Imposte

Gruppo Iva, la detrazione piena penalizza gli altri partecipanti

Nella pianificazione fiscale la collocazione delle attività può evitare aggravi di costi

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di Alessandro Germani

Il gruppo Iva mostra uno scarso appeal quando si ha a che fare con la separazione di attività in presenza di un’entità che detrae integralmente l’imposta. Ciò è chiarito dalla risposta a interpello delle Entrate 856/2021 del 22 dicembre scorso. Vediamone i risvolti.

Nell’ambito di un gruppo Iva, per cui si è optato sia per la dispensa degli adempimenti che per la separazione delle attività, figura una società attiva in ambito IT che effettua servizi alle banche del gruppo detraendo integralmente l’Iva.

Questo tipo di configurazione è piuttosto frequente in ambito finanziario. L’entità che svolge il servizio ha un diritto alla detrazione pieno mentre le altre entità del gruppo (committenti) sono caratterizzate da un pro rata di detraibilità pari a zero in quanto svolgono solo attività esente (o avendo optato per la dispensa dagli adempimenti). La logica del gruppo Iva consente di fatturare senza applicazione dell’Iva le prestazioni intercompany (articolo 70-quinquies, comma 1, del Dpr 633/72) in quanto non si tratta di cessioni di beni o di prestazioni di servizi. Ciò consente di evitare l’aggravio dell’imposta laddove la fornitura di un determinato servizio sia collocata nell’ambito di una specifica struttura societaria.

Questo meccanismo, tuttavia, va in difficoltà laddove si verifica un passaggio interno di beni o di servizi. L’istante, infatti, in considerazione che i servizi IT svolti per le varie entità sono per lo più di tipo labour intensive, argomenta che il corrispettivo delle prestazioni è fondato su un cost plus, dato dai costi diretti e indiretti oltre a un mark up. Posto che a fronte del costo del personale l’istante non beneficia di alcuna detrazione Iva, ritiene altresì che il costo del personale non debba essere assoggettato ad Iva nell’ambito della rifatturazione intercompany, evitando così quell’aggravio di imposta che l’appartenenza al medesimo gruppo Iva dovrebbe scongiurare. Senonché tale effetto non si raggiunge nel momento in cui si ha a che fare con un passaggio di servizi fra attività che hanno un diritto alla detrazione differente, perché in tale circostanza ad avviso dell’Agenzia, che richiama la circolare 19/E/18 (paragrafo 7), trova applicazione l’articolo 36, comma 5, del Dpr 633/72. Infatti i passaggi interni tra attività separate sono rilevanti agli effetti dell’Iva nei casi in cui il comparto di destinazione del bene e/o del servizio, oggetto del passaggio interno, si caratterizzi per un pro-rata di detrazione inferiore rispetto a quello di provenienza. Pertanto il servizio dovrà essere assoggettato a Iva in base al valore normale, inteso come il corrispettivo o prezzo mediamente praticato per i servizi della stessa specie di quelli oggetto del passaggio interno tra attività separate.

La risposta a interpello 859/2021 del 23 dicembre chiarisce un aspetto utile per i nuovi ingressi in gruppo Iva, in tema di acconto, che per il primo anno non è mai dovuto in quanto manca il dato storico. L’Agenzia concorda con la soluzione, anche perché la costituzione del gruppo Iva non realizza alcun effetto successorio (risoluzione 72/E/19). Le conclusioni della circolare n. 52/1991 valgono anche per il gruppo Iva, che è esonerato dall’obbligo di acconto per il primo anno.

Inoltre per la quantificazione dell’acconto secondo il metodo storico va considerato il solo importo versato o che avrebbe dovuto essere versato dal gruppo Iva nell’anno precedente, senza tener conto di eventuali modifiche del perimetro dei soggetti partecipanti al gruppo Iva (in ingresso o uscita) verificatesi dal 1° gennaio di ciascun anno successivo a quello in cui ha avuto efficacia l’opzione.

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