I provvedimenti dal 16 al 25 settembre
I provvedimenti normativi e le interpretazioni ministeriali dell'ultima settimana
Iva/Aliquote
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 17 settembre 2020, n. 370
Vendita di gel igienizzante
Perché si applichi l'Iva agevolata (articolo 124, dl 34/2020) al gel igienizzante è necessario che questo contenga l'additivo disinfettante.
Pertanto, l'azienda che vende saponi liquidi cosmetici e gel igienizzanti non può fruire del regime Iva di favore (che prevede l'esenzione dell'imposta – al pari di un'aliquota zero, in quanto ammette la detrazione – per le cessioni effettuate entro il 31 dicembre 2020 ed un'aliquota ridotta al 5% per quelle effettuate dal 1° gennaio 2021) qualora il prodotto commercializzato non rientri nella categoria dei "detergenti disinfettanti mani", non essendo addizionato con sostanze destinate a eliminare batteri, virus e funghi, requisito che consentirebbe l'applicazione del beneficio.
Iva/Operazioni esenti
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 17 settembre 2020, n. 372
Esente la consulenza finanziaria se abbinata a un ordine
Si applica il regime di esenzione Iva alle prestazioni di consulenza (in materia di investimenti mobiliari) rese unitamente al servizio di ricezione e trasmissione degli ordini relativi agli strumenti finanziari negoziati.
Ciò in quanto l'operazione si considera unica, quale attività di negoziazione titoli, esente da Iva ai sensi dell'articolo 10, comma 1, numeri 4) e 9), Dpr 633/1972.
Secondo l'interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia Ue 29 marzo 2007, causa C-111/05, si configura un'operazione unica quando due o più elementi "sono così strettamente collegati da formare, oggettivamente, un'unica operazione economica indissociabile, la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale".
Per stabilire se più prestazioni sono tra loro autonome ovvero costituiscono un'unica operazione occorre tener conto dell'obiettivo economico che si pone l'acquirente (si vedano le sentenze della Corte di Giustizia Ue, causa C-461/08, causa C-175/09 e causa C-392/11).
Nel caso oggetto di interpello, la consulenza sui prodotti finanziari (raccomandazione al soggetto investitore) e il servizio di ricezione e di trasmissione degli ordini sono prestazioni tra loro correlate, così che i due servizi non sono tra loro indipendenti ma configurano un'unica prestazione.
Non sono invece esenti da Iva, in quanto non si qualificano come attività di negoziazione, le prestazioni che consistono nella fornitura di mera consulenza sui prodotti finanziari (prestazione di raccomandazioni personalizzate al potenziale investitore; cfr. articolo 1, comma 5, lettera f), Dlgs 58/1998) senza che il consulente partecipi alla conclusione del contratto tra l'investitore e la società che emette i titoli (Cm 15 maggio 2018, n. 38/E; Rm 4 agosto 2008, n. 343/E).
Iva/Gruppo Iva
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 17 settembre 2020, n. 373
Iva di gruppo: rettifica delle fatture ricevute
Viene chiarita la procedura da adottare per la correzione di errori di fatture ricevute nell'ambito del Gruppo Iva.
Se la fattura riporta la partita Iva del singolo aderente (in luogo di quella del Gruppo Iva) - nonostante l'avvenuta comunicazione ai fornitori (articolo 3, comma 2, Dm 6 aprile 2018) – il documento si considera irregolare ai fini Iva.
In tal caso il cessionario/committente (Gruppo Iva), in caso di inerzia da parte dell'emittente (che dovrebbe rettificare i documenti ai sensi dell'articolo 26, Dpr 633/1972 tramite nota di credito ed emissione di una nuova fattura; cfr. risposta ad interpello 133/2020), deve regolarizzare la fattura ai sensi dell'articolo 6, comma 8, lettera b), Dlgs 471/1997 mediante l'emissione (e trasmissione al SdI) della cd. "autofattura denuncia" (Rm 72/E/2019).
La regolarizzazione è richiesta ancorché il Gruppo Iva - avendo optato per la dispensa dalla fatturazione ai sensi dell'articolo 36-bis, Dpr 633/1972 - non possa detrarre l'imposta.
Se la fattura originaria è stata già registrata, nel registro acquisti è sufficiente annotare – in corrispondenza della fattura errata – che la regolarizzazione è avvenuta mediante l'emissione di una "autofattura denuncia", riportandone gli estremi, e conservando quest'ultima. Ciò in quanto si tratta della correzione di un elemento (la partita Iva) che non genera una differente imposta da versare.
La stessa annotazione – ma sul registro delle fatture emesse – va effettuata dal fornitore, per evidenziare che l'errore dell'elemento è stato corretto dal cessionario/committente, senza che sia necessario registrare l'autofattura.
Iva/Depositi Iva
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 17 settembre 2020, n. 376
Carburanti in deposito con Iva versata con i limiti antifrode
In genere, l'immissione in consumo o l'estrazione (dal deposito fiscale) di benzina o gasolio destinati ad essere utilizzati come carburanti per motori, come pure di altri prodotti carburanti o combustibili individuato con apposito decreto del Mef, è subordinata al versamento dell'Iva con il modello F24 senza possibilità di compensazione (articolo 1, commi da 937 a 943, legge 205/2017; Cm 18/E/2019).
Solo in presenza di determinati requisiti è possibile assolvere l'Iva nei modi ordinari (articolo 1, comma 941, legge 205/2017), ossia: sui prodotti di proprietà del gestore del deposito, di capacità non inferiore a 3.000 metri cubi (gestore che opera solo in conto proprio); sui prodotti immessi in consumo da un deposito fiscale per conto di un soggetto titolare di un diverso deposito fiscale di capacità non inferiore a 10.000 metri cubi per la benzina e il gasolio e che integri i criteri di affidabilità determinati con il Dm 13 febbraio 2018; sui prodotti immessi in consumo da un deposito fiscale di capacità pari a quella di cui al punto precedente per conto di un soggetto che presti idonea garanzia.
Iva/Split payment
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 18 settembre 2020, n. 378
Iva in split payment: recupero dell'imposta versata per errore
Il recupero di un versamento Iva duplicato, eseguito con due modelli F24, non consente la possibilità di emissione di una nota di variazione da parte del fornitore. Si può, invece, scomputare l'importo in questione dai versamenti dell'imposta che, nell'ambito della propria sfera istituzionale, l'ente dovrà effettuare in regime di split payment (articolo 17-ter, Dpr 633/1972).
Secondo l'agenzia delle Entrate, la duplicazione del versamento Iva mediante il modello F24 non è riconducibile ad alcuna delle ipotesi che legittimano l'emissione di una nota di variazione ai sensi dell'articolo 26 del decreto Iva da parte del fornitore.
Trattasi, infatti di un pagamento indebito eseguito dal committente/cessionario che può dar luogo ad azione di ripetizione di cui all'articolo 2033 e segg. del codice civile ovvero alla possibilità di eccepire la compensazione di cui all'articolo 1241 e segg. del codice civile.
Viene però ammessa, in relazione al versamento duplicato, la possibilità di recuperare l'Iva versata in eccesso all'Erario scomputando l'importo di cui trattasi dai versamenti dell'imposta che, nell'ambito della propria sfera istituzionale, l'istante dovrà effettuare in regime di split payment nei periodi successivi.
L'agenzia suggerisce all'istante di indicare nei propri documenti contabili la compensazione avvenuta riportandole motivazioni che hanno determinato la rilevazione dell'indebito.
Iva/Operazioni imponibili
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 22 settembre 2020, n. 386
Soggette ad imposta le somme dovute a seguito di accordo transattivo
Le somme dovute sulla base di un accordo transattivo (conciliazione giudiziale, in adesione ad una proposta conciliativa formulata da un giudice) intervenuto tra le parti sono da assoggettare ad Iva.
Si tratta, infatti, dell'assunzione di una obbligazione di fare, non fare o permettere (nel caso specifico, di obbligazione "di non fare", riferita all'espressa rinuncia a qualsiasi ulteriore pretesa da parte dell'attore).
Nell'ambito di un contenzioso proposto da un locatore relativo a presunti danni causati ad un immobile condotto in locazione da un'impresa, quest'ultima ha aderito alla proposta conciliativa del giudice, accettando il versamento di una somma a fronte della rinuncia ad ogni pretesa da parte del locatore.
Tale circostanza integra una corrispettività tra la prestazione di servizi (l'obbligo di "non fare") rispetto alle somme incassate, configurandosi, pertanto, il presupposto oggettivo per l'applicazione dell'Iva previsto per le prestazioni di servizi dall'articolo 3, Dpr 633/1972.
L'agenzia delle Entrate non condivide la tesi dell'istante secondo cui le somme derivano da un inadempimento del conduttore in relazione al contratto di locazione, come sancito dalla Corte di Cassazione, sentenza. n. 17633/2008, in relazione all'esclusione da Iva delle somme corrisposte a titolo di risarcimento del danno, interessi moratori ed altre irregolarità negli adempimenti degli obblighi contrattuali. In caso di sentenza di condanna certamente le somme sarebbero state qualificate come risarcimento danni, ma nel caso in esame il danno non è stato acclarato e nell'atto di conciliazione il conduttore afferma di rinunciare alla causa pendente senza che ciò implichi riconoscimento della propria responsabilità, ma al solo fine di chiudere bonariamente la lite.
Iva/Nota di variazione
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 22 settembre 2020, n. 387
Niente nota di credito per la restituzione dell'Iva in rivalsa
Vengono forniti chiarimenti sulla restituzione dell'Iva e della ritenuta d'acconto Irpef delle spese legali (addebitate al soccombente) in seguito all'intervento di una sentenza di riforma che compensa le spese del processo.
La parte soccombente chiede la restituzione delle somme pagate a titolo di compenso professionale, inclusa l'Iva e le ritenute versate all'Erario. Avendo il grado successivo compensato le spese, in riforma della sentenza del grado precedente, l'avvocato difensore deve restituire le somme al soggetto che le aveva pagate e deve chiederle al proprio cliente.
L'avvocato difensore, comunque, avrebbe dovuto emettere la fattura al proprio cliente/committente (articolo 18, Dpr 633/1972), ossia la parte vittoriosa, a prescindere dal soggetto che ha effettuato il pagamento (parte soccombente).
Da ciò deriva che nel caso di specie non è possibile emettere una nota di credito, ai sensi dell'articolo 26, comma 2, Dpr 633/1972, ammessa solo a condizione che sia assicurata l'identità tra l'oggetto della fattura e della registrazione originarie (Rm 42/E/2009; Corte di Cassazione 9188/2001).
La restituzione degli importi pagati dalla parte soccombente (onorario del difensore distrattario) a seguito della riforma della sentenza (che prevedeva la condanna alle spese di lite) non assume rilevanza ai fini Iva, in quanto non vi è un'operazione originaria tra prestatore e committente che possa legittimare l'emissione di una nota di variazione in diminuzione. Piuttosto, la parte soccombente ha solo provveduto a pagare le spese di lite a seguito della sentenza del grado procedente (poi riformata). La restituzione deve avvenire a titolo di ripetizione dell'indebito (articolo 2033 codice civile).
Quanto alla ritenuta d'acconto viene ricordato che: l'articolo 10, comma 1, lettera d-bis), del Tuir prevede che siano deducibili dal reddito le somme restituite al soggetto che le ha erogate se le medesime sono state assoggettate ad imposizione, anche separata, in anni precedenti. Ciò a condizione che la restituzione sia avvenuta al lordo delle ritenute fiscali. In alternativa è possibile presentare istanza di rimborso secondo le modalità di cui al Dm 5 aprile 2016; l'articolo 10, comma 2-bis, del Tuir (applicabile dall' 1 gennaio 2020) stabilisce che "le somme di cui alla lettera d-bis) de comma 1, se assoggettate a ritenuta, sono restituite al netto della ritenuta subita e non costituiscono oneri deducibili". Quindi, la lettera d-bis) si applica nei casi in cui il contribuente (sostituito) restituisca (al sostituto d'imposta) somme che non erano state assoggettate a ritenuta (es. somme dei soggetti che operano in regime forfetario). Se invece il sostituito (percipiente) restituisce somme assoggettate a ritenuta, la restituzione delle somme avviene al netto della ritenuta ed è previsto un credito d'imposta in capo al sostituto d'imposta (che aveva versato le ritenute all'Erario).
Iva/Reverse charge e split payment
Risoluzione agenzia delle Entrate 22 settembre 2020, n. 53/E
Stretta sulle compensazioni: si considerano anche le operazioni in reverse charge e in split payment
L'articolo 17-bis, comma 1, Dlgs 241/1997 prevede che i committenti, gli appaltatori, i subappaltatori, gli affidatari e i soggetti degli altri rapporti negoziali ivi indicati (di importo annuo superiore a 200.000 euro) siano soggetti a precisi obblighi fiscali, in relazione ai redditi di lavoro dipendente e assimilati da erogarsi successivamente.
Il comma 5, però, esonera da tali obblighi le imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici di cui al comma 1 qualora esse comunichino al committente la sussistenza di specifici requisiti nell'ultimo giorno del mese precedente a quello di scadenza del pagamento delle ritenute.
Quanto al requisito di aver eseguito, nel corso dei periodi d'imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell'ultimo triennio, complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10% dell'ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime, è stato chiarito che occorre fare riferimento (Cm 1/E/2020): al numeratore, ai complessivi versamenti effettuati tramite modello F24 per tributi, contributi e premi assicurativi Inail, al lordo dei crediti compensati, nel corso dei periodi d'imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell'ultimo triennio (non sono considerati i pagamenti dei debiti iscritti a ruolo). Regole particolari sono dettate per i soggetti che hanno aderito al regime dell'Iva di gruppo, della trasparenza fiscale e del consolidato fiscale (Rm 53/E/2020); al denominatore, ai ricavi o compensi complessivi risultanti dalle dichiarazioni presentate nel medesimo triennio.
Viene ora chiarito che, ai fini del calcolo della soglia del 10%, tra i versamenti, debba essere considerata anche l'Iva relativa alle operazioni rese nell'ambito del regime dello split payment, in quanto viene traslato sul destinatario della fattura il solo obbligo di versamento, restando invece debitore d'imposta il cedente/prestatore (Cm 1/E/2015).
Analogamente, anche se per altra motivazione, vanno considerati i "teorici" importi relativi all'Iva nel regime del reverse charge, introdotto al solo fine di «contrastare le frodi in particolari settori a rischio, evitando che il cessionario porti in detrazione l'imposta che il cedente non provvede a versare all'erario» (Cm 14/E/2015).
Iva/E-fattura
Provvedimento agenzia delle Entrate 23 settembre 2020, n. 311557
Adesione al servizio di consultazione e acquisizione dei documenti: ulteriore proroga
È stata disposta un'ulteriore proroga fino al 28 febbraio 2021 (anziché fino al 30 settembre 2020) del periodo per effettuare l'adesione al servizio di consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche e dei loro duplicati informatici. Inoltre, nell'ottica di efficientamento del processo di fatturazione elettronica, è stata prevista una nuova funzionalità per i soggetti che utilizzano un canale "web service" per lo scambio dati con il Sistema di Interscambio (SdI) in grado di produrre un report di quadratura delle fatture elettroniche e delle notifiche scambiate tra quest'ultimo e il soggetto, in qualità sia di ricevente sia di trasmittente.
Imu/Compensazione
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 22 settembre 2020, n. 385
Divieto di compensazione: non vale per i debiti Imu
Opera un divieto di utilizzo in compensazione di crediti in presenza di debiti a ruolo scaduti (quindi, notificati da oltre 60 giorni e non rateizzati e non pagati) per un importo superiore a 1.500 euro, fino a concorrenza dei debiti scaduti per imposte erariali (articolo 31, comma 1, Dl 78/2010).
Il divieto però non vale se il debito riguarda l'Imu, che non si annovera nella categoria dei tributi erariali (Cm 4/E/2011 e Cm 13/E/2011), al pari di debiti di natura previdenziali o di natura amministrativa (es. sanzioni per violazioni al codice della strada).
L'imposta, pur prevedendo un gettito in favore dello Stato (articolo 1, comma 380, legge 24 dicembre 2012, n. 228), resta un tributo locale (risoluzione n. 2/DF/2012).
Prova ne è l'affidamento agli enti locali della riscossione, dell'accertamento, del contenzioso, dell'obbligo di effettuare i rimborsi.
Redditi di lavoro dipendente/Tassazione separata
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 17 settembre 2020, n. 367
Una tantum per vacanza contrattuale a tassazione separata
Si applica il regime di tassazione separata sulle somme erogate una tantum per compensare i mancati incrementi dei minimi contrattuali riferiti al periodo di vacatio del Ccnl, poiché si tratta di una causa di carattere giuridico che ne consente l'applicazione.
Si tratta di una modalità – prevista dall'articolo 17, comma 1, lettera b) del Tuir – per evitare che il sistema della progressività delle aliquote Irpef possa determinare un danno per il contribuente, ledendo il principio della capacità contributiva.
Nello stesso senso si era espressa la Rm 16 marzo 2004, n. 43/E proprio in relazione all'erogazione di emolumenti in un periodo d'imposta successivo in attuazione delle sopravvenute previsioni derivanti da un contratto collettivo: trattasi di una "causa giuridica" che legittima di per sé l'applicazione della tassazione separata, e quindi estranea all'ipotesi di un accodo tra le parti in ordine ad un rinvio del tutto strumentale delle somme spettanti, che non richiede neppure un'indagine sulle cause che hanno determinato il ritardo del pagamento (cioè non va valutato neppure il carattere "fisiologico" o meno del ritardo stesso, che va considerato solo in caso di "oggettive situazioni di fatto"; cfr. Rm 13 dicembre 2017, n. 151/E).
Redditi di lavoro dipendente/Fringe benefit
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 18 settembre 2020, n. 383
Polizza assicurativa collettiva solo per alcuni dipendenti
Nel caso in cui beneficiari di una polizza assicurativa collettiva – ramo vita – siano solo alcuni lavoratori, i fringe benefit rappresentano una componente positiva del reddito di lavoro dipendente, tranne che l'importo complessivo non superi 258,23 euro all'anno.
L'articolo 51, comma 2, del Tuir elenca le somme ed i valori percepiti in relazione al rapporto di lavoro dipendente che in tutto o in parte sono esclusi dal reddito imponibile, in deroga al principio generale dell'onnicomprensività sancito dall'articolo 51, comma 1, del Tuir. Affinché, però, tali utilità non generino reddito imponibile in capo al lavoratore è necessario, tra l'altro, che i servizi siano messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti (Cm 326/E/1997; Cm 188/E/1998; Cm 28/E/2016; Cm 5/E/2018), ossia non devono essere somme e valori erogati ad personam (che costituiscano dei vantaggi solo per alcuni e ben individuati lavoratori).
Nell'ipotesi in cui beneficiari della polizza siano i lavoratori, con la Rm 21 dicembre 2007, n. 391/E è stato chiarito che l'importo dei contributi stessi è volto a garantire un beneficio aggiuntivo della retribuzione (cd. fringe benefit) dei lavoratori dipendenti, costituito dalla titolarità dell'interesse economico che viene protetto dalla polizza stessa e come tali imponibili ai sensi dell'articolo 51, comma 1, del Tuir. Tali somme, pertanto, sono da trattare come componente positiva del reddito di lavoro dipendente, ferma restando l'applicazione del comma 3 del medesimo articolo, in base al quale il valore dell'emolumento in natura non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente se, sommato al valore degli altri eventuali beni e servizi in natura concessi al dipendente nel medesimo periodo d'imposta, non risulta superato l'importo complessivo di 258,23 euro (soglia raddoppiata solo per il 2020).
Ovviamente in tale ipotesi, le somme poi riscosse dal beneficiario della polizza dovranno essere assoggettate al regime tributario tipico dei capitali rinvenienti dai contratti di assicurazioni sulla vita.
Redditi di lavoro dipendente/Ente Bilaterale di categoria
Risoluzione agenzia delle Entrate 25 settembre 2020, n. 54/E
Regime fiscale dei contributi versati all'Ente Bilaterale di categoria
In generale, i contributi versati all'Ente Bilaterale (Dlgs 276/2003), dal datore di lavoro e dal lavoratore, concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, in quanto non rientrano nell'ipotesi di esclusione dal reddito previste dall'articolo 51 del Tuir, che dispone la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente, tra l'altro, dei soli contributi assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge (Cm 326/E/1997 e Cm 55/E/1999).
Questa conclusione, però, viene meno nel caso in cui il contratto, l'accordo o il regolamento aziendale prevedano soltanto l'obbligo per il datore di lavoro di fornire talune prestazioni assistenziali e il datore di lavoro, obbligato a fornire dette prestazioni, scelga di garantirsi una copertura economica, iscrivendosi a un Ente o ad una Cassa. In questa circostanza il versamento del contributo da parte del datore di lavoro risponde a un suo interesse esclusivo e non genera imponibile per i lavoratori.
Per considerare imponibili tali contributi, inoltre, è necessario che essi siano riferibili alla posizione del singolo dipendente, ovvero che sia possibile giungere a un collegamento diretto tra il versamento effettuato e il lavoratore (nel caso di specie, la società versa all'Ente Bilaterale un contributo cumulativo e indifferenziato che esclude un collegamento diretto tra quanto versato dal datore di lavoro e ciascun singolo lavoratore. Tutto ciò considerato, dunque, non è possibile ravvisare nella contribuzione una componente reddituale nei confronti dei dipendenti e, pertanto, i predetti contributi non costituiscono reddito ai sensi del comma 1, dell'articolo 51 del Tuir).
Redditi di lavoro dipendente/Welfare aziendale
Risoluzione agenzia delle Entrate 25 settembre 2020, n. 55/E
Benefit offerti a categorie di dipendenti nell'ambito di un piano di welfare aziendale
Le utilità a carattere premiale legate al raggiungimento di uno specifico obiettivo economico di fatturato, dettagliatamente specificate nei regolamenti aziendali di welfare ed erogate da una società ad alcune categorie di dipendenti (lavoratori appartenenti a due individuate aree aziendali con almeno 2 anni di anzianità di servizio e con un orario di lavoro giornaliero di almeno 6 ore), non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, perché destinate a beneficiari indistinti.
Nello stesso tempo, i relativi oneri sostenuti dal datore di lavoro risultano deducibili ai sensi dell'articolo 95 del Tuir laddove le utilità ricomprese nel piano, e offerte ai dipendenti, vengano riconosciute in ragione di contratto, accordo o regolamento aziendale che configuri l'adempimento di un obbligo negoziale (Cm 28/E/20216).
Redditi di lavoro dipendente/Sconti
Risoluzione agenzia delle Entrate 25 settembre 2020, n. 57/E
Sconto ai dipendenti per l'acquisto di beni a seguito di convenzione stipulata dal datore di lavoro
Nel caso di sconto concesso ai dipendenti, sulla base di un'apposita convenzione stipulata tra la società-datore di lavoro e la società-fornitrice, per l'acquisto diretto di prodotti sulla piattaforma web della società-fornitrice (quindi a prezzo scontato), non si genera alcun componente fiscalmente imponibile in capo ai dipendenti, perché il valore normale (articolo 9, comma 3, del Tuir) dei beni acquistati è pari a quanto corrisposto dagli stessi. In questa fattispecie trovano applicazione i chiarimenti di cui alla Rm n. 26/E/2010 e alla Cm n. 28/E/2016).
Redditi di capitale/Operazioni Peer to Peer
Risoluzione agenzia delle Entrate 25 settembre 2020, n. 56/E
Proventi derivanti da operazioni di Peer to Peer Lending
L'articolo 1, comma 44, legge 27 dicembre 2017, n. 205 ha previsto che sono redditi di capitale i proventi derivanti da prestiti erogati per il tramite di piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali (piattaforme di Peer to Peer Lending) gestite da società iscritte all'albo degli intermediari finanziari o da istituti di pagamento, autorizzati dalla Banca d'Italia.
Inoltre è stato stabilito che i predetti gestori operano una ritenuta alla fonte a titolo di imposta sui redditi di capitale; questa ritenuta è attualmente stabilita nella misura del 26%.
Perché la ritenuta applicata sia a titolo d'imposta è richiesto il rispetto di due condizioni: la natura del soggetto finanziatore, che deve essere esclusivamente una persona fisica al di fuori dell'esercizio di una attività d'impresa. La norma si riferisce alle persone fisiche, per cui, anche se restano redditi di capitale, non opera la ritenuta a titolo d'imposta se l'investitore fosse una società semplice o un ente non commerciale; la qualifica del gestore della piattaforma, che deve essere un intermediario finanziario iscritto all'albo o un istituto di pagamento, autorizzato dalla Banca d'Italia.
Qualora il gestore della piattaforma non abbia tali requisiti si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 44, comma 1, lettera a), del Tuir, secondo cui sono redditi di capitale gli interessi e altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti, dal momento che l'esercizio dell'attività di finanziamento attraverso le piattaforme di P2P Lending risulta riconducibile, in generale, al contratto di mutuo così come definito dall'articolo 1813 del codice civile.
Agevolazioni/Credito d'imposta
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 22 settembre 2020, n. 389
Credito d'imposta per investimenti in beni strumentali da parte di enti locali
Anche il Comune, nell'ambito della propria attività commerciale (produzione e distribuzione di energia elettrica), può fruire del credito d'imposta per investimenti in beni strumentali nuovi, che hanno sostituito gli incentivi del super ammortamento e dell'iper ammortamento (articolo 1, commi 185 e seguenti, legge 160/2019), ancorché non sia assoggettato a Ires.
Il documento di prassi ricorda che, in relazione ai soggetti che possono fruirne, il comma 186 della stessa legge riconosce come beneficiarie tutte le imprese residenti in Italia, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito. La fruizione del beneficio è subordinata al rispetto delle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e al corretto versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori. L'ampia formulazione letterale della norma, non escludendo specificamente i contribuenti non soggetti a Ires ai sensi dell'articolo 74, comma 1 del Tuir, ammette automaticamente al beneficio il Comune istante, che intende fruirne in relazione agli investimenti in beni strumentali nuovi che effettuerà nel 2020 nell'ambito della sua attività di produzione e distribuzione di energia elettrica.
Regime forfetario/Premi di risultato
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 23 settembre 2020, n. 398
Nel limite del 30% (reddito di lavoro dipendente) sono inclusi anche i premi di risultato
I premi di risultato percepiti nell'ambito del reddito di lavoro dipendente, trattandosi di somme percepite in via ordinaria nell'ambito della prestazione lavorativa fornita, sono rilevanti per la soglia di 30.000 euro di redditi di lavoro dipendente e a questi assimilati per l'accesso al regime forfetario. Ai fini del computo del limite di 30.000 euro, non vanno invece considerati gli emolumenti arretrati assoggettati a tassazione separata.
Si ricorda che la soglia – riferita all'anno precedente a quello in cui si intende accedere o permanere nel regime – non deve essere verificata se il rapporto di lavoro è cessato (articolo 1, comma 57, lettera d-ter), legge 190/2014). Il superamento della soglia in un anno determina la fuoriuscita dal regime forfetario dall'anno successivo (Rm 7/E/2020).
Immobili/Registro
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 16 settembre 2020, n. 358
Disposizioni autonome in un atto di compravendita
La dichiarazione, contenuta in un atto di compravendita, di avvalersi della compensazione legale (articolo 1243 del codice civile) è assoggettata ad imposta di registro in misura fissa (200 euro), in quanto la clausola costituisce una disposizione autonoma, finalizzata al pagamento del corrispettivo, avente natura ricognitiva. Ciò in quanto tale dichiarazione di compensazione non muta la situazione preesistente, giacché l'estinzione dei reciproci debiti si verifica ex lege per l'avvenuta coesistenza dei reciproci crediti, sicché la dichiarazione dell'interessato di volersi avvalere della compensazione equivale ad una dichiarazione diretta a giovarsi di un effetto già verificatosi e non a costituirlo.
La suddetta disposizione ricognitiva della compensazione legale, pertanto, non avendo ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, è da registrare con applicazione dell'imposta di registro in misura fissa di 200 euro, a norma dell'articolo 11 della Tariffa, Parte I, allegata al Dpr 26 aprile 1986, n. 131, poiché, nel caso di specie, contenuta in un atto stipulato nella forma di atto pubblico.
Immobili/Registro e ipo-catastali
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 18 settembre 2020, n. 384
Trasferimenti di fabbricati a imprese di costruzione o di ristrutturazione
Si applica l'imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa (200 euro per ciascuna imposta) per i trasferimenti di interi fabbricati a favore di imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare (articolo 7, Dl 30 aprile 2019 n. 34). L'agevolazione spetta non solo allorché l'acquisto avvenga con un solo atto, ma anche se attraverso più atti separati che comportano, complessivamente, l'acquisto dell'intero fabbricato.
Negli atti di acquisto integrativi dei precedenti occorrerà, con la medesima forma, dichiarare la sussistenza delle condizioni e richiedere le agevolazioni per la valorizzazione edilizia di cui al citato Dl 34/2019. Il Notariato (Studio 82-2019/T) aveva ipotizzato di applicare il beneficio sin dal primo atto, applicando la sola imposta fissa a norma dell'articolo 27, Dpr 131/1986 ("Gli atti sottoposti a condizione sospensiva sono registrati con il pagamento dell'imposta in misura fissa"), condizionando il regime fiscale alla realizzazione dell'acquisto integrale del fabbricato.
Condizione imprescindibile è che l'impresa acquirente provveda, entro 10 anni dall'acquisto, alternativamente: alla demolizione (e successiva ricostruzione) e alla alienazione degli immobili - anche se suddivisi in più unità immobiliari - almeno per il 75% del volume del nuovo fabbricato; all'effettuazione di interventi edilizi di manutenzione straordinaria, restauro, risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia e provvedano, successivamente, all'alienazione degli immobili - anche se suddivisi in più unità immobiliari - almeno per il 75% del volume del nuovo fabbricato.
Inoltre, la ricostruzione/ristrutturazione deve avvenire conformemente alla normativa antisismica con il conseguimento della classe energetica A o B.
Immobili/Locazione
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 22 settembre 2020, n. 388
Cedolare secca per i contratti di immobili di categoria C1 prorogati nel 2019
In relazione ai canoni di locazione per contratti stipulati nel corso del 2019 dalle persone fisiche al di fuori dell'esercizio di un'attività d'impresa o di arti e professioni, aventi ad oggetto immobili ad uso commerciale di categoria C1 (e relative pertinenze se congiuntamente locate) di superficie non superiore a 600 metri quadrati (articolo 1, comma 59, legge 145/2018; Cm 10 aprile 2019, n. 8/E), al momento del rinnovo contrattuale è possibile optare per il regime della cedolare secca anche per le annualità successive. E ciò anche se al momento della stipula non era stata esercitata l'opzione (articolo 3, Dlgs 23/2011 e provvedimento agenzia delle Entrate n. 55394/2011).
Conforme la risposta ad interpello 22 luglio 2019, n. 297 e la risposta ad interpello 22 giugno 2020, n. 190, nonché le risposte ad interpello 184/2020 e 198/2020.
Occorre presentare il modello RLI entro 30 giorni dalla scadenza dell'annualità.
Professionisti/Contributo a fondo perduto
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 18 settembre 2020, n. 377
Studi associati: restituzione del contributo senza sanzioni
I professionisti associati con Casse di previdenza obbligatoria che abbiano fruito erroneamente del contributo a fondo perduto (articolo 25, Dl 19 maggio 2020, n. 34) prima della Cm 22/E/2020 (con la quale viene negata la spettanza del beneficio; si veda il paragrafo 2.10; cfr. anche Cm 15/E/2020) devono restituire le somme, senza che vengano addebitate sanzioni.
Per effetto dello Statuto del contribuente (articolo 10, comma 3, legge 212/2000), «Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria» (Cm 25/E/2020, paragrafo 1.2.2).
Società/Conferimento
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 17 settembre 2020, n. 371
Conferimento d'azienda e successiva cessione di quote
L'atto di conferimento d'azienda seguito dalla cessione delle partecipazioni (ricevute) nella conferitaria non si qualifica – neppure ai fini dell'imposta di registro – quale cessione d'azienda. Ciò, infatti, è impedito dall'articolo 20 (norma sull'interpretazione degli atti), Dpr 131/1986, come interpretato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 158/2020. L'articolo 20 citato, riformulato dall'articolo 1, comma 87, legge 205/2017 – con valenza retroattiva (articolo 1, comma 1084, legge 145/2018) – impone di interpretare il singolo atto oggetto di registrazione sulla base del solo contenuto dello stesso, senza far riferimento ad elementi extra-testuali e atti collegati (quindi non bisogna aver riguardo agli effetti economici di eventuali atti collegati, in quanto l'imposta di registro è un'imposta d'atto).
Resta, però, ferma la possibilità di vagliare l'operazione sulla base del principio dell'abuso di diritto (articolo 10-bis, legge 212/2000).
Pertanto, gli atti relativi all'operazione di conferimento di azienda e della successiva cessione di quote saranno assoggettati ad imposta di registro in misura fissa, sulla base del contenuto giuridico dei singoli atti presentati per la registrazione.
Società/Partecipazioni
Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 18 settembre 2020, n. 381
Conferimento in regime di realizzo controllato: non spetta per l'usufrutto
Non si applica il regime di realizzo controllato, ai sensi dell'articolo 177, commi 2 e 2-bis, Tuir nell'ipotesi di conferimento del diritto di usufrutto sulle partecipazioni detenute in una società.
La titolarità di un diritto reale di godimento quale l'usufrutto sulle partecipazioni della società conferita, ancorché munito dei corrispondenti diritti di voto, preclude la configurabilità di uno scambio tra le partecipazioni oggetto di conferimento (la titolarità delle quali permane in capo ai nudi proprietari, non conferenti), e le partecipazioni ricevute dal conferente. In tal senso, il conferimento di meri diritti di usufrutto non è idoneo ad integrare in capo al conferente l'esistenza di una partecipazione oggetto di scambio - quanto piuttosto di un diritto ai frutti ritraibili dalla partecipazione medesima - con conseguente inapplicabilità del regime a "realizzo controllato" (conforme la massima H.G.34 del Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie).
Diversamente, il regime in esame è applicabile nel caso di conferimenti della nuda proprietà, comprensivo del diritto di voto (risposte ad interpello 147/2019 e 290/2019).