli esempi concreti

Leasing e cessione

In primo luogo va ricordato il tema del realizzo di plusvalenze da contratto di lease back.

La plusvalenza che ne deriva per aver ceduto il bene strumentale alla società di leasing è iscritta a conto economico nel momento del realizzo e poi ripartita con la tecnica dei risconti passivi in base alla durata del contratto di leasing stipulato contestualmente alla cessione.

L’imputazione di quote annuali di plusvalenza non era mai stata riconosciuta quale procedura corretta in ambito fiscale (si veda la circolare 38/E/2010), dovendosi applicare, quale massimo di rateizzazione della stessa plusvalenza, il quinquennio di cui all’articolo 86 del Tuir.

Con la risoluzione 77/E/2017, tuttavia, proprio appellandosi al principio di derivazione rafforzata, l’Agenzia ha cambiato opinione ritenendo che la quota di plusvalenze imputata a bilancio sia anche quella fiscalmente rilevante.

La citazione del principio di derivazione rafforzata porta a concludere che, nell’ottica non condivisibile della Agenzia, per le società microimprese resti quale unica soluzione per non far concorrere all’imponibile la plusvalenze in unica soluzione, la rateizzazione prevista dall’articolo 86 del Tuir, rateizzazione diversa e verosimilmente più breve rispetto a quella civilistica.

Inoltre risulta che alcuni uffici applicano alle imprese (non micro) le regola sopra descritta solo nel caso di plusvalenze realizzate a far data dal 2016, confermando invece la testi restrittiva per quelle realizzate precedentemente.

Beni a fine esercizio

In secondo luogo va segnalata la tematica del bene strumentale consegnato a fine esercizio, per il quale il contratto di acquisto prevede un periodo di prova o una riserva di gradimento quale condizione sospensiva della efficacia della transazione ex articoli 1520 e 1521 Codice civile.

Nel caso di bene consegnato nel 2017 e già utilizzato in quel periodo dalla società acquirente, ancor prima di vedere compiuto il passaggio di proprietà, si ha per le “macro” imprese una anticipazione del possesso per così dire “contabile” che permette di stanziare quote di ammortamento e di dedurle proprio in ragione del principio di derivazione rafforzata, secondo cui l’imputazione temporale tiene conto delle regole contabili che hanno supremazia sulla regola di competenza fissata dall’articolo 109, comma 2, lettera a) del Tuir. Infatti in base alla norma citata (applicabile alle microimprese) il passaggio di proprietà per i beni mobili avverrebbe quando si risolve positivamente la clausola sospensiva (purché diversa dalla riserva di proprietà).

Costo ammortizzato

In terzo luogo va segnalato, quale operazione contabile per la quale si applica sicuramente la derivazione rafforzata, la valutazione dei crediti/debiti con il criterio del costo ammortizzato.

L’esempio ricorrente è l’accensione di un mutuo bancario che preveda significative spese di transazione derivanti da costi dovuti sia alla controparte (banca mutuante) sia a terzi (ad esempio parcelle per prestazioni di consulenza o mediazione).

Con l’applicazione del costo ammortizzato si ha la “finanziarizzazione” dei costi di transazione che vengono imputati a conto economico non più in quote costanti in base alla durata del mutuo, bensì calcolati come un interesse passivo vero e proprio.

La rilevanza fiscale di tale contabilizzazione è assicurata dall’articolo 2, comma 1, lettera a) del Dm 3 agosto 2017 (ed esplicitata inequivocabilmente dalla Relazione illustrativa), e ciò comporta che alcuni componenti negativi, che precedentemente transitavano nell’area B del conto economico (quali quote di ammortamento costante di immobilizzazioni immateriali) diventino costi di natura finanziaria, imputati all’area C, con evidenti riflessi sul calcolo del Rol e del Mol e della base imponibile Irap.

Sul punto, a Telefisco 2018 l’Agenzia ha confermato che le implicazioni fiscali del costo ammortizzato sono rilevanti anche quando il criterio venga applicato non per obbligo, bensì per mera facolta della società.

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