FISCO E SENTENZE/Le massime di Cassazione: ritenute, contabilità in nero, bancarotta impropria e crediti tributari
L’omesso versamento delle ritenute, quando è giustificato e come deve essere provato; la stretta sui reati fiscali, dove il patteggiamento è possibile se tutti i debiti sono stati saldati; la cessione di quote non comporta distrazione delle scritture contabili; le prove ritenute valide per dimostrare il “nero”; due giudici per decidere la sorte dei crediti tributari nel fallimento; la responsbilità dell’amministratore che non svaluta i crediti inesigibili. La rassegna delle massime delle principali pronunce di Cassazione in materia tributaria depositate nella settimana dal 12 al 16 giugno.
Solo la crisi imprevedibile salva dall’omesso versamento delle ritenute
Non si applica all’imprenditore l’attenuante della forza maggiore per il reato di omesso versamento delle ritenute operate oltre soglia che consapevolmente manda avanti la propria impresa pur in presenza di una perdurante crisi economico-finanziaria, perché al fine di escludere la volontarietà della condotta deve dimostrare, da una parte, che la crisi d’impresa era imprevedibile ed imprevista e dall’altra, che la conseguente carenza di liquidità non gli ha permesso di assolvere l’obbligazione tributaria
Nel caso di specie, la crisi inizia nel 2007 con andamento negativo costante e riduzione progressiva del fatturato, le ritenute omesse ammontano a 158mila euro per il 2008 e 111mila per il 2010, l’imprenditore mantiene gli stessi livelli occupazionali per non depauperare l’avviamento ed il know-how e non illustra le iniziative adottate a mano a mano nel corso della crisi al fine di dimostrare l’incolpevolezza della crisi di liquidità che gli avrebbe impedito in modo assoluto di assolverebbe l’obbligazione tributaria.
• Cassazione, sentenza 29544-2017
Per i reati fiscali commessi dopo il 26 settembre 2011 patteggia chi non ha debiti
La richiesta di accesso al rito alternativo per i reati commessi successivamente al 26 settembre 2011 richiede il pagamento integrale dei tributi e delle sanzioni prima di accedere alla richiesta e non può basarsi su un piano di rateazione ancora “in corso” permesso dalla vecchia normativa prima delle modifiche apportate dal Decreto Legge 13 agosto 2011 poi converto dalla Legge 14 novembre 2011, n. 148, secondo cui in presenza di un debito residuo lo stesso va pagato entro i successivi tre mesi, ferma restando la possibilità di godere del differimento di tale pagamento una sola volta e non oltre tre mesi se ritenuta necessaria dal giudice, non potendosi più applicare la vecchia normativa perché implicitamente abrogata
(Nel caso di specie, l’imprenditore aveva utilizzato fatture fittizie per gli anni 2011 e 2012, aveva iniziato un pagamento rateale del debito d’imposta sulla scorta della vecchia formulazione dell’articolo 13 della L. 74/00 ed aveva patteggiato il 14 ottobre 2014, quando la rateazione era ancora in corso)
• Cassazione, sentenza 29565-2017
Modello 770 e certificazione per provare l’omesso versamento
Il reato di omesso versamento delle ritenute d’acconto non può essere provato dalla sola presentazione del Modello 770, sufficiente soltanto a suffragare la fondatezza della pretesa, ma deve essere supportato anche dal rilascio delle certificazioni del sostituto d’imposta. Questo perché con la novella del 2015 il Legislatore ha voluto estendere la tipicità del reato anche all’omesso versamento delle ritenute così come risultante dalla sola dichiarazione del sostituto per i fatti successivi alla sua entrata in vigore (1 gennaio 2015), con la conseguenza che la precedente formulazione racchiudeva nel proprio perimetro di specificità solo l’omesso versamento delle ritenute risultanti dai certificati del sostituto d’imposta e richiedeva sotto il profilo probatorio anche la necessità di una prova del rilascio del certificato dei sostituti.
Nel caso di specie, il contribuente non aveva versato per il 2010 circa 340mila euro di ritenute, aveva presentato il Modello 770 e l’Amministrazione non aveva fornito la prova dell’avvenuto rilascio delle certificazioni del sostituto d’imposta)
• Cassazione, sentenza 30139-2017
In caso di cessione di quote e scritture non c’è reato per distrazione della contabilità
L’atto di cessione della totalità delle quote sociali di una srl contenente la consegna delle scritture contabili, l’avvertenza da parte del cedente dell’obbligo di effettuare per il futuro gli adempimenti fiscali e l’impegno del cessionario delle quote di effettuarli è sufficiente per escludere in capo al primo il reato di occultamento e distrazione delle scritture contabili al fine dell’identificazione di emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Nel caso di specie, l’atto di cessione avveniva il 4 ottobre 2011 con contestuale passaggio di tutte le scritture contabili ed avvertenza al cessionario dei successivi obblighi fiscali da adempiere, dallo stesso accertati. Il cedente cessava dalla carica di amministratore il 1 aprile 2012.
• Cassazione, sentenza 30159-2017
Appunti manoscritti e libretto di risparmio bastano a dimostrare il “nero”
Gli appunti manoscritti e la copia del libretto a risparmio rinvenuti nell’attività di verifica di un terzo costituiscono una contabilità “in nero” sufficiente a rettificare le dichiarazioni fiscali del suo percipiente “in nero”. In tal caso il percipiente deve provare l’assenza del rapporto commerciale “in nero” con il suo cliente per vincere le presunzioni gravi, precise e concordanti offerte da questa contabilità “nera”.
Nel caso di specie, l’organo ispettivo aveva rinvenuto nell’attività di verifica presso una srl degli appunti manoscritti con l’acquisto” ed il pagamento in nero al nominativo persona fisica ma anche al legale rappresentante di una srl fornitrice della ditta verificata e copia del libretto di risparmio. Sulla base di tale contabilità “nera”, la ditta fornitrice non forniva in giudizio alcuna prova, come la contabilità, limitandosi ad affermare l’incertezza del soggetto destinatario della somme, persona fisica anziché denominazione sociale, contenendo però la seconda il cognome della prima.
• Cassazione, sentenza 14992-2017
I canoni non incassati del contratto di sublocazione in nero ed i canoni passivi dovuti alla proprietà non fermano la rettifica del reddito d’impresa
L’Amministrazione, in fase di accertamento, ha facoltà di operare il sindacato di congruità sui costi esposti nel bilancio e nella dichiarazione dei redditi ed è pertanto onere del contribuente provare i presupposti di deducibilità nella determinazione del reddito d’impresa, ivi compresa la loro inerenza e la loro diretta imputazione ad attività produttive di ricavi.
Nel caso di specie, l’Amministrazione accerta ad una srl già cancellata maggiori ricavi d’impresa, ed al socio, già legale rappresentante, i maggiori redditi di capitale connessi all’omessa contabilizzazione dei ricavi per l’annualità 2001 relativi ad un contratto di sublocazione tra la stessa ed un’altra srl. La società chiedeva di non considerare tali ricavi perché mai riscossi – censura respinta dalla Ctr perché non provata - ed in ogni caso di riconoscere quali costi i canoni ancorché non contabilizzati dalla stessa dovuti alla proprietaria dell’immobile relativi al contratto di locazione – censura rigettata in legittimità
• Cassazione, sentenza 15035-2017
Crediti tributari, sull’ammissione decide il giudice fallimentare, sulla prescrizione il giudice tributario
Il giudice delegato è fornito di giurisdizione circa la domanda dei creditori per l’ammissione al passivo mentre se viene eccepita dal curatore la prescrizione dei debiti tributari sottesi al ruolo recato dalla cartella di pagamento, la giurisdizione sulla controversia spetta unicamente al giudice tributario e il credito potrà essere ammesso in sede fallimentare solo con riserva.
• Cassazione, sentenza SS.UU. 14648-2017
Bancarotta impropria per l’amministratore che non svaluta il credito inesigibile
La mancata svalutazione in bilancio di un credito inesigibile in caso di successivo fallimento dell’impresa comporta l’imputazione di bancarotta fraudolenta impropria in capo all’amministratore per due ragioni. A livello qualitativo, sotto due profili che entrambi rivelano l’elemento soggettivo del reato commesso dall’amministratore: l’apposizione di una voce falsa nel bilancio per occultare il dissesto che indica la consapevolezza dell’inesigibilità del credito, l’artificioso proseguimento dell’attività d’impresa che amplifica il dissesto aziendale. A livello quantitativo, i principi contabili rilevano ai fini penali in quanto rappresentano criteri tecnici che agevolano la lettura del bilancio.
• Cassazione, sentenza 29885-2017
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