Falsi appalti, il reato pesa anche sulle imposte dirette
La fittizietà dell’oggetto, consentendo la deduzione di costi altrimenti non deducibili, comporta la rilevanza del reato anche ai fini delle imposte dirette
Le fatture relative a un contratto di appalto che cela una illecita somministrazione di manodopera, sono relative a operazioni soggettivamente inesistenti. Tuttavia, la fittizietà dell’oggetto, consentendo la deduzione di costi altrimenti non deducibili, comporta la rilevanza del reato anche ai fini delle imposte dirette. A precisarlo è la Cassazione, con la sentenza n. 19595.
Il legale rappresentante di una società era condannato nei due gradi di giudizio per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti. Ricorreva in Cassazione lamentando un’errata applicazione della norma perché era stato considerato integrato il delitto ai fini delle imposte dirette a fronte di fatture solo soggettivamente inesistenti.
La Cassazione ha innanzitutto rilevato che le operazioni soggettivamente inesistenti in contestazione si riferivano ad un contratto di appalto volto a celare un’illecita somministrazione di manodopera. In tali ipotesi è integrata una operazione soggettivamente inesistente perché sussiste una divergenza tra realtà fenomenica e realtà meramente giuridica dell’operazione.
Ai fini delle imposte sui redditi, l’utilizzo della fattura che dissimula una diversa prestazione consente la deduzione di costi fittizi perché non correlati alla prestazione reale essendo funzionale ad abbattere indebitamente il risultato dell’esercizio. La simulazione dell’oggetto contrattuale consente l’imputazione di costi di servizi (appalto) che la società altrimenti non avrebbe potuto dedurre (illecita somministrazione di manodopera).
I giudici hanno così ricordato che l’articolo 2 del Dlgs 74/2000 non distingue tra inesistenza oggettiva o soggettiva, poiché l’oggetto della sanzione è ogni divergenza tra realtà commerciale e sua espressione documentale. Pertanto, le fatture formalmente riferite a un contratto di appalto di servizi che occulti di fatto una somministrazione irregolare di manodopera, costituisce un negozio giuridico apparente diverso da quello intercorso.
Tale circostanza comporta significative conseguenze fiscali.
La decisione pare attribuire rilievo alle conseguenze fiscali delle simulazioni contrattuali: per la società la registrazione di costi per servizi legati ad un contratto di appalto ha consentito di fruire di un beneficio precluso con la somministrazione (illecita) di manodopera. Tale conclusione trae origine da una precedente sentenza (n. 45114/2022) che, però rinvia ad una decisione della sezione civile riferita all’Irap. È noto infatti che il costo della manodopera anche somministrata è indeducibile ai fini Irap. Diversamente, mediante un contratto di appalto, il medesimo costo ai fini Irap sarebbe deducibile. Da qui il beneficio fiscale indebitamente conseguito. Tuttavia tale differenza non c’è ai fini Ires, e quindi vi è sperare che la Suprema Corte in futuro, prendendo atto del contenuto della sentenza richiamata, e della differente disciplina caratterizzante i due tributi (Ires e Irap) giunga a conclusioni opposte.