Imposte

Equity method, dividendi in cerca dell’esclusione Irap

La questione relativa all’imponibilità, ai fini Irap, dei dividendi derivanti da partecipazioni detenute da intermediari finanziari ex articolo 162-bis Tuir e valutate con il metodo del patrimonio netto previsto dai principi contabili internazionali è ancora in attesa di un chiaro inquadramento. Come noto, per tali soggetti, le regole per la quantificazione del valore della produzione sono contenute nell’articolo 6 del Decreto Irap, il quale, richiamando l’articolo 9, Dlgs 38/2005, riconosce immediata rilevanza fiscale ai componenti positivi e negativi in ragione della loro imputazione, operando un rinvio “mobile” ai principi contabili di riferimento, ed in particolare agli schemi previsti da Banca d’Italia.

Sempre nel segno del principio di derivazione rafforzata, le disposizioni di coordinamento tra i principi contabili internazionali e le regole di determinazione della base imponibile Irap, contenute nel Dm 8 giugno 2011, individuano nel dato di bilancio il valore di partenza per la misurazione del tributo riconoscendo, come fattispecie in deroga, all’articolo 2, comma 2, quella delle componenti di reddito imputate direttamente a patrimonio netto ovvero nel prospetto Oci, per le quali si rinvia alle disposizioni applicabili alle medesime componenti transitate a conto economico. Dal circoscritto ambito operativo di tale rinvio consegue che, per i dividendi derivanti da partecipazioni valutate con l’equity method, una siffatta deroga al principio di derivazione non opera dacché tali componenti, in applicazione dello Ias 28, sono imputate a diretta riduzione del valore della partecipazione. Questa modalità di rilevazione contabile, è bene ricordarlo, risponde ad una rappresentazione specifica degli investimenti partecipativi, accordando immediata e diretta rilevanza nel bilancio della partecipante alla sola variazione del patrimonio netto di fine esercizio della società partecipata. I dividendi, quindi, non transitando a conto economico, e non essendo imputati a patrimonio netto ovvero a Oci, in ragione del principio di legalità, non concorrono alla base imponibile Irap.

D’altro canto, soltanto un’interpretazione restrittiva nei predetti termini si appalesa coerente con il tenore letterale delle richiamate disposizioni e, a livello sistematico, con i principi che informano la disciplina del tributo.

Sennonché è emerso che l’agenzia delle Entrate, in una recente risposta ad un interpello non pubblicata, superando l’interpretazione, di segno contrario, offerta nella Circolare 26 maggio 2009, n. 27, sembrerebbe aver statuito la rilevanza Irap anche di tali componenti imputati direttamente a riduzione del valore della partecipazione, con lo scopo di assicurare un trattamento equanime a detti proventi, a nulla rilevando la specificità della descritta rappresentazione contabile.

Una siffatta estensione in via analogica della disposizione di cui al citato articolo 2, comma 2, Dm 8 giugno 2011, non appare supportata dall’impianto del tributo che, come detto, conferisce esclusiva centralità alle risultanze civilistiche, al netto di quelle eccezioni che siano chiaramente rinvenibili nel tenore letterale delle norma.

La scelta del contribuente di applicare l’equity method come criterio di rappresentazione contabile degli investimenti partecipativi non pare altresì suscettibile di sindacato antiabuso: i margini di discrezionalità consentiti dalla norma civilistica e dalla disciplina contabile non possono essere ridotti reinterpretando, in chiave fiscale, i diversi criteri di redazione del bilancio. L’impiego di un determinato criterio di valutazione delle partecipazioni al fine di conseguire quella specifica rappresentazione contabile, comunque in linea con le regole di fondo dell’ordinamento civilistico, deve, quindi, essere immune da recuperi impositivi.

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