Controlli e liti

Firma disconosciuta, obbligo di verifica per il giudice tributario

La Ctr non può basare la decisione su sottoscrizioni sconfessate dal contribuente se non ne riscontra l’autenticità

ADOBESTOCK

di Roberto Bianchi

In presenza del disconoscimento della firma il giudice tributario ha l’obbligo di verificare l’autenticità delle sottoscrizioni, altrimenti non utilizzabili ai fini della decisione e, a tale accertamento, procede ove ricorrano le condizioni per l’esperibilità della procedura di verificazione. Questo perché nel processo tributario, in forza del rinvio alle norme del Codice di procedura civile operato dal comma 2 dell’articolo 1 del Dlgs 546/1992, trova applicazione l’istituto previsto dall’articolo 214 e successivi del Codice di procedura civile. A tale conclusione giunge la Cassazione con l’ordinanza 7689/2020.

Il disconoscimento delle sottoscrizione della scrittura privata supera la pretesa dell’ufficio - argomentata su tale documento - in quanto non sussiste la necessità di proporre formale querela di falso prevista dall’articolo 221 del Codice di procedura civile considerato che, la parte avverso la quale viene allegata in giudizio la scrittura privata, ha la facoltà di scegliere fra la potestà di presentare querela di falso (valida erga omnes) e la possibilità di disconoscerla (limitatamente alla controparte) avendo, l’invalidamento del valore del documento, effetti differenti e correlati ai due diversi strumenti di salvaguardia.
Nel caso di disconoscimento, la mancata proposizione dell’istanza di verificazione equivale a una dichiarazione di non volersi avvalere del documento, obbligando il Giudice a non tenerne conto ai fini della decisione (Cassazione, sentenza 30145/2019).

Nella vicenda in esame il contribuente, mediante ricorso alla Suprema corte, denunciava, tra l’altro, la violazione e l’errata applicazione dell’articolo 2702 del Codice civile e degli articoli 214 e 216 del Codice di procedura civile in quanto la Ctr aveva ritenuto utilizzabile, quale prova della pretesa impositiva, una scrittura privata tempestivamente disconosciuta in assenza di un’istanza di verificazione e senza azionare, avanti al giudice ordinario, la formale querela di falso prevista dall’articolo 221 del Codice di procedura civile e seguenti.
Il collegio di legittimità ha affermato che anche nel processo tributario, in conseguenza del «rinvio operato dal comma 2 dell’articolo 1 del Dlgs 546/1992 alle norme del codice di procedura civile, trova applicazione l’istituto del disconoscimento delle scritture private, con la conseguenza che, in presenza del disconoscimento della firma, il giudice ha l’obbligo di accertare l’autenticità delle sottoscrizioni» risultandogli diversamente preclusa la facoltà di tenerla in considerazione ai fini della decisione e, «a tale accertamento procede ove ricorrano le condizioni per l’esperibilità» (Cassazione, ordinanza 7689/2020).

In precedenza i giudici di legittimità avevano già affermato che l’omessa proposizione dell’istanza di verificazione di una scrittura privata sconfessata corrisponde, secondo la presunzione legale, all’affermazione di non volersi avvalere della scrittura medesima quale mezzo di prova con la conseguenza che il giudice non deve tenerla in considerazione mentre la parte che ha disconosciuto il documento non ha la possibilità di trarre, dalla mancata proposizione dell’istanza di verificazione, elementi di prova alla stessa favorevoli (Cassazione, ordinanza 17902/2018).

La Ctr non ha applicato correttamente i menzionati postulati in quanto, malgrado la tempestiva sconfessione della scrittura privata, ha reputato un onere della parte la proposizione anche della querela di falso in assenza della quale, senza procedere all’accertamento dell’autenticità delle sottoscrizioni ha considerato valida ed efficace la scrittura disconosciuta. Da qui l’accoglimento del ricorso del contribuente e il rinvio ad altra sezione della Ctr.

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