Depositi Iva, residenza fiscale decisiva per l’invio elettronico
Il rappresentante fiscale (anche leggero) di un soggetto non residente che interviene in operazioni che “coinvolgono” il deposito Iva, gestisce la fatturazione in modalità cartacea. Invece, l’estrazione dei beni effettuata da un soggetto residente o stabilito in Italia potrebbe richiedere, in alcuni casi, la gestione dell’e-fattura.
È bene, prima di tutto, distinguere fra modalità di assolvimento dell’imposta all’atto dell’estrazione dei beni dal deposito e modalità di gestione delle fatture.
L’intervento dell’«RF»
Quando il bene è estratto per essere utilizzato/commercializzato in Italia, l’Iva va assolta con versamento diretto o mediante inversione contabile. La corretta procedura dipende dal “pedigree” del bene: se quest’ultimo è stato introdotto in libera pratica o a seguito di acquisto intracomunitario, si procede col reverse charge, mentre in caso di “acquisto interno” l’Iva si versa con F24 (risoluzione 55/E/2017).
Resta inteso che, se l’estrazione è eseguita da un non residente, questi dovrà nominare un rappresentante fiscale cosiddetto “pesante” ovvero, quando possibile, identificarsi direttamente. In effetti, è solo fino a quando il non residente realizza operazioni che non comportano il pagamento dell’Iva che gli adempimenti (fatturazione ed eventuale compilazione degli Intrastat) possono essere eseguiti da un “rappresentante fiscale leggero” (che potrebbe anche essere il gestore del deposito).
In tutti questi casi, le fatture saranno gestite in modalità cartacea; e ciò, tanto per le operazioni all’interno del deposito Iva quanto per l’estrazione.
Infatti, l’articolo 1, comma 3, Dlgs 127/2015 prevede l’obbligo della fattura elettronica (dal 2019) per le cessioni/prestazioni tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, restando escluse quelle veicolate mediante rappresentante fiscale o identificazione diretta.
Estrazione eseguita da residente
Più complessa è l’ipotesi in cui l’estrazione è eseguita da un soggetto residente o da un non residente stabilito in Italia (stabile organizzazione). Se l’estrazione avviene a fronte di un acquisto da non residente (anche di beni già in deposito Iva), l’assolvimento dell’imposta continua ad avvenire sulla base di documentazione cartacea e con le ordinarie modalità, per le quali si rinvia alla circolare 12/E del 2015, da “rileggere” alla luce dell’attuale formulazione dell’articolo 50-bis, Dl 331/93.
Se i beni oggetto di estrazione sono venduti da un soggetto residente/stabilito, si dovrebbe invece procedere in modalità “elettronica”. Chi estrae dovrà quindi emettere autofattura elettronica se il bene è stato originariamente introdotto in deposito in esecuzione di una cessione interna (l’imposta, in tal caso, si versa con F24). Si procede invece con l’integrazione, se, nonostante si tratti di acquisto da soggetto nazionale, l’originaria introduzione in deposito Iva è avvenuta a fronte di un acquisto intracomunitario. A tal fine sarà possibile emettere un documento (nella prassi “autofattura”) da allegare al file xml relativo alla fattura elettronica del fornitore residente.
Tale modalità dovrebbe valere anche quando il bene estratto e venduto dal fornitore nazionale è stato in origine immesso in libera pratica con introduzione in deposito Iva. Questo, se si dà rilievo al fatto che si riceve fattura elettronica da un soggetto residente e non alla circostanza che l’introduzione è avvenuta a suo tempo a fronte di un’importazione da Paese extraUe. Occorre però una conferma. Così come va chiarito se serve l’autofattura elettronica quando chi estrae è colui che ha immesso i beni in libera pratica, introducendoli nel deposito.
Per le cessioni “all’interno” del deposito (senza estrazione), si avrà fattura elettronica se le controparti sono soggetti residenti/stabiliti; fattura cartacea quando almeno una delle due non è residente/stabilita in Italia. In ogni caso, dovrebbero restare cartacee le copie dei documenti da consegnare al gestore del deposito.