Imposte

Dividendi black list detassati solo se vi è la seconda esimente

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di Michele Brusaterra


Per le società di capitali i dividendi derivanti da una partecipata black list sono tassati nella misura del loro 5 per cento se viene dimostrato che dalla partecipazione non si è voluto conseguire l’effetto di localizzare i redditi nello Stato a fiscalità privilegiata.

Il Dlgs 142/2018, che ha recepito la direttiva Ue n. 1164 del 2016 in materia di antielusione fiscale, cosiddetta direttiva ATAD, ha introdotto una nuova nozione di regimi fiscali privilegiati ai fini della tassazione dei dividendi percepiti dai soggetti Ires.

A partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, la percezione di dividendi provenienti da Stati o territori a fiscalità privilegiata seguirà un nuovo criterio di qualificazione.

Con l’introduzione dell’articolo 47-bis del Dpr 917/1986, si considerano residenti in paradisi fiscali le società partecipate: il cui livello di tassazione effettiva è inferiore al 50 per cento di quello italiano, per le partecipazioni di controllo, ovvero il cui livello di tassazione nominale è inferiore al 50 per cento di quello italiano, per le partecipazioni che non integrano il requisito del controllo.

Al ricorrere dei suddetti requisiti, i dividendi provenienti dalle partecipate concorrono integralmente alla formazione del reddito dei soggetti Ires ai sensi dell’articolo 89 sempre del Dpr 917/1986.

Tuttavia, non sono mai considerati regimi fiscali privilegiati quelli di Stati o territori appartenenti all’Unione europea, ovvero allo Spazio economico europeo.

Come nelle disposizioni vigenti fino al 2018, viene prevista la possibilità di disapplicare la norma dimostrando almeno una delle seguenti esimenti: che la partecipata svolga un’attività economica effettiva mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali, cosiddetta «prima esimente», che dalle partecipazioni non si consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati a regime fiscale privilegiato, cosiddetta «seconda esimente».

La dimostrazione di una delle menzionate esimenti può avvenire mediante la presentazione all’agenzia delle Entrate di un’istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11, primo comma, lettera b, della legge 212/2000. In caso di dimostrazione della cosiddetta «seconda esimente», il contribuente può beneficiare della concorrenza del dividendo alla base imponibile Ires soltanto nella misura del 5 per cento dell’ammontare dei dividendi stessi, percepiti nel periodo d’imposta e, inoltre, dell’esenzione da tassazione del 95 per cento della plusvalenza realizzata sulla cessione delle partecipazioni in oggetto, che rispettano, però, anche gli altri requisiti per la partecipation exemption come individuati dall’articolo 87 del Dpr 917/1986.

Come precisato dall’agenzia delle Entrate nella circolare n. 51/E/2010 e confermato dalla circolare 35/E del 2016, la «seconda esimente» può essere soddisfatta anche dimostrando che l’investimento nella società localizzata in uno Stato a fiscalità privilegiata non ha dato luogo a un significativo risparmio d’imposta.

Ciò significa che detta presunzione può essere superata anche dimostrando che il carico fiscale scontato dalla partecipata estera è non inferiore alla metà di quello cui la stessa sarebbe stata sottoposta qualora residente in Italia.


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