Imposte

Il bonus ricapitalizzazioni esclude le obbligazioni con warrant

Per gli investitori non si applica il limite di 800 mila euro previsto dalla disciplina sugli aiuti di Stato

di Luca Cassiani e Pasquale Miracolo

Con il decreto attuativo del 10 agosto 2020, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 210 del 24 agosto scorso, vengono fornite le linee guida per l’applicazione dell’articolo 26 del cosiddetto decreto Rilancio.
Per quanto attiene ai benefici in capo ai soggetti che immettono capitale, il comma 3 dell'articolo 2 pare porre delle limitazioni soggettive più ampie rispetto alla portata applicativa dell’articolo 26 del decreto Rilancio, in quanto esclude la possibilità di fruire del credito d’imposta non solo in capo ad investitori quali imprese che esercitano attività assicurativa o imprese in difficoltà, ma anche in capo ai soggetti di cui all’articolo 162-bis del Tuir, senza operare una risolutiva distinzione tra società già facenti parte di un determinato gruppo e holding di partecipazioni o industriali prive, prima del potenziale investimento, di legami partecipativi con il gruppo stesso.

Relativamente alla previsione della limitazione soggettiva riferita alle imprese in difficoltà, ai sensi dell’articolo 2 del Regolamento UE 651/2014, rientrano in tale categoria:

O le società di capitali che abbiano perso più della metà del capitale sociale sottoscritto causa perdite cumulate;

O le società di persone che abbiano perso più della metà dei fondi propri causa perdite cumulate;

O le imprese sottoposte ad una procedura concorsuale;

O le imprese che abbiano ricevuto un aiuto per il salvataggio e non abbiano ancora provveduto al rimborso;

Ole imprese che negli ultimi due anni abbiano avuto il rapporto debito/patrimonio netto dell’impresa superiore a 7,5 e il rapporto Ebitda/interessi passivi inferiore a 1.

Il divieto riferito alle imprese in difficoltà, invece, non si applica alle microimprese o piccole imprese, dove per microimpresa si intende un’impresa che occupa meno di 10 persone e che realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio non superiore ai due milioni, mentre si definisce piccola impresa un’impresa che occupa meno di 50 persone e che realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio non superiore ai dieci milioni.

Per quanto concerne i conferitari, i soggetti che possono beneficiare del credito di imposta sono le società di capitali, società cooperative e società europee di cui al regolamento 2157/2001 con sede legale in Italia, che abbiano conseguito, nel periodo di imposta 2019, un ammontare di ricavi di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a) e b) del Tuir superiore a 5 milioni e fino a 50 milioni di euro e che abbiano registrato nei mesi di marzo e aprile una contrazione dei ricavi prima individuati non inferiore al 33% rispetto agli stessi mesi dell’esercizio precedente. Nel caso di società appartenenti ad un gruppo, occorre fare riferimento ai ricavi su base consolidata. Per i gruppi di imprese, infine, la riduzione dei ricavi nei mesi di marzo e aprile andrà considerata a livello consolidato.

Il riferimento al periodo di imposta 2019, potrebbe far slittare di un anno l’agevolazione per le società con esercizio “a cavallo” (per una società con esercizio sociale 1o novembre 2019 – 31 ottobre 2020, infatti, il periodo di imposta 2019 è attualmente in corso). In base al comma 6, invece, l’agevolazione spetta in relazione ai conferimenti in denaro iscritti alle voci del capitale sociale e della riserva sovrapprezzo azioni. Se è pacifico ritenere esclusi dall’agevolazione i versamenti effettuati «in conto future operazioni sul capitale» (intendendosi con tale qualifica quei versamenti eseguiti dai soci e collegati causalmente a una prossima operazione sul capitale) in quanto sia i soci che la società hanno vincolato la compiuta acquisizione patrimoniale della società alla futura deliberazione riguardante la più o meno specifica operazione sul capitale nominale, emergono alcune perplessità in considerazione dell’esclusione dall’agevolazione in commento dei versamenti effettuati a fondo perduto, vale a dire i contributi spontanei che i soci forniscono alla società, anche in modo non proporzionale alla propria partecipazione al capitale.

Appare, invece, del tutto coerente con lo spirto dell’agevolazione, l’esclusione dall’agevolazione delle obbligazioni con diritto di opzione su azioni (obbligazioni con warrant), che attribuiscono all’obbligazionista il diritto di sottoscrivere o acquistare azioni della società emittente o anche di altre società. In tal caso, infatti, resta ferma la posizione di creditore per le obbligazioni possedute.

Si segnala, infine, che in capo agli investitori non si applica il limite di 800 mila euro previsto dalla disciplina sugli aiuti di Stato.


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