Imposte

Fuori dalla Pex i proventi derivanti da patti tra le parti

Gli indennizzi a fronte di clausole di garanzia sarebbero da ricondurre tra le sopravvenienze attive imponibili per il compratore e simmetricamente tra i costi deducibili per il venditor

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di Riccardo Michelutti

A inizio agosto sono apparse due pronunce, la risposta ad interpello 254 dell'agenzia delle Entrate e la sentenza di Cassazione 17011, che restringono l'ambito applicativo della Pex (participation exemption) nel caso di pattuizioni che, pur intervenendo tra le stesse parti in relazione a contratti di cessione di partecipazioni, hanno causa giuridica autonoma, diversa dalla compravendita.

La risposta 254 afferma la non riconducibilità tra le plusvalenze da risarcimento per la perdita o il danneggiamento di beni - di cui all'articolo 86, comma 1, lettera b) del Tuir - della somma corrisposta alla società venditrice da alcuni dei promissari acquirenti di una partecipazione ad esito di un accordo transattivo stipulato a fronte della mancata vendita, che nelle more veniva effettuata nei confronti di soggetti terzi ad un prezzo inferiore a quello originariamente pattuito.

L'agenzia delle Entrate, dopo aver ribadito che la fattispecie della perdita o danneggiamento in linea di principio mal si addice a beni, quali le partecipazioni, diversi dai beni materiali (risoluzione 184/2009), valorizza la natura novativa e non già dichiarativa della transazione nel caso di specie - secondo una distinzione già tracciata ai fini Iva (si veda la risposta 178/2019 e la giurisprudenza di Cassazione ivi citata) - per concludere che la causa contrattuale da cui trae origine il provento non è quella della compravendita, ma quella propria del contratto di transazione, che consiste nella definizione di una lite mediante reciproche concessioni. La natura novativa della transazione trova conferma nel fatto che medio tempore la partecipazione è stata ceduta a terzi generando una autonoma plusvalenza/minusvalenza. Resta da capire se possa invece permanere la qualificazione come plusvalenza da risarcimento ove la partecipazione non sia venduta a terzi. Infine, la risposta non si esprime sulla rilevanza ai fini Irap del provento, che dovrebbe classificarsi tra gli “Altri ricavi” nella voce A5 del conto economico ove la transazione abbia natura novativa.

La preminenza della causa giuridica sugli aspetti economico-sostanziali è alla base anche della sentenza di Cassazione n. 17011, che sovverte l'esito dei giudizi di merito statuendo la rilevanza fiscale come sopravvenienza attiva impropria ex articolo 88, comma 3, lett. a), del Tuir, del provento incassato dal compratore di una partecipazione (soggetto Ias adopter) in virtù di una clausola di garanzia prevista nel contratto di compravendita per le passività fiscali sopravvenute in capo alla società ceduta dopo il perfezionamento della compravendita ma riferibili alla precedente gestione ( tax indemnity).

La Cassazione, pur dedicando buona parte dell'iter motivazionale alla condivisibile confutazione dell'argomento accolto nei gradi di merito volto a dare rilevanza, in applicazione del principio di derivazione rafforzata di cui all'articolo 83 del Tuir, alla compensazione tra le imposte dovute e il risarcimento pattuito, dedica alcune importanti riflessioni alla causa giuridica delle clausole di garanzia. Invero, tali clausole, pur riguardando sul piano economico la consistenza patrimoniale della società ceduta, al pari delle clausole di rettifica-prezzo (price adjustment), se ne distinguono invece dal punto di vista giuridico. Esse infatti non attengono, se non su un piano meramente funzionale, al rapporto di compravendita (non costituendo espressione della garanzia della qualità della cosa venduta ex articolo 1497 del Codice civile), ma trovano causa in un distinto rapporto giuridico di natura assicurativa, pur se intercorso tra le stesse parti (venditore e compratore).

La distinzione, tracciata al paragrafo 9 della sentenza di Cassazione, tra clausole di garanzia e clausole di aggiustamento prezzo (che riecheggia, pur senza citarle, le sentenze n. 17948/2012 e 16963/2014), vale a sottrarre i relativi indennizzi dall'ambito applicativo delle plusvalenze su partecipazioni (quale rettifica del corrispettivo, come era invece il caso oggetto della ris. 184/2009, che riconosceva ai primi venditori un risarcimento nella forma di earn out a fronte di una successiva rivendita della partecipazione).

In virtù della loro autonoma causa giuridica assicurativa, gli indennizzi a fronte di clausole di garanzia sarebbero invece da ricondursi tra le sopravvenienze attive imponibili per il compratore e simmetricamente tra i costi deducibili per il venditore.

Resta da capire se da ciò possa conseguire in ogni caso l'inopponibilità ai fini civilistici (e fiscali) dell'eventuale pattuizione contrattuale volta a ricondurre anche le clausole di indennizzo tra le rettifiche di prezzo (come determinazione di un prezzo variabile in base alla riduzione della consistenza patrimoniale derivante dall'esito della controversia), non potendo peraltro darsi rilievo al comportamento contabile tenuto dai soggetti (Ias o Oic adopter), in virtù della disattivazione del principio di derivazione rafforzata per le operazioni aventi ad oggetto partecipazioni prevista dall'articolo 3, comma 3, del Dm 48/2009 (richiamato per i soggetti Oic).

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