Controlli e liti

Definizione agevolata, comunicazione del totale non impugnabile

Per i giudici della Ctp di Milano non rientra tra gli atti tipici previsti dall’articolo 19 del Dlgs 546/92

ADOBESTOCK

di Davide Settembre

La comunicazione delle somme dovute per la definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione non è un atto autonomamente impugnabile in giudizio, non rientrando tra gli atti tipici previsti dall’articolo 19 del Dlgs n. 546 del 1992. È quanto affermano, nel succo, i giudici della Ctp di Milano con la sentenza 1129/2020 (presidente Giucastro, relatore Chiametti), anche se, si evidenzia subito, la Corte di cassazione negli ultimi anni ha fornito un’interpretazione invece “estensiva” dell’articolo 19.

Il caso

Nel caso sottoposto all’esame dei giudici, il contribuente aveva aderito alla definizione agevolata dei debiti risultanti dai carichi affidati all’agente della riscossione (articolo 3 del Dl 119/2018). Tale richiesta era stata accolta dall’agente che aveva provveduto a comunicare gli importi dovuti. Tuttavia, il contribuente aveva impugnato tale comunicazione per la violazione, tra l’altro, dei principi di affidamento e buona fede di cui all’articolo 10 della legge 212/2000 (Statuto del contribuente), avendo rilevato una evidente differenza tra l’importo richiesto e quello che risultava dagli estratti di ruolo. In particolare, il contribuente aveva chiesto che fosse dichiarata la nullità dell’atto e che fosse disposta una Ctu.

La decisione

I giudici milanesi hanno dichiarato inammissibile il ricorso, in quanto la comunicazione dell’agente della riscossione in questione non sarebbe un atto impugnabile dinanzi al giudice tributario. Infatti, tale atto non è annoverato tra quelli di cui all’articolo 19 del Dlgs n. 546 del 1992 (rubricato «Atti impugnabili e oggetto del ricorso»). Per questo, non sarebbe possibile la proposizione del ricorso dinanzi la Ctp e, conseguentemente, non sarebbe possibile disporre una consulenza tecnica. Secondo i giudici, l’unica strada percorribile per il contribuente sarebbe quella di recarsi agli sportelli delle Entrate riscossione, al fine di esaminare con l’operatore i calcoli a base della richiesta.

I precedenti

Occorre tuttavia dire che la Corte di cassazione ha negli ultimi anni fornito un’interpretazione estensiva dell’articolo 19. In base a tale orientamento consolidato, gli atti dell’amministrazione sarebbero autonomamente impugnabili anche se non espressamente previsti dal citato articolo 19, purchè assumano un carattere impositivo in grado di incidere sulla situazione patrimoniale del contribuente. In particolare, con la sentenza 8214 del 2014, la Suprema corte ha affermato che «in tema di impugnazione di atti dell’amministrazione tributaria, nonostante l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’articolo 19 del Dlgs 546/92, i principi costituzionali di buon andamento della Pa (articolo 97 Costituzione) e di tutela del contribuente (articoli 24 e 53 Costituzione) impongono di riconoscere l’impugnabilità di tutti gli atti adottati dall’ente impositore che portino, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria (…)» (si veda anche la sentenza n. 11471 del 2018). Così anche la giurisprudenza di merito che, sulla scorta di tale orientamento, ha espressamente affermato che gli atti di definizione agevolata sono impugnabili, sebbene non siano contemplati dall’articolo 19 (si veda Ctr Roma con sentenza 72/22/15).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©