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Detrazione Iva anche per la fattura non conforme ai requisiti formali

La Corte di giustizia ha ribadito come la detrazione Iva non possa essere negata qualora una fattura contenga una dicitura non conforme ai requisiti formali previsti dalla direttiva Iva

di Matteo Dellapina

Ultimamente il rapporto tra la detrazione Iva e il rispetto dei requisiti, formali e sostanziali, sta impegnando sempre più il giudice unionale, il quale si trova ad affrontare questioni che hanno risvolti sempre più operativi.

Nel caso Raiffeisen Leasing, C-235/21, in seguito al perfezionamento di un contratto di vendita con locazione finanziaria di ritorno, non seguiva l'emissione della fattura. Per la Cgue era sufficiente siglare l'accordo tra le parti al fine della nascita dell'obbligazione tributaria di versamento dell'Iva all'erario. Di fatto i giudici unionali avevano equiparato il contratto al documento fiscale ma a una condizione: il rispetto di tutte le informazioni necessarie affinché l'amministrazione finanziaria potesse stabilire, caso per caso, se fossero stati soddisfatti i requisiti sostanziali del diritto alla detrazione dell'imposta sul valore aggiunto.

Il caso affrontato nell’ordinanza C-690/22

Nel recente caso Shortcut (C-690/22) l’ordinanza della Cgue ricalca una tematica simile ma con delle divergenze: si può detrarre l’Iva se il contenuto della fattura non è aderente ai requisiti formali previsti dall’articolo 226 della direttiva Iva? La risposta è affermativa, o meglio, il diritto nazionale non potrà negare la detrazione dell’imposta qualora siano stati rispettati i requisiti sostanziali. Ancora una volta, il diritto Ue, privilegia la sostanza alla forma, ma attenzione: se è sotteso un intento fraudolento o di evasione, la detrazione sarà "bocciata".

L’agenzia delle Entrate portoghese eseguiva una verifica fiscale nei confronti di una società, operante nel settore della consulenza informatica, da cui emergeva che la contribuente aveva indebitamente detratto l’Iva in quanto quattro fatture, emesse da una società terza per servizi resi in ambito informatico, riguardavano operazioni fittizie.

Nel verbale redatto dagli accertatori emergeva inoltre che le fatture non fossero conformi ai requisiti di forma, previsti dalla normativa Iva nazionale, in quanto la descrizione dei servizi era molto generica. Ne derivava così una rettifica dell’Iva da parte dell’Ufficio. Il giudice amministrativo portoghese, adito dalla contribuente, riteneva che, dai dati raccolti dall’Agenzia, non era stato provato che le operazioni in oggetto fossero state simulate. Allo stesso tempo però rilevava come dovesse essere negata la detrazione Iva siccome le fatture non rispettavano i requisiti formali previsti, ossia la descrizione dei servizi. La decisione veniva confermata anche dal giudice di appello.

Infine, la contribuente ricorreva dinnanzi al giudice di ultimo grado il quale, ancorandosi al principio di neutralità, contestava la tesi dell’Ufficio siccome non poteva essere negata la detrazione Iva in base alla semplice violazione degli elementi formali. Addirittura, per tale giudice, i documenti fiscali contenevano tutti gli elementi richiesti siccome l’Agenzia, nel proprio verbale, indicava le quantità e la denominazione dei servizi forniti, dettagliando la descrizione dell’attività svolta. Da qui, sospendeva il giudizio, rinviando la questione alla Cgue.

La Corte di Giustizia, dopo aver esaminato la fattispecie, alla luce della giurisprudenza formatasi sul punto, ha ritenuto che la simulazione delle operazioni menzionate nelle fatture controverse e invocata dal fisco non era stata provata nel merito, dinnanzi ai giudici nazionali.

La Cgue ha poi aggiunto che, mentre gli Stati membri sono competenti a prevedere sanzioni in caso di mancato rispetto delle condizioni formali relative all’esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva, adottando, ai sensi dell’articolo 273 della direttiva Iva, misure volte a garantire la corretta riscossione dell’imposta e per evitare frodi, è tuttavia a condizione che tali misure non vadano al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tali obiettivi né mettano in discussione la neutralità dell’Iva (Barlis 06 – Investimentos Imobiliários e Turísticos, C-516/14). Ne consegue che tali misure non possono mettere in discussione il diritto alla detrazione dell’Iva.

In conclusione, per la Cgue, in sintonia con gli articoli 178, lettera a), 219 e 226, paragrafo 6, della direttiva 2006/112/CE, le autorità fiscali nazionali non possono negare il diritto alla detrazione Iva in quanto le fatture recanti diciture, quali "servizi di sviluppo applicativo", non sono conformi ai requisiti formali richiamati da quest’ultima disposizione.

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