Imposte

Errore nel reverse charge, in salvo il diritto al rimborso dell’Iva

La risposta 393: la richiesta dell’Iva a credito segue la procedura stabilita dall’articolo 38-bis2 del Dpr 633

di Simona Ficola e Barbara Rossi

Confermata la possibilità di sanare l’errore da parte del cedente che ha erroneamente utilizzato il meccanismo dell’inversione contabile, con l’importante chiarimento che lo stesso mantiene il diritto di rimborso dell’Iva assolta come soggetto non residente.

L’agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello 393 del 7 giugno, interviene su un duplice fronte. Dapprima conferma il più volte richiamato principio secondo cui, in assenza di frode, qualora il cedente non residente abbia emesso fattura nei confronti di un cessionario anch’esso non residente, ma meramente identificato in Italia, utilizzando il meccanismo del reverse charge, per regolarizzare detto errore può definire esclusivamente la sanzione, senza dover procedere al versamento dell’imposta, fermo restando in capo al cessionario il diritto a detrarre l’Iva assolta in reverse charge, pur rispondendo solidalmente della sanzione. Infatti, quando le operazioni domestiche intercorrono tra soggetti non stabiliti ai fini Iva in Italia, il cedente deve emettere fattura con Iva utilizzando la partita Iva italiana, acquisita mediante identificazione diretta ovvero attraverso rappresentante fiscale.

Quanto alla corretta modalità di recupero del credito Iva relativo all’imposta assolta sugli acquisti da parte del cedente non residente, l’articolo 38-bis2 del decreto Iva esclude la possibilità di chiedere il rimborso con la speciale procedura ivi prevista se i soggetti non residenti hanno effettuato operazioni per i quali sono debitori d’imposta. Nel caso prospettato dal contribuente, lo stesso accortosi dell’errore, ha provveduto ad identificarsi direttamente in Italia.

Ebbene, sul punto l’agenzia delle Entrate, con riferimento all’imposta assolta in epoca precedente all’identificazione diretta in Italia, in caso di errore nell’applicazione del reverse charge, fa salvo il comportamento del cedente che non ha applicato l’imposta, cristallizzando gli esiti dell’errore. Pertanto, stante la previsione dettata dalla norma sanzionatoria e l’impossibilità di recuperare l’Iva in detrazione in dichiarazione annuale perché omessa e quindi non integrabile, l’Agenzia ha affermato che il cedente possa considerarsi al pari di un soggetto che non ha effettuato operazioni per le quali è debitore dell’imposta e quindi conservi il diritto ad ottenere il rimborso dell’Iva con la procedura di cui all’articolo 38-bis2.

Infine, in relazione all’operato post identificazione, dove il cedente ha continuato a non applicare l’Iva (per motivi di sistema), l’Agenzia afferma che il cessionario avrebbe dovuto invece procedere alla regolarizzazione ex articolo 6, comma 8, del Dlgs 471 del 1997, anziché applicare l’Iva mediante reverse charge (come invece aveva fatto).

Tale conclusione non pare, tuttavia, coerente con i principi sopra affermati e con quanto, invece, indicato nella recente risposta 301 in caso analogo.


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